«È questo che fai?» il verdino sembrava di colpo infuriato. «Cosa cazzo pensi di fare?»

Fu il turno di Katsuki di essere pervaso dalla rabbia, allargò le narici e lo prese per un polso trascinandolo in una zona più appartata dove poter parlare.

«Che problema hai?» chiese lasciandolo andare in un vicolo poco lontano. «Non sei mia madre, Deku.»

«Ah, questo è certo», sbottò l'altro ancora infuriato. «Cosa diavolo pensi di ottenere? È così che hai deciso di passare la tua vita? A fare corse clandestine nell'attesa del giorno in cui ti schianterai contro un dannatissimo muro?»

La sua voce era innaturalmente alta, Katsuki sentiva il nervosismo crescere con ogni ottava.

«Ma che cazzo vuoi? Arrivi qui dal nulla e pensi di potermi cambiare?»

«No, sia mai! Figuriamoci se il grande Katsuki Bakugou permette a qualcuno di fare un passo nella sua vita!»

«Sei stato tu a dire di non volere nemmeno un cazzo di appuntamento! Sei stato tu a dire che non sarò mai quello che cerchi. E ti chiamo da giorni, ti ho mandato un numero indefinito di messaggi su ogni cazzo di social media esistente, sono venuto a casa tua ogni cazzo di giorno.»

Izuku non trovò niente da ribattere, aveva ragione. Fece un respiro profondo, Katsuki lo imitò lasciando la presa che non si era ancora reso conto di aver tenuto sul suo polso per tutto il tempo.

«Io... non ci capisco più niente, Kats. Hai detto che ho immaginato tutto, fai un passo in avanti e quattro indietro», mormorò il verdino abbassando lo sguardo. «So solo che mi fai preoccupare, che non pensavo di trovarti così. Non pensavo che tu passassi il tuo tempo a cercare di ucciderti su una dannata macchina mentre io...» si bloccò in preda all'imbarazzo, Katsuki aveva gli occhi sgranati.

«Mentre tu cosa?»

«Niente, non dovevo venire.»

Tentò di spostarlo, ma il biondo gli prese le mani spingendolo contro il muro alle sue spalle e quando Izuku alzò la testa lo trovò ad un passo dal viso con un'espressione indecifrabile ad addolcire i tratti generalmente spigolosi.

«Mentre tu cosa?» chiese di nuovo.

«Non...non faccio altro che pensare a te», ammise alla fine Izuku abbassando la testa. «È frustrante, sei sempre lì in ogni cosa che faccio. Ed è così stupido, perché so già che non siamo ciò che cerchiamo. Ma non riesco a controllare questo bisogno di vederti. Sei un pazzo, Kacchan. Sei disperatamente pazzo, mi confondi e mi ecciti e non so come reagire a quello che fai. Hai quasi picchiato un ragazzo che ha solo chiesto di ballare con me, e per quanto fossi infuriato allo stesso tempo non riuscivo a non pensare a quanto mi esaltasse saperti in quello stato a causa mia. E stasera... non ce l'ho fatta, non ho retto alla cosa ed ho pensato di doverti parlare. E ti ho trovato qui, e tutto quello a cui riuscivo a pensare era al senso di panico che mi ha pervaso all'idea che ti succedesse qualcosa. Mi sono sentito come se fosse la mia stessa vita ad essere minacciata e non riesco a spiegarmi perché sta succedendo. E sto straparlando, cazzo.»

Non ebbe il coraggio di rialzare la testa, aveva troppa paura di incontrare il disappunto nei suoi occhi e non era sicuro di riuscire a reggere anche quello.
Aveva detto troppo, lo sentiva dal silenzio pesante e dalla gola che quasi pizzicava per quanto aveva mormorato.

Eppure, Katsuki non disse niente; si limitò a fare un passo avanti, poi lasciò scivolare le mani verso il basso per fare in modo che le dita si intrecciassero a quelle dell'altro.

«Te l'ho già detto, io sono un casino», mormorò con un tono di voce incredibilmente basso. «Rovino tutto, sempre, e forse per questo ho cercato con tutto me stesso di negare il fatto che dal giorno in cui hai messo piede in quell'officina ho smesso di capire dove finivo io e dove iniziavi tu.»

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