«Pare che i miei impegni ti abbiano salvato», spense la sveglia per poi alzare lo sguardo su White. Sogghignò per poi andarsene senza proferire parola. Cosa lo aveva fatto sorridere così?

Il biondino si trovò a fissare la porta da dov’era uscito quando si sentì sfiorare la mano destra da delle fredde dita. Sussultò per poi voltarsi di scatto. Finalmente, dopo tanto tempo, le iridi color miele s’incrociarono con quelle azzurre ricoperte da una patina lucida che rendeva il colore ancora più vivace ed intenso. «Vick».

Un ghigno canzonatorio si dipinse su quel volto spigoloso e pallido. «Pensa alla faccia che avrebbe fatto se gli avessi confessato di essere il mio stalker», lo punzecchiò con voce roca per poi seguire una risatina che morì all'istante. White non era in vena di scherzare. A fatica si sollevò poggiando la schiena sulla testiera del letto, i muscoli erano intorpiditi e la forza sembrava averlo abbandonato perfino per quel semplice gesto che dava per scontato.

«Quando la vuoi la ramanzina?»

«Se ti dicessi qualche ora fa quando ancora ero incosciente?» chiese ironico cercando di evitare il discorso verso cui, inesorabilmente, la discussione si stava dirigendo.

«Sii serio, testa di cazzo!» urlò per poi sedersi, poggiare i gomiti sul letto e coprirsi il volto con le mani. «Perché?» abbassò il tono di voce, «Perché hai saltato le lezioni? Perché ti sei sovracaricato di lavoro facendoti aumentare i turni? Perché hai saltato le visite con Barlow?»

Price strinse il lenzuolo poggiando il suo sguardo sulle sue gambe distese.

«È colpa mia, vero? È per colpa della nostra lite se-»

«Voi ragazzi popolari pensate di essere il centro dell’universo», lo interruppe, «Mi viene voglia di farti lo sgambetto quando scenderai da quel piedistallo di popolarità.» lo canzonò. Ma quando il biondo si scoprì il viso mostrando degli occhi lucidi, capì che il solito sarcasmo non avrebbe funzionato. «Non è colpa tua», sospirò arreso.

«Allora, perché?»

«Quel giorno mio padre è venuto a trovarmi a lavoro per pormi una proposta indecente», ammise senza mai guardarlo. «Ho saputo che il dottor Barlow gli aveva detto del cancro ed il posto dove lavoro. Perciò ho pensato di poter fare a meno di un medico per cui ho perso la fiducia».

«Hai rischiato la vita per questa sciocchezza?!»

«Non è una sciocchezza! Ho bisogno di denaro per quando non riuscirò a lavorare! E poi, cosa ne sai tu di come mi sono sentito vedendo quell’uomo?! Mi ha chiesto di andare a vivere con lui e la sua schifosa e perfetta famiglia!» urlò iroso.

Cristopher si pietrificò sul posto. Cosa? «Ciò non ti dava il diritto di giocare con la tua vita! Hai aumentato il carico di lavoro e non hai mangiato come avresti dovuto!» si alzò dalla sedia. Era furibondo. «Per non parlare dell’infezione causata dalla mancanza di medicazione!»

«Ciò che faccio non ti riguarda, non sei mia madre», sentenziò acido.

«Si che mi riguarda!»

«Perché mai?!»

«Perché mi piaci stupido teppista con un solo neurone!» asserì facendo pietrificare entrambi. Lo aveva detto, lo aveva urlato. Se prima c'era una remota possibilità che l’azzurrino non ricordasse la sua confessione, adesso, era sicuro che non se lo sarebbe scordato. Si sedette evitando di guardarlo, le guance erano calde, era sicuro di essere arrostito come una scolaretta che pensa al suo idolo.

Il silenzio riempì la stanza accarezzando le pareti sterili e anonime. «Mi dispiace», bofonchiò Price, «Sono stato uno sciocco».

Chris poté giurare di intravedere del rossore sulle gote del teppista che mirava fuori la finestra, imbarazzato. «Non devi rispondermi, volevo solo che lo sapessi», gli sfiorò le dita della mano con le sue iniziando a giocarci distrattamente.

E il tempo scivola viaWhere stories live. Discover now