Capitolo 3 - L'atto estremo

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<<Ho bisogno di te>> affermò Mori quando ebbe Dazai di fronte. Era stanco, distrutto dalla solitudine, e anche la luminosità di quella stanza sembrava eccessiva. Gli bruciavano gli occhi, forse per la luce, forse per l'estrema mancanza di sonno. Pareva essere diventato l'ombra di sé stesso.

Dazai gli sorrise con un'arroganza tanto falsa quanto credibile, quindi rispose:<<Come al solito>>. L'atteggiamento era provocatorio, il tono sfacciato, e sembrava che nulla in lui fosse cambiato. L'uomo, tuttavia, si reggeva a malapena sulle proprie gambe.

Mori, indifferente al comportamento del suo sottoposto, prese a spiegargli sbrigativamente la situazione:<<Ho bisogno della tua abilità. Un mio obiettivo si trova ora a passeggio per Yokohama, ignaro e vulnerabile, ed è arrivato il momento di toglierlo di mezzo. Non farò uscire nessuno al tuo seguito, voglio che tu sia da solo, e dovrai fare in modo che quel cane non possa mai più abbaiare. Avrai un'ora di tempo, come sempre, ma confido che non avrai problemi a portare a termine il tuo compito, erro?>>. Lo sguardo di Mori era di sfida, quasi sadico: stava mandando Dazai a morire e non aveva il benché minimo rimorso; neppure lui sapeva se quella missione fosse realmente possibile, se il suo sottoposto sarebbe tornato intero o, in realtà, tornato del tutto. Non avrebbe mandato nessuno a coprirgli le spalle, ovviamente, perché una sola perdita sarebbe stata comunque meglio che più una. In ogni caso, poco importava.

<<Cosa succede se mi rifiuto?>> tentò il castano, con apparente noncuranza. <<Hai bisogno di me. Se morissi sarebbe un grosso svantaggio per te e per tutta la Port Mafia, non credi? Avete tutti bisogno di me.>>.

<<Se rifiutassi,>> esordì l'altro, con apparente calma. <<Le conseguenze verrebbero pagate dal tuo dolce Chuuya>>. Posò il mento sulle mani intrecciate e guardò divertito la reazione dell'uomo davanti a sé, con gli occhi di chi sapeva di avere già vinto. Quando si trattava di quei due, sapeva esattamente dove colpire. Non avevano scelta. Dazai sarebbe andato incontro alla morte, ma non avrebbe mai permesso che fosse Chuuya a pagare per le sue azioni. 

Strinse i denti e lo fissò con odio, un odio profondo e pieno di risentimento. L'odio di chi era in trappola, e ne era pienamente consapevole. 

Il capo della Mafia sorrise compiaciuto. <<Fai ciò che devi e nessuno si farà male, Dazai>> lo ammonì fermamente, deciso ad ottenere ciò che voleva. 

Il diretto interessato, a quel punto, una decisione l'aveva già presa: sarebbe uscito, esattamente come desiderava il suo superiore, e un'ora sarebbe stata ben più che sufficiente per raggiungere il proprio obiettivo. Sorrise.

Wilde, nel frattempo, li ascoltava in silenzio dall'altra parte della stanza con una stretta al cuore. Sembrava un'ombra, inquietante e tetra nonostante gli abiti deliziosamente eccentrici che indossava. Possedeva un'abilità che detestava, tuttavia non aveva potuto scegliere di non usarla contro Dazai: nessuno, nella Port Mafia, aveva possibilità di scegliere. Ciononostante gli si spezzava il cuore guardando quei lineamenti tanto eleganti e tanto fini, cosciente di doverli rinchiudere in un dipinto che non gli avrebbe mai reso giustizia: nessun artista, nessuna abilità sarebbero mai stati in grado di riprodurre la sua bellezza eterea, e sottrarla al mondo non era che una crudele punizione imposta ad anime innocenti. 

Il castano gli lanciò uno sguardo sofferente a cui lui rispose con le più sincere scuse silenziose. Se solo avesse potuto, Dazai sarebbe stato libero. 

<<Ci metterò molto meno di un'ora>> dichiarò quest'ultimo, pienamente convinto, tornando a osservare Mori. Nello sguardo del castano languiva qualcosa, un'ombra tanto cupa quanto sfuggente. Il boss fece appena in tempo a scorgerla prima che lo sguardo di Dazai tornasse indifferente, tuttavia preferì non dire nulla: voleva vedere quanto coraggio avrebbe avuto realmente il suo sottoposto. 

Lo congedò allora con un sorriso divertito, augurandogli buona fortuna, e lo osservò con attenzione finché non la sua figura non fu scomparsa al di là dell'uscio. 

Una volta che fu rimasto solo con Oscar, il suo sguardo si posò sulla sagoma dell'uomo nella penombra. Rimase il silenzio per qualche istante, poi sentenziò:<<Vai a chiamare Akutagawa, che lo segua. Non mi fido di quel bastardo>> e Wilde si congedò rapidamente per eseguire quell'ordine autoritario.

Il corridoio era buio e le scale che scendevano parevano non finire mai, tutti i piani del grattacielo identici tra loro. L'edificio della Port Mafia era sempre avvolto in un silenzio quasi spettrale, poco importava quante persone lo frequentassero: era ben difficile trovare capannelli di persone intente ad intrattenere una conversazione, ancor più pensare che quella conversazione riguardasse qualche argomento che non fosse il lavoro a loro assegnato quel giorno. Il tono di voce che teneva ciascuno era basso e riservato, creava a malapena un brusio, come se tutti avessero paura di essere ascoltati. Forse non avevano tutti i torti, comunque. 

Se c'era qualcuno che non proferiva mai parola, in ogni caso, quello era Akutagawa. Oscar Wilde non fece fatica a trovarlo: come da routine, il ragazzo in nero si trovava in disparte a sorseggiare un caffè bollente con sguardo truce, come se quel caffè fosse la causa di tutti i mali del mondo. C'era chi, nella Mafia, ammetteva di avere quasi paura a passare davanti a lui a causa della sua aura intimidatoria e, probabilmente, delle occhiate poco amichevoli. 

Oscar Wilde era stato per lungo tempo, come molti, intimidito: piuttosto che parlargli avrebbe fatto uno sgarro alla regola -rischiando l'ira di Mori- e affidato il compito a qualcun altro, ma ormai aveva capito che tra loro non ci fosse poi così tanta differenza. Quindi perché non parlargli? 

<<Ryunosuke>> lo chiamò, quasi fossero amici d'infanzia. Akutagawa lo guardò con occhi sbarrati, incapace di credere che qualcuno fosse realmente così audace da rischiare di fargli saltare i nervi usando il suo nome per attirare la sua attenzione.

<<Cosa vuoi?>> gli chiese, brusco, in un tono che più che una domanda la fece sembrare un'affermazione.

La sua reazione più immediata fu inchinarsi, chiedere scusa, e tornare dal capo dicendo di non aver trovato la persona di cui l'aveva mandato in cerca, però si trattenne e la sua voce rimase ferma quando spiegò il motivo della sua presenza. 

<<Non so cosa stia pensando Mori>> concluse. <<Ma dal suo tono sembrava urgente>>. 

Negli occhi scuri di Akutagawa saettò la consapevolezza di sapere esattamente cosa avesse inteso il direttore della Port Mafia quando aveva commentato di non fidarsi affatto di Dazai. 

<<Sai dove fosse diretto?>> domandò, capendo che il tempo fosse fondamentale in quella situazione. Purtroppo Wilde non fu d'aiuto: poté solo confidargli l'incarico che Mori gli aveva appena affidato, lasciandolo solo ad indovinare la sua destinazione.

Forse fu l'urgenza, forse fu il panico, ma -praticamente alla cieca- il ragazzo avvolto nel cappotto nero si diresse deciso verso l'esterno del Quartier Generale al fine di trovare quel maniaco suicida prima che potesse compiere l'atto estremo. A qualunque costo.



[NDA]

Come promesso, nuovo capitolo !! Va sempre peggio, ma dopo aver letto il 101 non posso che star soffrendo.

Mi fa un sacco piacere ricevere tutti i vostri commenti (indignati, principalmente) sotto i vari capitoli quindi keep it up !!

Ringrazio tutte e 300 le persone che hanno già letto questi due capitoli, siete la mia gioia <33

Untouchable - SoukokuWhere stories live. Discover now