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(Ascoltate la canzone fino alla fine del capitolo)

Taehyung prese un lungo respiro, allargando quanto poteva i polmoni, e lo trattenne per qualche secondo, con l'ossigeno che inondava la sua mente piena di pensieri. Voleva fare cosi tante cose in quei pochi attimi: urlare, piangere, disperarsi, ridere amaramente ma, semplicemente, come quando ributtò fuori l'aria dalle labbra, tutto scomparve.

Premette la mano sulla maniglia d'ottone e aprì la porta di legno della loro camera e la luce del sole gli fece chiudere gli occhi, ponendo una mano all'altezza delle sopracciglia per pararsi da quella luce incontrollata.

Come poteva Jungkook riposare con la stanza completamente illuminata? Aveva lasciato le tende blu aperte e, solo, quelle bianche leggere semi chiuse.

Fece qualche passo dentro la stanza, andandosi ad accomodare allo sgabello del pianoforte a muro che aveva accanto alla finestra.

Passò una mano sul coperchio di legno, sbiadito in qualche punto e sbeccato in qualche altro, e sistemò la pianta che aveva sopra sulla sinistra proprio accanto alla foto di loro due di quasi 35 anni prima, quando l'amore acerbo li aveva legati e quasi feriti a morte.

Era bello quel pianoforte e fu proprio Jungkook a chiedere al compositore di portarlo in camera, così che, quando la notte rimaneva sveglio, poteva suonarlo solo per lui.

Ripensò a quando glielo fece trovare nella sala proprio in quella casa e alzò la testa, ricercando nella memoria quanti anni erano passati da quel giorno. Abbassò un dito, poi un altro e, infine, ne contò diciassette. Diciassette anni erano passati da quel regalo e Taehyung sorrise a quel ricordo, ritornando a quella sera, quando una volta aperta la porta di casa, aveva trovato seduto su quello sgabello Jungkook, con un mazzo di fiori in mano vestito di tutto punto. Rimase incredulo, con la gola improvvisamente secca e l'ossigeno magicamente scomparso. Jungkook gli disse semplicemente che lo aveva visto in un negozio in centro e che aveva pensato fosse perfetto per la loro casa, il loro nuovo nido d'amore e aveva impiegato diversi mesi per averlo, pagandolo un po' alla volta. Taehyung non lo fece finire di parlare, correndo fra le sue braccia, baciandolo con passione e dicendogli quanto lo amava.

Sorrise intenerito da quel ricordo, alzando di poco gli occhi verso la parte di tenda aperta che lasciava intravedere l'albero di ciliegio in fiore, si alzò dallo sgabello, ponendosi davanti la finestra, mentre le mani segnate dal tempo aprivano meglio il tendaggio bianco.

Venti anni erano passati da quando si era rincontrati ormai adulti in quel locale che appena ragazzi li aveva fatti conoscere.

Taehyung si portò indietro i capelli ingrigiti e si fissò la mano con quel piccolo cerchio d'oro bianco che custodiva all'anulare sinistro.

Venti anni prima, il compositore, aveva deciso di tornare a Seoul, stanco della vita vivace californiana. In terra americana e estera, si era fatto un nome fra gli addetti ai lavori e per gli appassionati di colonne sonore, ma lui voleva mettere piede nella sua terra natia, voleva ammirare di nuovo il fiume Han al tramonto, dove i raggi del sole colorano di arancione, viola e rosa le acque, facendolo sembrare un quadro impressionista ma, soprattutto, il vero motivo per cui voleva tornare, era per quel ragazzo con i capelli corvini che gli aveva fatto tanto male, tanto da sentirsi moribondo per diversi mesi, anni, ma che faceva fatica a dimenticare.

Cosi per quei quindici anni in cui era stato lontano, il suo unico pensiero era stato Jungkook.

Appena atterrato a Incheon, si era diretto al suo nuovo piccolo appartamento, a qualche minuto dal vecchio palazzo dove aveva lavorato da giovane e si era incamminato con la testa bassa verso quella caffetteria per poter annusare quel piccolo ricordo lontano anni.

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