Capitolo 3

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Era Naughty boy sul palco, acclamato dal pubblico e danzando con sfacciataggine.

Ma poi da quel palco ci scendeva, toglieva i vari costumi di scena e restava semplicemente Mattia.

Mattia Zenzola.

Quanto - quanto - avrebbe voluto scorticarsi di dosso quel cognome, a costo di strapparsi la pelle di dosso.
Ma sarebbe rimasto sempre, insito nella sua identità.

Portava il cognome di un uomo con cui non si parlava più da anni.

Ma Mattia, in quel momento, ci badava ben poco a ciò. Aveva riposto quei pensieri in un cassetto che apriva raramente.
E quello non era il momento adatto per aprirlo, quel cassetto.

Piuttosto, si era cambiato, mettendo dei banali slip blu, per poi infilare dei pantaloncini da basket ed occuparsi di struccarsi davanti allo specchio.

Quando sentì la porta aprirsi, non riuscì a celare un sorriso che sapeva fin troppo di soddisfazione, quando vide l'uomo addetto, una delle persone che conosceva meglio tra lo staff del locale, alla sicurezza fare la sua comparsa, con alle spalle il moro decisamente carino con cui aveva concluso lo spettacolo.

"Posso farlo entrare, signore? Mi ha assicurato che vi dovevate in camerino qualche minuto dopo la fine dello spettacolo, ma preferisco assicurarmi del fatto che fosse vero."
"Grazie, Carlo, lascialo pure entrare" aveva replicato, con tono distaccato.
Intanto, non aveva distolto lo sguardo dal suo riflesso allo specchio. Aveva sentito il rumore dei passi che si allontanavano di Carlo.

Una volta soli, il moro era entrato nel suo camerino con spavalderia, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni eleganti, mentre si guardava intorno con aria critica.
"Se sei l'astro nascente di questo posto, dovresti avere uno dei camerini più grandi del locale. Ma questo posto è più piccolo della doccia a casa mia" aveva commentato secco, mentre con la punta della scarpa scostava un calzino usato.

Con lentezza esasperante, Mattia, si era voltato nella sua direzione e si era messo in piedi, afferrando il moro di cui ignorava il nome per la cravatta, tirandola un poco, prima di esibire un sorriso sardonico, "Vuoi lamentartene con il mio capo? Se vuoi, ti indico la strada per il suo ufficio."

"Sono qui solo perché mi hai detto di esserci per conoscere il tuo nome, gioiellino, della grandezza del tuo camerino non me ne frega niente" fu la replica del più alto che, oltre ad essersi avvicinato, aveva anche attirato Mattia a sé, afferrandolo per i fianchi.

"Tu non sai il mio nome, io non so il tuo" aveva cantilenato quest'ultimo, "Non ti piacciono i segreti?" domandò poi retorico, allacciando le braccia al suo collo.

"Mi piacciono le cose trasparenti, mi dispiace" rispose il moro, depositando baci bagnati sul collo, mentre le mani scivolavano sui glutei, stringendoli con vigore.

Mattia gemette, mentre sfregava la sua erezione con quella dell'altro, per fare frizione.
Le mani, poi, erano state svelte a slacciargliela definitivamente, quella cravatta, e andò a sbottonare con frettolosità la camicia.

"Dimmi il tuo nome" gli aveva sussurrato il moro, mentre gli sfilava i pantaloncini e gli slip in un gesto secco, mentre si abbassava per potergli baciare il petto glabro.
"È davvero così importante?"
"Lo è per me."
"E allora qual è il tuo, di nome?"
Silenzio.

Il più alto, mentre gli aveva fatto prendere tre dita in bocca affinché le lubrificasse, aveva afferrato il suo membro, iniziando, con movimenti secchi e veloci, a stimolarlo.
Su e giù.
Su e giù.
Su e giù.
Su e giù.

