ikiryō

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I termini ikiryō, o shōryō, seirei, ikisudama (生霊, lett. "fantasma vivente", "eidolon"), nelle credenze popolari e nella fiction giapponesi, si riferiscono ad uno spirito che lascia il corpo di una persona vivente e va a perseguitare altre persone o luoghi, a volte a grande distanza. I termini sono usati in contrasto a shiryō, che si riferisce invece allo spirito di un defunto.

Introduzione

Il credo popolare che lo spirito umano (o anima) possa allontanarsi dal corpo ha origini antiche, con testimonianze dirette ed esperienze (infestazioni, possessioni, esperienze extracorporee) riportate in testi aneddotici e di fiction. Si dice che gli spiriti vendicativi (怨霊 onryō) dei vivi possano infliggere maledizioni (祟り tatari) all'oggetto della loro ira vendicativa trasformandosi in ikiryō. Si ritiene che nel caso in cui il perpetratore provi un sufficiente rancore, la sua anima (o parte di questa) lasci il corpo, apparendo alla vittima per maledirla o farle del male, un concetto non tanto dissimile dal malocchio. Si trovano notizie di ikiryō anche nelle scritture Buddhiste, dove sono descritti come "spiriti viventi" che, se fatti infuriare, possono lanciare maledizioni, anche poco prima della loro morte. Si crede inoltre che la possessione sia un altro mezzo con il quale gli ikiryō possono fare del male, con la persona posseduta ignara del processo.[4] Tuttavia, secondo la mitologia, l'ikiryō non agisce necessariamente per astio o vendetta; ci sono infatti racconti di ikiryō che non serbano rancore o non rappresentano una reale minaccia. Tra gli esempi attestati, a volte lo spirito può lasciare il corpo (spesso subito prima della morte) per manifestare la propria presenza ai propri cari, amici e/o conoscenti.[2]

Letteratura classica

Nella letteratura classica, nel Genji monogatari (ca. 1000-1010) si narra di un noto episodio di ikisudama (la lettura più arcaica del termine ikiryō) che emerge dall'amante di Genji, la Dama Rokujō, e tormenta la moglie incinta di Genji Aoi no Ue, causandone la morte per parto.[9] Questo spirito è anche ritratto in Aoi no Ue, l'opera di teatro Nō che narra la stessa trama. Dopo la sua morte, la Dama Rokujō diventa un onryō e continua a tormentare le successive consorti di Genji, Murasaki e Onna-sannomiya.[9]

Nel periodo Heian, un'anima umana che lascia un corpo e se ne allontana è descritta dal verbo classico akugaru, che significa allontanarsi. Nel Genji monogatari, il turbato Kashiwagi teme che la sua anima possa vagare (akugaru), e richiede che alcuni rituali siano eseguiti sul suo corpo per fermare questo processo nel caso in cui si verificasse.

Si ipotizza che la prima comparsa dell'ikisudama della dama Rokujō sia nel capitolo intitolato a Yūgao, fiamma del principe Genji che attira il rancore dell'altra dama sua amante. Durante l'unica notte che Yūgao e Genji passano insieme, la donna comincia a stare male e muore quasi subito dopo senza nessun motivo apparente, scatenando in Genji l'ansia che essa sia stata posseduta da uno spirito malvagio.[16]

In seguito la dama Rokujō, continuamente trascurata da Genji, viene umiliata pubblicamente durante una parata dai servitori di un'altra dama, la sposa di Genji Aoi, a cui è intitolato il capitolo. Questo evento scatena nuovamente il suo ikiryō (contro la sua stessa volontà), che tormenterà e ucciderà Aoi durante il parto. Gli attacchi di cui soffre Aoi sono riconosciuti come opera di uno spirito vivente appartenente a Rokujō dopo che questa parla attraverso Aoi, esprimendosi con una voce che non le appartiene. Rokujō nel frattempo sogna di percuotere una donna e si rende conto con orrore del delitto commesso.[17]

L'antologia medievale Konjaku monogatarishū contiene la storia breve di "Racconto di un ikisudama della Provincia di Afumi, che venne nella capitale e uccise un uomo".[18] Nell'episodio, un cittadino comune incontra una nobildonna e le fa da guida fino alla casa di un Vice Ministro degli Affari Pubblici (民部大夫 Minbu-no-taifū) nella capitale. La guida ignora che sta conducendo l'ikiryō di una donna al marito che l'ha trascurata. Arrivati alla casa la dama scompare, nonostante i cancelli siano chiusi. Dall'interno della dimora provengono urla e lamenti. La mattina seguente la guida viene a sapere che il padrone di casa si era lamentato del fatto che l'ikiryō della moglie fosse presente e gli causasse malattia, ed era morto poco dopo. La guida in seguito va alla ricerca della casa della dama nella provincia di Afumi, anche chiamata Ōmi. Lì la donna parla al protagonista attraverso un paravento, riconoscendogli i servigi del giorno prima e dandogli grandi quantità di seta in dono.[19][20][21]

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