Part.7

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Il giorno dopo Stefan non venne a prenderla e Grace non si svegliò prima di mezzogiorno. Si alzò con un mal di testa lancinante, le capitava ogni volta che dormiva di più. Accese il telefono e lo lasciò a caricare, lo teneva sempre spento la notte. Credeva poco a quelle storie sulle radiazioni ma non si sa mai. Barcollò verso il salotto e si buttò letteralmente sul divano.
Ovviamente, come sempre, il telecomando era sul tavolo. Allungò il braccio a fatica e lo prese. Che seccatura, tutte le volte.
Pochi minuti dopo arrivarono i suoi genitori, dopo aver fatto la spesa. Grace si alzò a malavoglia e aiutò sua madre a sistemare le buste e dopo a cucinare. In estate era diverso dall'inverno, non aveva nulla da raccontare se non dei bizzarri comportamenti di alcuni turisti ma chiaramente non importava a nessuno.

Dopo mangiato tornò nella sua stanza, si sdraio sul letto e dedicò un ora a leggere il libro che aveva comprato cinque mesi prima e non aveva ancora finito. Di solito finiva i libri in meno di due settimane.

Fu distratta dal rumore di un pallone che sbatteva sulla finestra, fortunatamente senza romperla. Si affacciò e vide dei bambini giocare, quanto le mancava uscire e giocare con i suoi compagni come quando era piccola. Adesso i suoi ex compagni di gioco giocavano a fare i grandi, non c'era più divertimento con loro. Fumavano, bevevano, si drogavano. Continuava a chiedersi come si divertissero a quei festini organizzati nei pub, Grace non riusciva neanche a passarci vicino.
Corse nella sua stanza e prese dei pantaloncini e una canottiera dall'armadio, la borsa e via. Uscì ancora correndo, era ansiosa di vedere il mare. In effetti non stava andando da nessuna parte, e non voleva neanche incontrare nessuno. E quando era così, in momenti in cui non c'erano risposte, andava al mare.
Di solito nello scoglio più lontano da riva, saltava tra una pietra e l'altra, come per allontanarsi dal mondo.

Ormai non usava più neanche mettersi gli auricolari per ascoltare la musica, si era innamorata del silenzio.

Rimase a fissare un veliero lontano, forse quelli, forse erano quelli gli occhi del mare.
Anche stavolta venne distratta, non dal rumore di un pallone, ma da uno schizzo d'acqua.
Si girò di scatto e lo vide. Con il suo corpo da adone nuotava spensieratamente da solo. Riconobbe i capelli, cosa diavolo ci faceva Evan lì? Cosa diavolo ci faceva Evan ovunque fosse lei?
Si nascose dietro la parte più alta della roccia, in un film magari si sarebbe buttata anche in acqua, ma la situazione non era così drastica.
Sbirciò per vedere che faceva, era ancora lì, adesso galleggiava con lo sguardo rivolto verso il cielo,fin quando qualcuno non lo chiamò. Ebbe un sussulto, di nuovo si sarebbe ritrovata davanti a una scena disgustosa di fusioni tra lui e quella ragazza.
Non stavolta, era un ragazzo.
"Evan! Andiamo dai muoviti!"
"Arrivo!" Disse ridendo. Riprese allora il ritmo e arrivò a riva in pochi secondi.

Aspettò che si allontanassero dalla spiaggia per ritornare a riva, non avrebbe retto il suo sguardo. O peggio avrebbe potuto pensare che lo seguiva. Praticamente si incontravano ovunque.
Tornò a casa mantenendo un passo veloce, quasi correndo.
Chiusa la porta alle sue spalle si lanciò verso il divano e si addormentò.
Quel tipo di giornate la consumavano esattamente come un dialogo con Jane, erano quelle giornate dove non si sapeva cosa si volesse fare né dove si volesse andare, non avevano senso ecco.

