«Finisci pure di lavorare in pace. Non voglio disturbarti mentre ti occupi di qualcosa di importante.»

«Non è così importante.» mentì William che provava uno strano senso di colpa nel vedere il più piccolo rattristato. Quella strana sensazione ormai lo tormentava da qualche settimana e ancora non aveva capito cosa fosse: ogni volta che l'omega mostrava un'emozione, il corpo di William sembrava reagire parallelamente. Se Harry era triste o aveva paura o era arrabbiato, William provava un forte senso di malessere. Dentro di lui nasceva subito il bisogno di far stare meglio quella piccola creatura e una volta che lo faceva - una volta che lo vedeva tranquillo, con un bel sorriso sul volto, il suo animo si tranquillizzava e il suo senso di malessere spariva. Adesso, infatti, stava succedendo la stessa dannata cosa e William si stava stufando della situazione: non poteva stare male ogni volta che quel piccolo Omega mostrava un briciolo di emozione negativa. «Non ci metterò molto, comunque.»

L'Omega annuì appena e accarezzò la tazza calda. Le parole di William l'avevano rattristato abbastanza e non aveva bisogno di altre false speranze. «Va beh, ti ho detto che non importa, no? Vuoi pure. Io rimarrò qui per un po', lo sai.»

"Come se non ti importasse davvero" William alzò gli occhi al cielo. "Stupido Omega, mi farai morire dai sensi di colpa." «Ne sei sicuro, Harry? È una faccenda che posso risolvere anche di notte, se vuoi.»

Harry annuì appena e le sue labbra si serrarono, diventando un filo sottile. Non poteva ammettere di essere triste, ma dentro di sé si sentiva come se fosse stato abbandonato. Era una sensazione strana, soprattutto se erano le parole dell'uomo che l'aveva rapito a fargliela provare.

«E va bene, Harry.» William sospirò stanco e scompigliò i capelli del più piccolo. «Allora io vado...»

Harry annuì per la seconda volta e sentì l'Alpha sospirare. "Non morirò se per una sera non potremo stare insieme" Le mani dell'uomo scivolarono via dai suoi capelli morbidi e ricci e uno, due, tre passi... Harry si morse con forza il labbro inferiore e-«Aspetta, William-!»

"Merda" William si fermò di scatto e si voltò verso l'Omega. "Lo sapevo" Questo aveva lo sguardo basso, fisso sulla sua tazza di latte caldo. I suoi occhi erano coperti dalla benda nera, impossibili da decifrare, ma le sue labbra tremavano appena. "Ma che..?" «Harry...?»

«Posso... posso farti una domanda, William?»

"Che gli prende adesso?" «Si, certo.»

«Quel che fai... è pericoloso, non è vero?»

William inclinò la testa di lato, guardando confuso il piccolo Omega. «Che intendi, Harry?» Era una sua impressione o non era capace di capire che parole stessero uscendo dalla sua bocca?

Le guance dell'Omega si tinsero improvvisamente di rosso e Harry si strinse nelle coperte, desiderando ardentemente di sparire dalla faccia della terra. "M-ma che mi è saltato i-in mente? P-Perché gli ho fatto una domanda simile?" si chiese, cercando di non svenire dall'imbarazzo. Si sentiva terribilmente fuori luogo - oltre che a stupido - per aver fatto una domanda del genere. E tutto quello per via della sua dannata curiosità. «N-niente, lascia fare. Non importa.»

«No, Harry. Lo sai cosa ne penso delle persone che si rimangiano le parole o che lasciano le domande a metà.» disse William, senza sembrare scocciato dal comportamento del minore. Aveva detto più e più volte al riccio che non sopportava quando qualcuno lasciava le frasi sospese nel nulla, tirandosi subito indietro. «Che volevi dire? A che ti riferivi?»

"M-mi sono messo u-un piede nella fossa da solo. C-complementi, Ha-Harry." Harry strinse maggiormente la presa sulla tazza. «Io... mi riferivo a-al fatto che quando mi porti a-a letto, spesso ti sento smuovere oggetti d-davvero pesanti...» ammise l'Omega sentendo lo stomaco stringersi sempre di più in una morsa dolorosa. Se William voleva sentire la verità, Harry gliel'avrebbe detta; non era esattamente il tipo di Omega capace di ribellarsi ad un Alpha. «oppure... t-ti sento parlare con qualcuno, a-al cellulare. N-non ho mai capito di cosa parliate!» si affrettò a chiarire, sperando di non sembrare uno stalker. «M-ma penso che quel c-che fai sia pericoloso, s-soprattutto per il tipo di vita c-che conduci.»

"Merda, quindi mi ha sentito? Fantastico" «Dai, fammi spazio, Harry.»

«Uhm?»

«Fammi spazio, così che possa sedermi anch'io.»

Harry cercò di nascondere il sorriso di vittoria che comparve sulle sue labbra e si affrettò a spostarsi, facendo un po' di spazio all'Alpha. Sentì William alzare le coperte che lo sommergevano, infilandosi sotto di esse. Sentì la sua forte mano tirarlo a sé, abbracciandolo in una stretta morbida come ormai faceva ogni sera.

«Mi dispiace che tu mi abbia sentito al cellulare, Harry. È stata una mancanza di professionalità da parte mia, non dovevo permettermi che succedesse.»

Harry deglutì a vuoto e alzò lo sguardo su di lui. "Sembra davvero dispiaciuto.." «Ma non hai fatto niente di male, William. Te l'ho già detto, non ho sentito o capito niente di quel che stavi dicendo.. quindi è okay, d-davvero. L-l'unica cosa che ho sentito era il tuo tono... s-sembravi molto preoccupato, e-ed è per questo che ti ho chiesto se il tuo lavoro è-è pericoloso.»

"Deve aver sentito una chiamata che ho fatto a Freddie una di queste sere.." William annuì e sospirò appena. «No, Harry, in realtà.. quelle chiamate non hanno a che fare con il mio lavoro.»

«No..?»

"No, hanno tutte a che fare con Freddie purtroppo." William lanciò uno sguardo alla finestra: fuori ormai era buio e la luna si intravedeva appena tra le nuvole chiare.  "Ormai la sua malattia peggiora ogni giorno che passa. Solo sua madre vede un barlume di speranza; una luce in fondo al tunnel che le fa pensare che prima o poi si riprenderà..." «Dì un po', Harry...» William si voltò per guardare l'Omega. «tu sai perché faccio questo lavoro?»

Young And Beautiful  - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora