capitolo 16<3

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incrociai il suo sguardo.
mi tornarono in mente quelle sue mani viscide sul mio fondoschiena.
quelle parole che disse a javon.
trovatene un'altra, questa è mia.
hardin mi stava usando.
mi stava usando per divertirsi.
quanto mi faceva schifo quel coso, il quale non si poteva identificare nemmeno umano.
ero scossa.
hardin era il figlio del nuovo compagno di mia madre.
quindi inteoria eravamo fratellastri?
no.
non potevo accettarlo.
sicuramente si lesse dalla mia faccia che ero rimasta scombussolata.
infatti mia madre mi chiese se fosse tutto ok.
t/n: si, certo. tranquilla.
mamma t/n: vabene.
t/n: io dovrei andare un attimo al bagno, dov'è?
chiesi cortesemente all'uomo il quale si trovava alla mia sinistra.
martin: oh hardin, accompagnala.
MA ANDIAMO.
il mondo era contro di me.
non poteva accompagnarmi lia?
cazzo.
mi alzai dalla sedia e iniziai ad andare di sopra con hardin.
eravamo in corridoio.
t/n: okay lo vedo è lì in fondo, grazie ora puoi scendere.
non rispose.
forse era anche meglio, in ogni modo mi incamminai verso la porta del bagno.
hardin: t/n puoi aspettare un attimo?
no che non aspettavo. che cosa voleva?
se ne poteva andare a fanculo.
t/n: no mi scappa.
stavo per chiudere la porta fin quando hardin non mise il suo piede in mezzo per bloccarla.
hardin: vogliamo parlare un secondo?
t/n: no non voglio, se non ti dispiace devo fare le mie cose.
hardin: non ero in me t/n, lo sai meglio di me. ti prego perdonami.
era fatto. si.
ma non era una giustificazione per usarmi per i suoi scopi.
t/n: accetto le tue scuse. ora devo pisciare.
hardin: quindi mi hai perdonato?
t/n: certo che no hardin, col cazzo.
hardin: tanto prima o poi lo farai. ora che sono tuo fratello.
t/n: fratellastro. hardin, fratellastro.
non ci potevo nemmeno pensare.
spinsi hardin e chiusi la porta.
sembrava tutto fatto apposta.
feci un sospiro e misi i miei polsi sotto l'acqua fredda. mi aiutava tanto farlo.
lia era una ragazza simpatica rispetto a quel verme di suo fratello.

uscii dal bagno e scesi al piano di sotto.
erano tutti seduti al tavolo.
mi misi vicino al posto di lia, ma ero difronte a quello di hardin.
in ogni modo iniziammo a mangiare.
t/n: visto che mia madre non mi ha detto nulla fino a ieri, da quando tempo uscite?
martin: beh, da qualche mesetto.
qualche mesetto e io lo avevo saputo solo ora.
t/n: tu lo sapevi?
dissi rivolgendomi a lia.
lia guardò prima martin, poi mia madre e infine hardin.
mi fece un cenno di capo.
ah.
quindi ero l'unica che non lo sapeva.
perfetto.
guardai mia madre dopo quella affermazione.
come aveva potuto dirmelo solo ora?
mi sentii messa da parte.
non parlai per il resto del pranzo.
anche se incrociai spesso lo sguardo di hardin.

all'improvviso mi arrivò una notifica dal cellulare.
senza farmi vedere, andai a controllare chi poteva mai essere a quest'ora.
«non riesco a non pensare che ti rivedrò stasera.»
mamma t/n: cara t/n vuoi renderci partecipi del motivo quale tu stia sorridendo?
sorridendo?
io?
CERTO CHE NO.
t/n: mi hanno inviato un meme, tutto qui.
mamma t/n: posa il cellulare. sai che non si usa quando si è a tavola.
in realtà non me lo aveva mai detto. ma penso che volesse solo fare bella figura.
sbuffai e mi misi il cellulare nella tasca dei jeans.

si erano fatte le 4 e noi avevamo appena finito di mangiare il dolce, il quale avevamo comprato io e mia madre prima di andare.
lia: t/n ti prego non andartene già, voglio conoscerti meglio, abbiamo tanto in comune.
quanto mi fece piacere sentire quelle parole.
sono stata sempre io, sola, con mia madre. da quando se ne era andato mio padre.
magari lia poteva essere la sorella che non aveva mai avuto.
t/n: si anche io non voglio andarmene già.
lia: perfettooo, vieni andiamo in camera mia.
mamma t/n: t/n allora vengo a prenderti più tardi?
martin: amore, potete rimanere a dormire qui se per te vabene.
amore.
non so perché ma mi fece strano sentire quel nomignolo rivolto a mia madre dopo tanto tempo.
mamma t/n: oh, allora vabene.
perché non dissi nulla? letteralmente fu il primo giorno che vidi quell'uomo e già rimasi a dormire a casa sua.
però..se mia madre si fidava, allora era ok.
lia: aaa che bello possiamo farci le maschere, vedere film e fare inciuci sulle nostre vite così per conoscerci ancora meglio, ho sempre desiderato avere una sorella.
che carina lia, vedevo la sua gioia negli occhi.
anche se io sarei dovuta uscire con javon.
t/n: mi fa tanto piacere, solo che io dovrei uscire con un ragazzo stasera, però posso riman-
lia: NOOOO COSA RIMANDI, NO ASSOLUTAMENTE TU CI VAI, NON FA NULLA RIMANDIAMO IL NOSTRO PIGIAMA PARTY, TI FARÒ UNA DEA PER STASERA. ANCHE SE LO SEI GIÀ.
feci un sorriso enorme. già amavo quella ragazza.
non so perché, ma mi fece felice con quelle parole.
t/n: non so come ringraziarti. davvero.
lia: mi ringrazierai dopo esserti preparata muah.

