CAPITOLO 1

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Sapeva che il suo colore preferito era l'azzurro. Sapeva che era allergica alle fragole, ma che a volte le mangiava lo stesso. Sapeva che i suoi occhi color nocciola cambiavano colore a seconda del suo umore. E sapeva che aveva una cicatrice sulla coscia destra. Se l'era procurata cadendo dalla bicicletta da bambina.

Anche se non l'aveva mai incontrata, Beau conosceva bene Natasha Richardson. E nel giro di un minuto, avrebbe rimediato anche a quella lacuna, pensò Beau, mentre bussava alla porta del cottage sulla spiaggia della Carolina del Sud in cui lei abitava.

Gli doleva la gamba, dopo essere rimasto tanto tempo seduto nel piccolo aereo che l'aveva portato fin là. Si appoggiò allo stipite e bussò di nuovo. E dopo pochi secondi, sentì un lieve scalpiccio che si avvicinava alla porta.

Un altro attimo dopo, la porta si spalancò, facendo comparire una donna con i capelli castano chiari scompigliati che si portò una mano agli occhi per ripararli dal sole. Indossava una maglietta raggrinzita e un paio di calzoncini che ne mettevano in risalto le lunghe gambe snelle.

"Chi è lei? Cosa desidera?"

"Il mio nome è Beau Hamilton," rispose lui, chiedendosi se Natasha si fosse accorta che la maglietta non faceva quasi nulla per nasconderle il seno.

Sollevò gli occhi.

"Sapevo che..."

"Oh, capisco... Eddie..." concluse lei, e su quel nome le si ammorbidì la voce.

Un lampo di tristezza le attraversò lo sguardo.

"Mi parlava di lei nelle lettere che mi spediva. L'Angelo Nero... è così che Eddie lo chiamava..."

Un tremito lo percorse nel sentire quel vecchio nomignolo uscire dalla sua bocca. Glielo avevano appioppato i commilitoni per via dei capelli neri e dell'umore ancora più nero.

Prima dell'incidente era sempre stato arrabbiato per qualcosa... questo atteggiamento era iniziato quando era entrato in contrasto con il suo patrigno nei primi anni da teenager. E gli stessi commilitoni lo definivano un angelo, perché spesso li aveva tratti in salvo da situazioni difficili.

Non Eddie... Pensò a lui e sentì un peso sul cuore. Non era stato in grado di salvare il suo amico. Natasha lo guardò ancora un po' e si morse un labbro.

"Entri, la prego."

Beau la seguì nella casa buia, la sentì sbattere una gamba contro lo spigolo di un tavolo, reprimendo un urlo di dolore.

"Vuole che accenda una luce? Che apra le tapparelle?" le chiese.

"Umm... No, ci penso io."

Natasha regolò le tapparelle in modo che la luce filtrasse nella stanza. Il divano era coperto da un panno scuro, le pareti erano nude, i pavimenti privi di tappeti.

"Mi scuso per questo disastro. Ho lavorato fino a tardi, ieri sera. Anzi, stamattina. E ho dormito fino a tardi."

Si girò ad affrontarlo, ma inciampò di nuovo. E Beau dovette afferrarla per le braccia per impedirle di cadere.

"Grazie... Che ora è?" gli domandò lei con una voce assonnata che gli fece pensare immediatamente a una notte di sesso appassionato.

Che diavolo! Qualsiasi cosa lo faceva pensare al sesso! Era passato molto tempo dalla sua ultima volta.

"Sono le due," rispose.

Lei sussultò.

"Non pensavo che fosse così tardi."

VOGLIA DI RICOMINCIAREWhere stories live. Discover now