Cap. 3: A Hospital For Souls.

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- Oh, andiamo Alai! So che è triste, ma...devi pur sempre cercare di riprenderti in una maniera o nell'altra. - disse con voce confortevole Katia, accarezzando la chioma folta di Alai, che stava riversando lacrime su lacrime da ormai una buona oretta, stesa sul letto del suo nuovo appartamento e raggomitolata nelle coperte, a mo' di cucciolo.
Dopo l'abbondante discussione con Ryan, che come Katia aveva già previsto non avrebbe portato a buoni fini, Alai era corsa dritta verso il suo appartamento, in preda alla disperazione e la ragazza platinata l'aveva soccorsa cercando il più possibile di rassicurarla con parole dolci. Aveva cercato per tutto il tempo di starle accanto senza avere un'aria del tutto compassionevole, ma in fondo era compassione, la sua , mista a profonda tristezza.
Stava rivedendo se stessa, attraverso quegli occhi marchiati di rosso dalle lacrime e quel volto ricoperto dalla stanchezza e dallo smarrimento. Con la sola differenza, che lei stessa era stata del tutto sola, non aveva avuto nessuno lì con lei, in quel momento così complicato e duro della sua vita; non aveva avuto nessuno che le accarezzasse i capelli e che le dicesse che sarebbe andato tutto per il verso giusto, nessuno.
Alai continuava ad ignorare le sue parole, piangendo e urlando, per quanto la sua piccola voce dolce e meliodica potesse assumere un tono duro e disperato.
- Alai, sul serio. Basta piangere, devi essere forte. - le sussurrò Katia all'orecchio.
A quelle parole Alai cercò di sopprimere le lacrime tramite respiri smorzati e profondi, come se finora non avesse respirato e ora si dovesse abituare di nuovo a farlo. Tirò su col naso e si liberò da quel groviglio di coperte che le faceva da scudo, appoggiandosi con la schiena sul cuscino, sulla parte dura di legno del letto.
- Forte. - fece eco a Katia. - Non posso. Voglio dire...non credo di potere... - disse, ancora incespicando nel respirare.
- So cosa provi. - le disse Katia, accarezzandole una mano.
Alai le rivolse uno sguardo gentile, gratificante, come se la stesse ringraziando con gli occhi.
- No, non credo tu possa capirmi. - scosse la testa.
- Oh si. Tu credi. Ma non sai. - disse fermamente Katia.
Alai la guardò confusa.
- Anche io dovetti vivere la tua stessa esperienza, quando arrivai per la prima volta qui. - deglutì un boccone amaro. Le faceva male al petto ricordare una parte del suo passato così difficile per lei.
- D-davvero? E come? - chiese Alai con gli enormi occhi verdi spalancati.
- Oh, è una lunga storia, poi non è importante. - gesticolò la ragazza con la tristezza stampata sul viso.
- Ma io vorrei tanto sapere. Non dire che non è importante...però...se non ti va... - alzò le spalle Alai, guardando altrove.
E infatti non le andava. Non le andava per niente riportare al presente avvenimenti dolorosi del suo passato. Odiava anche solo il fatto di doverli ricordare...parlarne poi l'avrebbe quasi distrutta. Sapeva di essere forte, e certamente avrebbe saputo combattere le sue debolezze, ma non di certo uscendo allo scoperto, rendendo pubblico qualcosa di così privato per lei. Aveva fatto tanto in tutto questo tempo per chiudere per sempre questo capitolo della sua vita, nonostante i ricordi fossero ancora impressi nella sua mente. Aprirsi con lei avrebbe significato distruggere tutte le sue barriere, per fare posto all'amarezza nel ricordare ciò che è stato. Aprirsi fu estremamente complicato perfino con Ryan, tanto tempo fa, non era sicura di poterci riuscire anche ora. Ma fece un tuffo nel passato e rivide se stessa, piangente sul letto, in preda al panico. E vedeva contemporaneamente a se stessa, Alai, ridotta a pezzi. Sapeva che la ragazzina che era stata quattro anni fa avrebbe voluto qualcuno lì con lei abbastanza forte da regalarle un po di forza, poca. Così si armò di coraggio e annuì.