*******
eravamo in camera di lia.
era totalmente la camera dei sogni.
quanto avrei voluto la sua cabina armadio.
era più grande della camera stessa.
lia: HO SEMPRE VOLUTO FARLO.
iniziò a far volare tutti i vestiti che aveva, erano uno più bello dell'altro, durante quella scena mi si spezzò il cuoricino, letteralmente quei vestiti costavano più di me sicuramente.
lia: QUESTO TI STARÀ DA DIO.
era un vestito con i toni sul blu scuro, scollato.

lo provai e andai di fronte allo specchio, ero indecisa se cambiarlo o no

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lo provai e andai di fronte allo specchio,
ero indecisa se cambiarlo o no.
lia: sei stupenda t/n.
t/n: dici? non lo so..
lia: SI. vorrei il tuo fisico, sei magnifica.
non lo aveva detto davvero.
il fisico di lia era perfetto, aveva la vita leggermente più stretta delle gambe, e aveva delle forme bellissime.
t/n: guarda possiamo fare pure a cambio.
scoppiammo tutte e due a ridere, poi lia cercò di truccarmi ma non riuscivo a non ridere per le sue facce concentrate.
tutta la postazione trucco era piena di salviette imbevute, ma dopo secoli finalmente riuscì a truccarmi.
t/n: no ma io ora dovrei pagarti per questa opera d'arte, sei bravissima lia, davvero.
lia: hahah, grazie, è una mia passione da quando ero piccolina.
lia: ora manca il pezzo forte, le scarpe.
t/n: no vabbè tranquilla, posso andare con le af, non fa nulla.
lia: REALLY BABE? REALLY? oh nonono non puoi rovinare la mia opera con quelle scarpe, guarda qui.
prese una scatola. già stavo per urlare. avevo capito di cosa si trattasse. erano i tacchi della saint laurent. erano letteralmente il mio sogno.
t/n: TU SEI IMPAZZITA. NON PUOI.
lia: shhh, mettile e sta zitta.
stavo per morire, me le indossai e vidi che io e lia avevamo lo stesso numero di piede.
lia: oddio ti si brillano gli occhi, posso regalarteli se vuoi.
t/n: LIA COSA DICI. NO TU SEI PAZZA.
lia: forse, ma tanto io non li indosso mai.
corsi ad abbracciare lia, non sapevo come ringraziarla.
lia:okey okey ma che ore sono?
presi il cellulare e vidi che erano le 19.06.
t/n: oddio devo andare, puoi accompagnarmi?
lia: e sei fai venire il ragazzo qui?
t/n: mhh buona idea, ora gli scrivo.
gli mandai la posizione dicendo di venire qui alle 8.
t/n: perfetto, fatto.
lia: beh nel frattempo che aspettiamo mi metti lo smalto?
t/n: hahah vabenee

***
lia mi aveva obbligata a farle addirittura la pedicure.
quando finalmente stavo passando l'ultima passata lia mi disse:
lia: oi dai questa la faccio io, sono e 57 dovresti iniziare a scendere.
t/n: si forse hai ragione, allora vado.
lia: dopo raccontami tutto babee.
t/n: sicuro.
andai fuori al porticato e scrissi a javon.
«heyy dove sei?»
«sono bloccato nel traffico, tra qualche minuto arrivo»
gli stavo rispondendo, fin quando la porta non si aprì di botto, sobbalzai. mi girai ed hardin, il quale mi squadrò dalla testa ai piedi.
hardin: ma come ti sei vestita?
t/n: eh?
hardin: dove dovresti andare vestita in questo modo?
t/n: scusa ma gli affari tuoi?
hardin: vatti a cambiare.
t/n: non credo proprio.
hardin: t/n, vatti a cambiare.
t/n: ma chi sei per dirmi come devo vestirmi?
hardin: t/n sei proprio una puttana.
un vuoto.
nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.
ma detta da hardin, cercai di non darci peso.
anche se la parola stessa, puttana. mi aveva ferita.
non risposi, girai solo lo sguardo.
mi si bloccò il cuore per un attimo.
davanti a noi c'era la sua figura.
lui.
lui aveva assistito a tutta la scena.

nato tutto da un gioco di sguardi. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora