Capitolo 5

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Milano era fredda.
Mattia, abituato fin dalla più tenera età alla calura della Puglia, lo aveva sempre sostenuto.
Era fredda la città e lo erano anche le persone.

Aveva passato gran parte della sua vita in una città mediamente grande, dove la più nota filosofia era "Tutto il mondo è paese" e dove chiunque si parlava con l'altro come se fosse un amico d'infanzia.
Lo aveva sempre fatto sentire protetto e al sicuro.

Poi erano susseguite tante cose: il suo coming out, sua madre che piangeva, suo fratello Saverio che non sapeva cosa dire, Daniele che era troppo piccolo, suo padre che urlava e lo picchiava.
A volte si chiedeva come fosse possibile non avere alcuna cicatrice di quella notte infernale, in cui suo padre lo aveva frustato con la cintura.
Lo aveva chiuso in casa a chiave per tutta la settimana, affinché nessuno potesse vedere il suo volto tumefatto e livido dagli schiaffi tirati da una mano piena e pesante, che fino a poco tempo prima lo aveva accarezzato con affetto.

Non appena la chiave era stata rimossa, Mattia aveva preparato le valigie ed era pronto a scappare.
Di tutte quelle persone che fino a poco tempo prima lo avevano trattato come il loro nipotino, di coloro che credeva fossero suoi amici non c'era stato nessuno disposto ad aiutarlo.

E lui, in silenzio, solo e a testa bassa aveva preso il primo treno disponibile ed a basso prezzo.
Non gli interessava neanche quale fosse la destinazione, perché l'unica caratteristica che doveva avere quel posto era lontano.

La sua famiglia né nessun altro lo aveva mai cercato.

Quando era approdato a Milano, si era reso conto dell'indifferenza e della freddezza delle persone intorno a lui, che era diventato, tutt'ad un tratto, un signor nessuno, nient'altro che un puntino invisibile, un granello di sabbia, un filo d'erba e qualsiasi altro paragone sembri azzeccato.
Queste persone- queste nuove persone intorno a lui non mascheravano con finta gentilezza ed affetto il loro menefreghismo nei confronti del prossimo.

Questo lo aveva spinto a rimboccarsi le maniche e cercare di rimettere in piedi la sua vita.
Inizialmente, aveva trovato lavoro come cameriere, poi come barista, aveva dato il via ad un giro di ripetizioni di cui non poteva lamentarsi, poi il dogsitter, il babysitter e così via, finché non aveva trovato una certa stabilità in un call centre.

Nel frattempo, si era spostato da una stanza per studenti o giovani lavoratori all'altra, che erano dei veri e propri buchi di culo, in cui fin troppo spesso, non aveva neanche diritto ad avere una finestra, saltando da un punto all'altro della città come una cavalletta, fino ad approdare nell'appartamento che condivideva con Luigi.

Ecco, la sua convivenza con lui aveva segnato il punto di svolta nella sua vita.
Luigi, il fotografo con la passione per la chitarra e l'aspetto ribelle, si era mostrato il fratello maggiore che Saverio non era mai riuscito ad essere.
Lo aveva aiutato a cambiare residenza, distaccandosi definitivamente dai suoi genitori, ad iscriversi all'università e a cercarsi un lavoro che gli facesse venire voglia di piangere dalla frustrazione e dal nervoso durante gran parte della giornata.
E così, aveva sfruttato i suoi studi come ballerino di latino americano, iniziando a lavorare in una scuola di danza, dove allenava i bambini la mattina, e la sera faceva da istruttore di zumba a signore di mezza età nella palestra adiacente.

Tuttavia, il suo era un contratto a tempo determinato, con una scadenza di tre mesi e quei soldi gli facevano comodo per racimolare qualche risparmio, ma aveva urgenza di trovare una strada alternativa.

Il fatto che al Lollypop cercassero ballerini e performer per Mattia fu un dono del cielo, il fatto che lo stipendio fosse più elevato di tutti i suoi lavori, malgrado occupasse principalmente i così detti tempi morti dello studio, lo ritenne tranquillamente un miracolo.
Aveva preso lezioni di pole dance e di burlesque in tutta fretta, due corsi intensivi di cui necessitava come l'acqua nel deserto, in cui aveva fatto ottimi progressi in poco tempo, dal momento che aveva delle ottime basi.

E poi- e poi lo avevano preso.
Luigi lo aveva accompagnato ai casting e lo avevano preso.

E, nonostante le malelingue in merito a quel lavoro, le mance erano da capogiro e, sommate allo stipendio che percepiva, gli permettevano una vita molto più che dignitosa.
Senza contare che aveva anche i contributi pagati, e, fino a qualche mese prima, non ambiva a ciò neanche nei suoi sogni più selvaggi.

Inoltre, non poteva neanche lamentarsi della sua carriera universitaria, nel momento in cui si era ritrovato perfettamente regolare con gli esami e con una dignitosissima media del ventotto, che gli garantiva anche, sommata al reddito basso, una borsa di studio che gli faceva assolutamente comodo.
Ed era proprio dall'università che stava uscendo con passo baldanzoso, poco dopo aver dato l'esame di grammatica greca, più che convinto di aver fatto un ottimo lavoro.

Di sicuro, si aspettava di trovare per strada chiunque, fuorché Christian.

Christian, che indossava uno spezzato elegante che a Mattia per poco non faceva cascare la mascella aperta, visto il ben di Dio che aveva davanti ai suoi occhi.
Christian, che lo aveva visto, gli aveva rivolto un sorriso appena accennato e aveva preso a camminare nella sua direzione.

Mattia, dal canto suo, finse la più totale indifferenza.
Si limitò ad inarcare le sopracciglia ed incrociare le braccia, in attesa che il moro lo raggiungesse.
"Hey, ciao" aveva esordito quest'ultimo, "Mattia, giusto?"

E Mattia, ben convinto che l'altro il suo nome lo sapesse, trattenne al meglio la smorfia che rischiava di fare, inforcò gli occhiali da sole e finse un sorrise, affabile, "Sì, sono io" replicò, per poi continuare a parlare con voce melliflua, "Perdonami però non mi ricordo proprio come ti chiami" mentì spudoratamente.
Eppure, il maggiore non si scompose, sorridendo a sua volta, "Mi chiamo Christian, gioiellino, ricordi?"
A quel punto, finse di illuminarsi, "Ah, Christian!" esclamò, annuendo con fare concitato, "Giusto, giusto!"

"E senti, Mattia, tu ora hai da fare?"
E Mattia, che aveva già un'idea di dove sarebbe andato a parare, prese a sbattere le ciglia con fare innocente, "No, come mai?" domandò, protendendosi leggermente nella sua direzione.
"Perché casa mia è proprio qui vicino" aveva spiegato con un mezzo sorriso Christian, passando una mano tra i ricci biondi del minore.
"Ah sì?"
"Sì. Potremmo andare lì."
"Potremmo."

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HEILÀ

Scusate il ritardo, ma è un periodo abbastanza incasinato.

Che ne pensate?
Biscottini a tuttə,
Gaia

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUWhere stories live. Discover now