- Vedi, tanto tempo fa io fui mandata qui per merito di mio fratello Joe.
Non serve sapere molto su di lui, solo che era un grandissimo e autentico bastardo. Questo posto è considerato da anni una maniera di riscattarsi, per molte persone che vogliono lasciarsi il proprio passato alle spalle. Mio fratello faceva parte di questa azione clandestina, chiamata corporazione, ovvero ciò che è alla base di questo posto, ma non alla sua creazione. Io lo venni a scoprire e lui punì prima se stesso per la sua sbadataggine ad avermi sottovaluta, e poi ovviamente me. Cercai di scappare da lui, ma non ci riuscì. Mi portò qui, dato che ormai sapevo una buona parte della sua partecipazione a questa porcheria. - deglutì nervosa Katia. - Mi trascinò qui con le forze, obbligandomi appunto. Quando vidi questo posto per la prima volta, pensai che Dio mi volesse bene. Era tutto quello che una persona qualunque potesse desiderare. Adoravo l'idea di poter vivere qui, incominciare una nuova vita. Ma poi arrivarono le brutte notizie. Come te, fui mandata nel distretto 12, e quando venni a sapere cos'era impazzii letteralmente. Non odiavo tanto l'idea di apparire una puttana agli occhi di tutti, bensì che dovessi comportarmi come tale. È così che funzionava: bisognava aggiudicarsi un ruolo importante dentro questo posto, e per far sì che ciò diventasse realtà bisognava calarsi nel personaggio. Fu quello che feci. Mi convertii in una troietta tutta glitter, minigonne e tacchi. Mi odio per aver fatto quello che ho fatto, ma ero praticamente obbligata. E durante tutti quel tempo quasi dimenticai me, la vera me, quella che ero stata e che volevo essere: la ragazza pimpante, solare, a cui poco importava l'apparire, quella con un alto senso dell'umorismo. Mi dimenticai di tutto questo. E ti giuro che non passai un solo giorno senza provare un odio profondo verso me stessa, lo giuro. - aveva la voce roca, smorzata dall'odio e dalla rabbia repressa. - So perfettamente che è difficile, ma è così che vanno le cose qui Alai, sei quello che gli altri ti dicono di essere, e loro in cambio ti danno una vita fatta di lusso, divertimento, alcool, feste gratis e tutto quello che un adolescente può volere. - parlò con occhi tristi e spenti. La luce che di solito regnava dentro le sue iridi color nocciola era come svanita, per fare spazio a qualcosa di più cupo.
Alai ascoltò le parole di Katia con gli occhi puntati dentro i suoi, con un freddo glaciale fin dentro le ossa.
- No...non può...non può semplicemente essere così. I-io...non posso accettarlo! - esclamò Alai scuotendo la testa.
- Lo so. Lo so. - annuì con aria comprensiva, Katia. - Ma è così. Puoi anche non accettarlo ora, ma con il passare del tempo sarai costretta a fare quello che vogliono gli altri, e tu non potrai semplicemente non accettarlo. Dovrai farlo e basta. - disse fermamente Katia. L'espressione di Alai era chiaramente sconvolta e scioccata. Ora gli occhi sembravano brillare di un rosso più acceso, non solo a causa delle lacrime, ma anche di qualcos'altro di ben più profondo e meno passeggero.
Dopo un po di silenzio che Katia lasciò ad Alai per rimuginare su tutte le parole dette, Alai alzò lo sguardo, precedentemente posato per terra, come suo solito fare.
- Tu hai dovuto convivere con questo dolore per quanto tempo? - chiese con voce sussurrata Alai.
Katia sospirò. - Sono qui da quattro anni, ma sai...ora non sono più...una prostituta. Ho smesso da ormai due anni, grazie a Ryan. - ad Alai brillarono gli occhi. - Voi due state assieme, giusto? Si nota molto. -
- Si? Uh, beh, suppongo di si. Lo spero, per lo meno. - sorrise Katia.
- È così che ha avuto inizio la vostra storia? -
- Mh, si. Sai, io prima lo conoscevo solo di vista. Pensavo fosse uno dei ragazzi più attraenti del campus, ma poi un chissà quale caso del destino mi ha fatto conoscere con lui. Ryan è stata la prima e unica persona con cui mi sia mai riuscita ad aprire, a parte te. -
- Wow. Quindi questo lo sappiamo solo io e lui? - chiese stupita Alai.
- Si. - ridacchiò debolmente Katia. - Ritieniti pure lusingata. - gesticolò con una mano.
- E come ha fatto a...a farti smettere di fare quelle che eri costretta a fare? -
- Lui riveste un ruolo abbastanza importante qui, ha parecchi contatti con i maggiori, così zoppicando mi ha riscattata da una vita schifosa. Ha quasi rischiato di essere sbattuto fuori, allo scoperto, ma per fortuna non è successo. E adesso eccomi nella stanza accoglienza, pronta a registrare i nuovi arrivati al campus. - sospirò sollevata Katia. - Sarei morta, senza di lui. - ammise con voce solenne.
- Io mi chiedo come qui la gente non sia una banda di morti viventi. Essere costretti a fare questa vita...è orribile. - disse con voce cupa Alai.
- No, ma non è così. Io e te siamo casi rari. Non capita molto spesso che delle ragazze vengano costrette con la forza a diventare membri del Distretto 12. Certo, una buona parte lo fa per soldi, non di certo perché gli piace. Ma la maggior parte delle puttanelle che vedi in giro, sono autentiche e vere. Quindi non provare compassione per loro, non la meritano. - fece una breve pausa. - Poi, ovviamente, il campus è enorme e non è composto solo dal Distretto 12, bensì da tanti, ognuno con membri diversi. In base a che Distretto ti trovi, ti offrono un totale di soldi davvero niente male. -
- Quindi alla base di tutto questo, ci sono i...soldi? - chiese Alai, calcando sull'ultima parola, quasi come se racchiudesse valori insignificanti, del tutto stupidi. Come se questa fosse una tale sciocchezza.
- E per il divertimento, chiaro. Molte persone si trovano qui per lasciarsi alla spalle un passato poco felice, per iniziare una vita completamente nuova, in parole brevi. Se ci pensi, non è così male. I primi tempi, osservi tutto sotto un punto di vista negativo. Ma dopo un po inizi ad accorgerti che qui si sta più che bene. Molti lo chiamano "L'ospedale per le anime", curioso no? Puoi avere ciò che desideri e avere una larga comitiva. Ora, so che la gente non fa una buona impressione all'inizio. E forse, alcuna è davvero così pessima. Ma altra non è niente male. Io ho tanti amici e ci vado davvero molto d'accordo. È tutta questione di abitudine. Vedrai. - disse Katia con voce speranzosa.
Alai sospirò, incerta.
Katia stava provando in tutti modi per convincere Alai di farsi forza, che sarebbe stata solo una questione di tempo, ma nonostante ciò lei continuava ad essere reticente e avere quell'espressione triste stampata in volto. Ma per questo non la giudicava. Sapeva benissimo cosa volesse dire ritrovarsi catapultata in una realtà del tutto nuova. Aveva bisogno un po di tempo per assimilare il cumulo di informazioni ascoltate.
Così dopo un frettoloso saluto, aprì la porta dell'appartamento.
- Ancora grazie per essere stata con me. Davvero. Grazie. - le sorrise Alai. Un sorriso per metà fatto di sincera gratitudine, e per un'altra fatto di insopportabile stanchezza che le impediva di avere uno aspetto integro. Sembrava esausta e terribilmente malinconica, ma in fondo la capiva perfettamente.
- Tranquilla. - l'abbracciò calorosamente, notando con sorpresa la stretta ricambiata da parte della ragazza, che ad ogni passo sembrasse sgretolarsi in cenere.
Fece per andarsene ma una mano le bloccò il braccio.
- Scusami. Un'ultima cosa: c'è qualcuno che gestisce questo posto, una specie di capo? - chiese con voce curiosa, mista a rabbia Alai.
- Mh, si. Ma è un maggiore, non è il capo. É solo il più temuto tra i Distretti. È il diciassettene Jamie. Si chiama Jamie. - parlò con fermezza Katia, con davanti l'aspetto di quella che sarebbe dovuta essere una reazione inaspettata, da parte della curiosità repentina di Alai.

Ossa Fragili. (Come Nei Sogni)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora