𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢𝐜𝐢𝐧𝐪𝐮𝐞

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𝗜l padrone di casa aveva fatto strada a Giada, facendola entrare senza chiedere nessuna scusa riguardo ai precedenti tra loro.

Inizialmente calò un silenzio agghiacciante, mentre Matteo preparava un tè caldo alla sua ospite per permetterle di scaldarsi: chissà da quanto tempo era lì, sulla soglia di casa sua, ad aspettare invano che le aprisse quando non era nemmeno dentro.

L'atmosfera tesa durò fino a quando il bollitore non annunciò che il tè era pronto. Matteo lo versò nella tazza e la porse a Giada, che ringraziò con lo sguardo.
Il ragazzo aveva capito che, nonostante la visita inaspettata, sarebbe stata di poche parole, ma aveva bisogno di sapere il vero motivo per il quale era tornata da lui. L'avrebbe accolta, come sempre, e anzi aveva anche sperato che si facesse viva prima di allora, e invece gli ultimi tre giorni erano stati noiosi ai suoi occhi dal momento che lei non ne aveva fatto parte.

Stava pensando ad un modo carino per iniziare la conversazione, poi decise di andare dritto al punto visto che girarci attorno non avrebbe portato a nulla.
«Come mai sei qui?» chiese, rompendo l'incantesimo.

Giada, infatti, l'aveva osservato per tutto il tempo, mentre era di schiena a prepararle il tè, salvo poi abbassare lo sguardo non appena lui si voltava.
Non sapeva dire se lui si fosse accorto dei suoi occhi poco discreti, ma da quando le aveva porto la tazza la giovane non l'aveva più guardato, certa di non riuscire a sostenere il suo sguardo dolce.

Fece spallucce.
«Visto che volevi sentirti dire che avevi ragione, beh, il momento è arrivato. Avevi ragione.» mormorò, guardando le bollicine sulla superficie del te che scoppiavano, scomparendo per sempre.
Anche lei avrebbe dato tutto pur di scomparire dalla faccia della terra e sfuggire a quella situazione che di certo non era in grado di affrontare.

Vide con la coda dell'occhio Matteo inclinare il capo e sospirare.
«Non voglio sentirmi dire che avevo ragione, non mi interessa. Quello che mi interessa è che tu capisca il perchè io volevo starti accanto. - disse, e la sua mano si allungò sul tavolo, fino a sfiorare quella di Giada. Vedendo che, diversamente da come era successo l'ultima volta, lei non l'aveva ritirata, il ragazzo si concesse di accarezzarle teneramente il dorso con le dita, disegnando cerchi immaginari - Sei importantissima per me Giada, e non sopporto di vederti soffrire da sola. Possiamo condividere il dolore, sono disposto a prendere un pezzo per me se questo vuol dire vederti un po' meno triste.»

A quel punto Giada alzò gli occhi su di lui, incontrando i suoi che così tanto le erano mancati.
«Non merito un ragazzo d'oro come te, Teo.» sussurrò, ma nella sofferenza il calciatore udì la melodia nella sua voce mentre aveva pronunciato quella parola. Teo. Teo.
Era possibile amare così tanto una persona?

«Anche io a volte penso di non meritarti, poi però mi sono convinto, dentro di me, di avere un obbligo morale da portare a termine: per meritarti, devo fare il possibile per renderti felice, per togliere quella brutta espressione triste dal tuo volto e lasciare spazio ad un sorriso. Il tuo sorriso è il lieto fine di tutti i miei sforzi per starti accanto, mi basta solo quello. È per questo che ti chiedo, per favore, di darmi la possibilità di aiutarti. Se poi non mi ami o non mi vuoi più tra i piedi acconsentirò a questa tua richiesta, seppur mi farà male, ma almeno potrò andarmene per sempre da te sapendo che sono stato io a farti sorridere di nuovo.»

La ragazza scosse il capo: probabilmente non aveva nemmeno ascoltato tutto ma voleva subito mettere in chiaro una cosa:
«Non voglio che tu te ne vada, Teo.»

I suoi occhi si inumidirono di lacrime, e cercando di reprimerle spostò la tazza di lato; la sedia sulla quale era seduta finì rumorosamente indietro e lei si alzò in piedi, appoggiando le mani sul piano e sporgendosi verso Matteo, accomodato dall'altra parte del tavolo.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora