𝐬𝐞𝐢

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𝗟a mattinata in università passò rapidamente.
A pranzo, i commenti e le frecciatine ironiche dei suoi amici non fecero che rendere Giada un fascio di nervi dall'agitazione.

Nelle due ore di glottologia, che al contrario furono infinite, la ragazza sentiva solamente l'ansia e non riuscì, nemmeno volendolo, a concentrarsi per la lezione.
Sapeva che tutte quelle lezioni seguite male avrebbero poi inciso quando avrebbe dovuto studiare per la sessione estiva, ma in quel momento il suo unico pensiero era ciò che l'avrebbe attesa poco dopo, quando sarebbe uscita e avrebbe trovato un certo Matteo Pessina ad attenderla in macchina.

Non sapeva se l'ansia fosse dovuta al fatto che fosse famosissimo, ed era certa di non essere pronta alla fama che ne sarebbe derivata anche solo con una semplice amicizia, o al fatto che sarebbe uscita con un ragazzo e non lo faceva da un po', per paura e per esperienze passate che l'avevano portata a chiudersi in sè stessa per qualche tempo.

Quando, finalmente, la lezione terminò e la gente nell'aula iniziò ad alzarsi, Giada si riscosse e raccolse lo zaino quasi vuoto e il libro che aveva sul banchetto prima di sgusciare fuori dalla stanza e avvicinarsi all'uscita il prima possibile.

Una volta fuori, percorse il parcheggio ciottolato alla ricerca della macchina indicata dal giovane per messaggio la sera prima, e nonostante ne avesse adocchiate almeno tre così, solo una aveva i vetri oscurati.

Titubante si avvicinò e, a causa proprio dei finestrini scuri, non riuscì a vedere il volto di chi vi era a bordo, ma sentì lo sportello sbloccarsi, quindi dedusse fosse lui.
Non ne era ancora così certa, perciò in un duello interiore pensò se fosse il caso di aprire lo sportello oppure no, ma la anticipò l'occupante della vettura, che spalancò quello dal lato conducente.

Fece capolino un viso coperto dagli occhiali da sole.
Riconobbe il taglio di capelli e la voce sottile che disse:
«Tranquilla, sono io davvero.»

Le fece cenno di salire per poi richiudere lo sportello.
Decisa, Giada saltò su e appoggiò lo zaino ai propri piedi.

«Scusami, ma con i vetri scuri non riuscivo a vedere se fossi tu.» mormorò leggermente imbarazzata.

«No, scusami tu, davvero, non ci avevo pensato. - ribattè lui con un imbarazzo velato, mettendo in moto l'auto - C'è un bar carino dove vado spesso, ti va se andiamo lì?»

Giada annuì.
«Come preferisci, va bene.»

Matteo partì e la ragazza ebbe modo di capire che si stesse dirigendo verso la Città Bassa.

«Com'è andata?» domandò il calciatore dopo qualche attimo di silenzio e timido studio di entrambi della persona al proprio fianco.

Giada pensò fosse una domanda banale, ma poi si rese conto che sapeva di normalità, ed era ciò di cui il giovane conoscente aveva bisogno, da quel che aveva capito.
«Uhm, bene, credo. - borbottò - Non è che sia stato proprio semplicissimo oggi. Due ore di glottologia dopo pranzo, voglio vederti a seguire e capire qualcosa.»

Matteo sollevò gli angoli della bocca, divertito dalla semplicità con cui aveva parlato e anche se non sapeva che diavolo di disciplina fosse glottologia, il modo in cui parlava di università come si sarebbe rivolta alla sua migliore amica lo mise a proprio agio.
«Allora essere un non frequentante ha la sua fortuna.» commentò con modestia.

La ragazza si voltò a guardarlo curiosamente come aveva fatto dal primo istante.
«Come fai? Dico, a studiare e giocare a quei livelli al tempo stesso.» si informò. Dopotutto, non era così diffuso sentire di calciatori professionisti che si tenevano in pari anche con la scuola: molti, infatti, la lasciavano da parte proprio per il calcio.

𝐅𝐀𝐕𝐎𝐋𝐄 || Matteo Pessina (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora