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Pioveva, anche il cielo sopra Yokohama quel giorno sembrava piangere e urlare.

Una piccola schiera di persone vestite di nero camminava a testa bassa sotto gli ombrelli aperti, si dirigevano verso una piccola chiesa situata poco fuori città.

L'unico rumore che si sentiva era il battere della pioggia sull'asfalto, tutto nella grande città sembrava essere in lutto, tutto sembrava essersi fermato, zittito colto da un'improvvisa mancanza.

Vicino a quella folla nera si poteva intravedere una macchia chiara, un ragazzo con un cappotto beige che camminava in disparte con le mani ben ficcate in tasca e lo sguardo basso. Camminava lentamente facendosi bagnare i capelli e le strane bende che portava addosso dalla pioggia incessante, talmente immerso nel suo pensare al nulla da non accorgersi di essere arrivato a destinazione: davanti ad una piccola e squallida chiesa che si trovava chi sa perché a Yokohama, forse una dei pochi edifici rimasti dai rimasugli del cattolicesimo in Giappone.

Indugiò qualche istante sulla soglia dondolando da un piede all'altro con l'agitazione che iniziava a farsi sentire.
Alla fine prese coraggio entrando nella chiesa con lo sguardo fisso in avanti, mormorando solo un "Cordiali saluti" all'ingresso.
Si era ripromesso di non pensare e di restare il meno possibile dentro quel luogo per poi uscire e continuare la sua vita come se nulla fosse, andando a farsi una bevuta per dimenticare quella brutta giornata.

Fu in quel momento, in quel preciso istante, quando si ricordò della sua stupida promessa che per la prima volta nella sua vita Dazai Osamu sbagliò, quando il suo sguardo si posò sulla foto sorridente di Chuuya si rese conto che quella giornata non l'avrebbe mai dimenticata.

Non era mai stato un tipo che si faceva travolgere dalle emozioni, Osamu, non piangeva, ne tantomeno si trovava in balia di sentimenti che non sapeva controllare. non pensava di essere nemmeno più capace in realtà, di piangere, sentiva qualche volta lo stomaco che si attorcigliava, la gola che brucia, il petto pesante, ma le lacrime, quelle, non erano mai arrivate.

Quando si sedette su una delle panche sul fondo della chiesa si sentì allo stesso modo.
stomaco in subbuglio
gola che brucia
petto pesante.

Non l'aveva più guardata la foto da quando era entrato, sapeva che non ce l'avrebbe fatta, che sarebbe scappato, come sempre.

Intravedeva sulle panchine in prima fila delle faccie conosciute; aveva visto all'entrata una bella donna che conosceva, con le guance rigate di lacrime e le labbra contorte in un espressione di dolore, un piccoletto che stringeva la sua strana bambola soffocando i singhiozzi, una bambina bionda, un fratello e una sorella silenziosi ,un cerotto sul naso e una testa rossa chinata verso il basso, un vecchio con un monocolo e uno chioma nera che stranamente in quel momento non ghignava.

Aveva visto all'entrata, tutta la Port Mafia che si faceva strada per salutare qualcuno a cui in realtà aveva voluto un gran bene.

Era invece ipocrisia, secondo Dazai,
erano tutti ipocriti, stupidi approfittatori che fingevano tristezza dopo aver calpestato qualcuno.

In realtà poco aveva da rimproverargli lui, che si trovava al funerale di qualcuno che giurava di odiare.

Lo sapeva maledizione, lo sapeva di essere lui stesso un ipocrita ma, al diavolo, pensava, nessuno avrebbe mai capito che succede nella sua stupidissima testa, pensava, a nessuno importava davvero cosa sentisse per Chuuya, pensava, chissene frega, nessuno l'avrebbe visto lì, pensava, pensava, pensava, pensava..

La voce del vecchio prete che cominciava la messa lo riscosse dai sui pensieri.

No, non ancora, no, aspetta, nonono
un attimo, non era pronto, non se ne era accorto, troppo di fretta, vi prego un secondo

𝐰𝐚𝐫𝐦 𝐫𝐞𝐠𝐚𝐫𝐝𝐬 ||soukoku حيث تعيش القصص. اكتشف الآن