"Voltati, mani contro il muro" gli aveva detto quello, imperioso, dopo che aveva allontanato le dita dalla sua bocca.
Un filo di saliva collegava le dita con quella ed il moro si era apprestato a spezzarlo con la lingua, per poi avventarsi contro la sua bocca.

Gioco di potere.
Così Mattia avrebbe definito quel bacio.
Era una guerra psicologica, basata sulla dominanza e combattuta con lingue, morsi e labbra.

Però, poi il più alto lo fece voltare, come gli aveva ordinato poco prima ed il biondo aveva obbedito a ciò che gli aveva detto poco prima, mettendo le mani al muro.

Subito dopo, Mattia, colto di sorpresa, si ritrovò ad ansimare, perché l'altro aveva iniziato a prepararlo con le dita, ma anche con la lingua.

Lo stava leccando.
E sentiva le dita contro la sua prostata.

"Ti prego" aveva sussurrato, con le gambe che avevano iniziato a farsi molli.
"Ti prego" aveva ripetuto dopo qualche secondo. Poi, non era più riuscito a smettere con questa litania di suppliche e occhi socchiusi di piacere.

Il moro lo aveva fatto voltare nuovamente, manovrandolo come una bambola di pezza, "Mi chiamo Christian" aveva sussurrato contro la sua pelle, "E ora, gioiellino, dimmi dove tieni i preservativi."

Christian.
Mattia ripeteva quel nome nella sua mente, mentre indicava il cassetto del mobile sopra il quale era situato lo specchio, affinché prendesse un preservativo.

Christian lo prese e se lo infilò velocemente.
Poi, entrò dentro di lui con un colpo secco, mentre faceva allacciare al biondo le sue gambe intorno al suo busto.

Era nudo, lui.
Nudo e totalmente privo di inibizioni e protezioni.
Vulnerabile.
Il moro, invece, aveva solo la camicia slacciata ed i pantaloni calati quel tanto che bastava per poter tirare il cazzo fuori.
Le stoccate erano veloci e profonde.
E lo scontrarsi della pelle, e i respiri che si fondevano con l'altro, ed i gemiti.

Era squallido. E sporco. E privo di una qualsiasi forma d'amore.
Ma non se ne curavano, perché di quello sporco, della passione come unico motore del loro rapporto si nutrivano.

Entrambi vennero vergognosamente presto, assuefatti da quel piacere che aveva tolto il respiro ai due giovani.

"Ora come ti chiami me lo vuoi dire?" gli aveva domandato Christian, mentre tentava di ricomporsi.
Mattia, intanto, si era seduto e, ancora nudo, aveva osservato con occhio attento ogni suo movimento.

"Mi chiamo Mattia" gli aveva detto.

Mattia, aveva ripetuto Christian nella sua mente, mentre si riallacciava la cravatta.
Quel nome sarebbe rimasto impresso nella sua mente per molto tempo ancora.

"Mattia" aveva ripetuto, facendo schioccare la lingua sul palato, per poi commentare, "Bel nome."
Il biondo non aveva risposto, ed il più alto aveva continuato a parlare, mentre si apprestava ad uscire dal camerino, "Allora ci si vede, Mattia."
E con quelle parole lo aveva salutato, senza guardarsi indietro.

🥨🥨🥨🥨🥨🥨

Raga comunque l'altra sera ero una figa e chi non la pensa così non capisce niente

(Non mi so truccare e per andare all'uni onestamente non ne ho manco voglia, però poi sono rimasta vestita così)

Praticamente ho scritto questo capitolo con Ophelia (la mia cagnolina) in grembo e mi si è addormentata la gamba ma si è addormentata anche lei e non voglio muovermi per non svegliarla

ALLORA, parentesi a parte, che ve ne pare del capitolo? Come vi sembra la storia?

Io non sono propriamente soddisfatta di questo capitolo, ma non ho avuto neanche tantissimo tempo per scriverlo, onestamente

Biscottini ed alcol a tutt*,
Gaia

Lollypop || Zenzonelli/Matian AUWhere stories live. Discover now