16. Se vuoi rimanere

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Riccardo beve il caffè e, quando si rende conto che Alessandro non scucirà nemmeno una parola di troppo, gli chiede un bicchiere di Gin o qualunque altra cosa abbia in casa: Alessandro lo guarda con aria stralunata ma, quando gli porta una bottiglia di rhum e una coca cola, come a chiedergli di scegliere, Riccardo ride.

«Lo conosco?».

Alessandro gli dice di sì.


16. Se vuoi rimanere


Riccardo ha la presunzione di avere troppi sentimenti per non mostrarne nessuno – che vuol dire per davvero averne troppi o, in somma totale, non averne affatto: ma, quando Alessandro si tira via a fatica quell'ammissione di colpevolezza, Riccardo non ce la fa proprio. A fingersi insensibile, a riderci sopra.

Glielo dice, candidamente.

Che così facendo l'ha ferito in una maniera che non pensava fosse pensabile e che, alla vigilia di quella giornata innaffiata da rhum e cola, è perfino percepibile: e non perché si fosse parlato di esclusività, ma perché sa che Alessandro è uno da ripicche. Così alza il bicchiere e brinda silenziosamente, poi beve un sorso di quel cocktail miscelato male.

C'è troppa poca coca – che vorrebbe dire che è pronto a essere uno dei ragazzi dello zoo di Milano o non esser più niente – e Alessandro stringe le labbra, sembra sul punto di mettersi a piangere. Ma, questa volta, quando Riccardo allunga la mano per toccargli il braccio (e la lascia ricadere dopo pochi millimetri, sconfitto) non c'è perdono.

Non che sia imperdonabile, ma lui è diviso tra la volontà di saper tutto e il bisogno patologico di non saperne più niente: e Alessandro, che vorrebbe urlargli tutta quell'angoscia che gli si è sedimentata in petto, lo guarda e tace. Dicesse qualunque cosa, anche la cazzata più plateale, Riccardo sarebbe disposto a credergli.

Gli andrebbe bene – anche sapere che Alessandro è disposto a dire una bugia, per tenerlo con sé: gli basterebbe a capire che, da qualche parte sul fondo di quel loro amore egoista, gli importa ancora.

«Ricky, ascoltami» sussurra, passandosi una mano sul viso, come a cancellarne i lineamenti. «Non ha significato niente. Che so che è una stronzata, però, davvero io...».

«L'hai detto tu, no?» domanda Riccardo, quieto. «Che il sesso senza amore è migliore, da un certo punto di vista».

Alessandro sospira – non gli dice che era quella, la vera bugia: fargli credere che non stia smaniando per riaverlo indietro, quel suo amore che sa di meritare, e allora china il capo e glielo dice così.

«Mi sbagliavo».

«Per esperienza?» domanda Riccardo, acido. «Capisco».

Tira giù una sorsata di rhum e cola, platealmente, con il liquido color pozzanghera che un po' gli straborda dalla bocca e gli cola lungo il collo – bevimi: Alessandro lo guarda, ma non ha il coraggio di toccarlo. Se lo facesse, se semplicemente allungasse la mano e lo sfiorasse, lo manderebbe in frantumi e questo, questa consapevolezza inutilmente dolorosa, lo sa anche lui.

Ma ne ha bisogno – toccarlo, sentire che esiste ancora, dietro quella maschera di intolleranza che gli sfregia il volto al pari dell'ennesima cicatrice.

«Non pensavo ti sarebbe importato» risponde Alessandro, col medesimo tono. «Pensavo mi considerassi una storia vecchia, una curiosità soddisfatta».

Riccardo incassa il colpo, in silenzio. Ma, quando finalmente riesce a parlare e le parole gli feriscono la gola al pari di cocci di vetro, Alessandro tentenna: perché Riccardo ha negli occhi una determinazione che ammazza, che taglia la faccia come l'ennesimo alito di vento tagliente – un attacco Pokémon: vorrebbe ridere, Alessandro, ma non ci riesce.

Nudo con i brividi || BlamoodWo Geschichten leben. Entdecke jetzt