9. Una passeggiata dentro una clessidra

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[TW per scene di sesso.

Grazie per essere qui, davvero, ma se sei mia sorella pussa via e non leggere]


Ti va se andiamo al mare?

Sì, anche io.


9. Una passeggiata dentro una clessidra


Alessandro smette di chiedere – d'altronde può farlo, dal momento che i sentimenti hanno smesso di contare (se mai lo hanno fatto): è una ricerca fatta a brandelli. Di pelle, di sensazioni che spariscono nell'intervallo dolorosissimo tra due respiri e, infine, anche di tutto quel che rimane dei loro mille sottintesi. E Alessandro non chiede perché non ce la fa più, a domandarsi se, quando ha la consapevolezza sconcertante e annichilente che la risposta sarebbe l'ennesima negazione che Riccardo saprebbe fargli sperimentare. La sua presenza stessa lo è, una negazione, anche quando è così vicino a lui che la pelle si rivela solamente l'ultimo brandello di barriera.

Riccardo se ne accorge: è la prima volta in cui lo bacia senza inquietudine, senza pentimento – e non gli domanda, è un errore che sta attentissimo a non far mai (perché sa la risposta e forse un po' la teme), se è pronto. Se il sesso senza amore non sia per lui una bestemmia peggiore della normalità che Alessandro non gli ha saputo insegnare e, di conseguenza, bestemmiare le proprie credenze non sia solamente l'ennesimo regalo che silenziosamente ha imparato a fargli. Vorrebbe saperlo – ma Alessandro non riesce a chiedere.

E non ci riesce perché, se solamente Riccardo scegliesse di parlare, lo fotterebbe in una maniera metaforica ma terribilmente invasiva e dolorosa – se dicesse una parola, se scegliesse di dirgli qualsiasi cosa, tutto quello che tiene insieme Alessandro si scioglierebbe in un fiume di lacrime. E dovrebbe dirglielo: andiamo al mare?

Perché non glielo ha detto mai, che lui il mare lo detesta almeno quanto Riccardo desidera appartenervi – sciogliersi come una lacrima in una marina e, nel mezzo di quei sogni privi di bordatura, lì Alessandro ci sta annegando (silenziosamente).

Alessandro smette di chiedere ma Riccardo, che è tutto uno sguardo incerto che si crepa di secondo in secondo, non riesce a colmare quel vuoto che li separa – e allora non risponde mai: che fine hanno fatto tutti quei piccoli passi che avevano compiuto insieme, giocando ad acchiapparella, al lupo mangiafrutta e, davvero, tu che frutta vorresti?

Ricci di mare che infilzano il cuore come una lama inutile, smangiucchiata dalla ruggine: Alessandro sobbalza continuamente, ogni volta che Riccardo ha la presunzione di toccarlo senza sapere che, sotto lo sfioramento inutilmente consolatorio tra pelle e pelle, gli sta prendendo a pugni il cuore. E che lo facesse davvero – cazzo, sì – di prenderlo a pugni fino a fargli mangiare la sabbia e tutto quel tempo perso che hanno modellato in un castello nella clessidra dei loro giorni insieme.

Si domanda se gl'importerà qualcosa, a Riccardo, quando il giorno dopo si sveglierà con la sensazione (ingiusta e sbagliata) d'essersi venduto per amicizia – amore mai – fino a diventare una stupida marionetta coi fili tagliati e gli occhi di vetro: vedo, non-vedo, vedo. E lui non saprà dirglielo che, per quanto sia bravo a massacrare i propri sentimenti per piegarsi al sesso occasionale, con lui non può farlo: che c'è stato un momento, un attimo soltanto, quando l'ha guardato negli occhi e ha pensato.

(«Non sei uno che ride molto, non è vero?»

«Io no, ma immagino che tu sia uno che ride troppo»).

Che quel ragazzo, quella sottolineatura a matita sui testi delle sue canzoni preferite, aveva qualcosa di dolorosamente bello – e fa ancora male, anche quando finalmente lo può toccare senza chiedere o avere paura e, allora, Alessandro non lo fa (chiedere): prende, lo bacia, gustandosi quel momento con una data di scadenza troppo ravvicinata.

Nudo con i brividi || BlamoodWhere stories live. Discover now