Capitolo 2.

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Vengo svegliata dal telefono che vibra. È mia madre. Vorrei non rispondere, ma poi inizia a rompere le palle.

《Ma' dimmi.》

《Francesca, come stai? Tutto bene? Stavi dormendo?》Chiede preoccupata.

Sbuffo. E da quando si preoccupa per me?

《Sì, sto bene. Stavo a dormì.》Dico annoiata.

《Ok... Noi siamo appena arrivati a Milano... Qui è tutto magnifico! Per le bollette da pagare ci pensa papà, ti manderà dei soldi al mese. Per la spesa, bollette e magari se vuoi svagarti.》

Uffa. Pure mantenuta.

《Mamma. Io c'è l'ho un lavoro.》

《Sì, ma non fare storie. Te li inviamo lo stesso! Ah, ho una buona notizia. Rimaniamo qui solamente un anno!》Dice mia madre allegra.

Mmm... Fantastico.

《Ora vado. Ciao.》 Dico per scollarmela.

《Ciao tesoro.》Riattacca.

Mi alzo, vedendo che sono le otto. Alle nove devo andare a lavorare. Ma mi sono stufata. Chiamo il mio capo.

《Sergio. Sono Ferrario.》Dico, con un sorrisetto, che lui, ovviamente, non può vedere.

《Ferrario! Non mi dire che sei malata!》

《No, Sergio. Mi voglio LINCENZIARE》Scandisco bene l'ultima parola.

Lui rimane alcuni secondi in silenzio, probabilmente spiazzato.

《E come farai a vivere? Ah, giusto... Vivi con i tuoi genitori.》Dice, prendendomi in giro. Mi mordo il labbro.

《Questi non... Sono cazzi tuoi.》Dico e poi riattacco. Vaffanculo.

Per rilassarmi, vado a fare una doccia. L'acqua calda che scorre sul mio corpo mi fa rilassare. Insapono per bene le parti interessate, poi, dopo essermi lavata anche i capelli, esco dalla doccia. Torno in camera e metto una tuta, per stare comoda in casa.

Scendo di sotto a fare colazione. Mentre bevo il mio solito tè, bussano alla porta.
"Chi cazzo è adesso?!" Penso irritata.

Vado ad aprire e trovo il postino.

《Salve, lei è Francesca Ferrario?》Chiede guardandomi. È un ragazzo giovane, ha almeno vent'anni.

Annuisco.

Mi da in mano uno scatolone, e mi chiede di firmare. Scrivo il mio fottuto nome sulla cartella e saluto il tipo.
"Chi è che mi manda i pacchi? Mai successo..."

Mi siedo sul divano e appoggio il pacco di fianco a me. Lo apro e rimango sorpresa.

Dentro trovo degli oggetti strani: una felpa bianca con cappuccio, abbastanza larga, dei leggins neri e delle Converse del medesimo colore. Insieme ai vestiti... Trovo una maschera.

Essa è per metà bianca e per metà nera. Nella parte nera, il buco per gli occhi e bianco, e nella parte bianca, invece è nero.
"Macchecazzo?!"

Infine, trovo una lettera.
"Almeno sto tipo si degna di spiegarmi che diavolo succede!"

La apro e inizio a leggerla.
'Ciao Francesca. Vieni questa sera a mezzanotte al parco. Trova un modo per entrare. Oh, dovrai venire vestita così. E con nient'altro.
Se non vieni, ti cerco io. Fidati...
                             - Anonimo.'
"Oh cazzo."

Dovrei andarci? Oppure no? Mi sembra tutto così assurdo... Nessuno mi ha mai cercata, chiamata o parlato. Io non ho amici. Chi cazzo è sto qua?

"Uno stolker? Nha. Ma qualcosa non quadra: perché vuole che venga vestita con quegli abiti?"

Il mio istinto mi dice di chiamare la polizia. Ma la mia curiosità prende il sopravvento.

Come ho sempre detto, a tutto c'è un motivo e un perché. Io DEVO andarci. Altrimenti il destino cambia.

Così decido di andarci. Anche se ho un po' paura.

Non pensiamoci.

Chiudo di nuovo la scatola e la porto in camera mia.

Prendo "Harry Potter e i doni della Morte" e continuo a leggerlo. Adoro quella fottuta saga. La amo talmente tanto che ho tutti i film. E tutti i libri. E mi sono tatuata sul polso il simbolo dei doni della Morte.

Sui miei diari di quando andavo a scuola, ci sono scritti alcuni incantesimi che dicono spesso, tipo "Avada Kedavra". Ma, soprattutto, è pieno di frasi di quella saga. Voglio andare ad Hogwarz. Li si che starei bene. In un mondo magico, fantastico e, allo stesso tempo, folle.

Immersa in questi pensieri, non mi accorgo che è già ora di pranzo.

Mi faccio un po' di pasta con il pomodoro. Il frigorifero è pieno di roba, i miei hanno fatto la scorta. Mi basterà per tutto il mese.

Dopo pranzo, mi appisolo un po'.

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Sono in ansia. Ore 23.40.

Il parco è a dieci minuti da casa mia, ma me ne frego. Mi vesto con gli abiti che mi sono arrivati questa mattina, con tanto di maschera, ed esco.

Arrivo li davanti al parco che sono le 23.50, credo. Non ho preso il telefono, il biglietto è stato chiaro: "Dovrai venire vestita così. E con nient'altro."

Non oso immaginare che cosa potrebbe succedere se non gli do retta.

Scavalco il cancello del parco e mi trovo dentro.

Porca troia. Voglio tornare a casa. Magari il tipo non viene nemmeno...
Forse... Tutto questo è uno stupido scherzo.

Mi volto per tornare indietro, faccio qualche passo, ma mi blocco, sentendo una voce maschile.

《Ciao, Francesca.》

His name is Tim||Masky||Where stories live. Discover now