Capitolo 2 - Una vita per una vita

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Era così silenzioso che si potevano quasi ascoltare i propri pensieri come fossero tradotti in parole, tuttavia l'uomo non apriva bocca. Sembrava avesse fatto voto di silenzio, ma la verità era che le parole gli morivano in gola prima che potesse pronunciarle. Da quando si era svegliato quella mattina non era più stato in grado -o forse non aveva voluto- di rivolgere la parola a nessuno. 

In compenso, non aveva smesso di pensare un attimo e le sue occhiaie erano lì a testimoniarlo, livide e profonde ad enfatizzare gli occhi stanchi e vuoti da cui era sparito persino il suo spirito calcolatore.

Continuava a volersi mostrare indifferente e freddo, intoccabile e imperturbabile. Ostentava una sicurezza che non aveva e si nascondeva dietro uno spesso muro di ironia e risposte taglienti.

Dentro di sé non sentiva nulla, solo un senso di mancanza che permeava ogni cosa, che lo faceva sentire così ineluttabilmente lontano dalla realtà da essere totalmente indifferente alla stessa. Non si era mai sentito così disperatamente solo. 

Eppure, in un certo senso, pensava che questo fosse solo il rovescio della medaglia: questa volta era stato lui quello ad esser stato lasciato brutalmente indietro, e se lo meritava. Le sue vittime, al contrario, non si erano meritate nulla di ciò che aveva fatto loro, ma la sensazione di folle euforia e la scarica di adrenalina che gli dava crivellare un cadavere di pallottole dopo essersi macchiato le mani con il sangue della sua morte erano diventate le uniche emozioni in grado di tenerlo vivo. Aveva smesso di sentirsi sé stesso e il suo corpo marcato di cicatrici ne era, ancora una volta, il testimone. A volte bruciavano ancora di un dolore fantasma che andava ben oltre la pelle arrossata e i tessuti lacerati, un dolore che derivava dal non sentirsi più neppure un essere umano. Aveva voluto rimanere in vita rubandola ad altri, nel disperato egoismo di un maniaco suicida. E non si era sentito nemmeno in colpa, non si era sentito in pericolo nemmeno quando i suoi omicidi impulsivi erano rientrati negli interessi della Mafia. Voleva rimanere vivo, però si sarebbe fatto ammazzare. Era solo stato fortunato che Chuuya l'avesse trovato prima di Mori.

Ora era solo e non sentiva più nulla, i segni sulle braccia nude erano rimasti gli unici resti dei suoi sentimenti. Ora sapeva quanto potesse essere terrificante il vuoto, il nulla. Neppure il suo nome pareva avere più alcun significato. Stava morendo nella buca che si era scavato da solo, affogando nell'apatia da cui lui stesso non era mai riuscito a fuggire.

Più il tempo passava, più la sensazione dei capelli di Chuuya arrotolati sulle sue dita e dei loro corpi a contatto svaniva e, con queste, tutto il tepore che solo il rosso era stato in grado di fargli provare. Più quello si affievoliva, più il nulla avanzava al suo posto.

Era da solo, ma soprattutto aveva lasciato da solo qualcun altro. Di nuovo, com'era tipico di un sadico senza empatia quale lui era sempre stato.

Non sentiva nulla e continuava a pensare, a rivivere le morti di cui era il solo colpevole e le notti con il rosso, e non sentiva nulla. Era tutto un ricordo lontano, una proiezione sfocata, come se le sue memorie appartenessero a tutti tranne che a lui. 

Avrebbe dovuto morire e non uccidere, avrebbe dovuto trovare le parole giuste da usare con Chuuya, avrebbe dovuto salvare almeno i suoi sentimenti. Come poteva pensare di ripresentarsi a quell'uomo? Come poteva, quando non era neppure certo della propria identità? Come poteva, quando i suoi sentimenti non erano che un'ombra vaga e sfuggente di ciò che avrebbero potuto essere se avesse represso i suoi istinti? Chuuya avrebbe potuto salvarlo. Si sentiva come se fosse stato lui, questa volta, ad usare Corruzione. E stava per spegnersi, perché nessuno sarebbe andato a toccarlo con il solo indice della propria mano. 


C'era solo silenzio, così immobile da sembrare un sogno. Che stesse dormendo? Una volta sveglio sarebbe tornato tutto alla normalità, non avrebbe dovuto uccidere per vivere, si sarebbe sentito nuovamente Dazai Osamu. Ma un sogno non era, e lui era sveglio e cosciente e stava morendo.


Le cicatrici sulle sue braccia gli ricordavano, vive, un tipo di emozioni che ora gli sembrava impossibile tornare a provare. Non ora, né mai. Era terrorizzato e impassibile, nel modo in cui solo le persone come lui avrebbero potuto essere. Come lui, però, non c'era nessuno. La verità è che lui non apparteneva da nessuna parte e mai avrebbe potuto. 


Il vuoto avanzava incessante, facendo scemare anche la disperazione. Era apatico, totalmente apatico, in uno spazio asettico di un mondo indifferente. Tutto sarebbe andato avanti, a prescindere da dove lui fosse o da quante morti marchiassero la sua coscienza. Perfino Chuuya sarebbe andato avanti, con o senza il portatore della sua abilità complementare. Mori, la Mafia, ogni cosa. Tutto sarebbe andato avanti. Dazai voleva solo sfuggire al nulla.


L'ultimo omicidio sarebbe stato il proprio.



[NDA]

Che ridere, volevo pubblicarla ieri e mi sono dimenticata. Buona domenica con un Dazai particolarmente depressino !!

Dai vi voglio bene, giuro che andrà solo peggio da qui in poi <3 

Scherzo.

Forse.

ENJOY <333

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