Si svegliò verso le 20.00 dal dolce e melodioso suono delle urla di sua madre che la invitavano a cenare. Si alzò, e sempre barcollando si sedette a tavola.
All'improvviso sentì la suoneria del suo cellulare, quella stupida chitarra, corse a vedere chi era: Victoria.
Usciva spesso con lei, soprattutto in estate e con molte altre sue amiche. Se così si potevano chiamare.
Da poco tempo si era resa conto di non avere amici, ma conoscenti che non si interessavano minimamente a quello che le capitava. Finì di mangiare e corse a vestirsi, tra mezz'ora si sarebbero incontrate sotto casa sua per fare una passeggiata.
Prese dei pantaloncini più stretti e una maglietta elegante e dei tacchi. Si mise un filo di trucco, giusto per non uscire con delle occhiaie chilometriche e scese.
Ormai la storia "dell'incontro del vero amore" non reggeva più, e non ci credeva più.
Victoria era già lì, si salutarono e si incamminarono verso il Lido.
"Dovrebbero venire alcuni miei amici con noi" disse.
Grace si girò di colpo "Chi sono?"
Era sempre stata terrorizzata dal confronto con sconosciuti.
"Sono cinque ragazzi, vengono tutti da città diverse dell'italia ma hanno lo stesso padre che è di qua, quindi in estate vengono qui. Ti dà fastidio?"
"No, ma non lasciarmi sola non li conosco perfavore."
"Ma certo sta tranquilla!"
Quelle erano sempre le ultime parole famose. Le frasi che più dicono le adolescenti sono "ho fame- lo amo- non lasciarmi sola" e una delle bugie è la risposta all'ultima richiesta.Sapeva già come sarebbe andata.
" Eccoli sono lì!" Sussurro Victor indicando un gruppo di ragazzi che avanzavano verso di loro.
Grace cominciò a sudare, era terrorizzata del giudizio degli altri.
"ciao!" Disse uno di loro, era biondo, con gli occhi azzurri, bellissimo.
"ciaoo da quanto tempo!! Lei è Grace! Una mia amica!"
"Ciao, piacere Niall, lui è Zayn, lui è Loius e Antony, e Jessy."
"Piacere mio" arrossì.
"Andiamo dai" disse il più alto, doveva essere Antony.
Ripresero la loro passeggiata, parlando della festa del giorno prima. Facevano a gara di chi aveva baciato più ragazze, Grace era disgustata dalle loro conversazioni. Le ragazze diventavano facilmente dei giocattoli, dei premi da poter vantare.
"E tu? Sei fidanzata" le rivolse la parola uno di loro.
"No" continuò a guardare avanti, senza girarsi. Non voleva dargli confidenza, non sarebbe diventata una di loro.
"Ah, sai sei molto carina" si avvicinò.

Nel tentativo di allontanarsi urtò un signore che teneva in braccio un bambino.
"Mi scusi!" Disse mortificata.
Si rivolse di nuovo verso quel ragazzo, non ricordava neanche quale fosse il suo nome.
"Grazie"
"Graziana graziana!" Urlò Victoria.
"Che c'è?" Si guardò attorno nel cercarla,quando si sentì tirare dal braccio.
"c'è Evan" le sussurrò all'orecchio.
I battiti aumentarono, era come se il cuore cercasse di uscire battendo mille pugni al secondo per aprire un varco.
Lo cercò tra la folla, fu facile vederlo.
Indossava dei jeans a vita bassa con le bretelle, e una maglietta grigia a maniche corte. Era bellissimo, si vestiva in modo insolito ma era bellissimo.
Non lo vedeva da tempo..
Lo ignorò e continuò a parlare con Victoria che in realtà non la stava neanche ascoltando.

Grace ora camminava guardandosi le scarpe.
Sentì una voce.
"Ciao"
Alzò velocemente la testa e i loro sguardi si incrociarono. Evan sorrise, continuando a camminare. Grace fece lo stesso e accennò un saluto a mezza voce. Sentì una scarica elettrica passarle per tutto il corpo, dai piedi alla punta del naso.
Fece finta di nulla e continuò a camminare con lo sguardo fisso verso la strada, senza dire una parola.
Non le andava di parlare, aveva quegli occhi stampati nella mente.

Sentì vibrare la tasca dei pantaloncini, prese il cellulare: le era arrivato un messaggio.
"Buonasera bellezza, dove stai andando? Fermati."
Grace si fermò di colpo.
Rabbrividì alla sensazione che qualcuno le avesse appena toccato i fianchi.
"Ciao"
Era la stessa voce.
Si girò e lo vide, adesso rideva nel vedere la sua faccia spaventata.
"Ti avrei dato un pugno fossi stato un altro" disse.
"Ahah non credo proprio senza contare il fatto che ti saresti fatta male tu!"
"Che vuoi?" Le venne istintivo, era arrabbiata, continuava ad illuderla senza rendersene conto.
"Nulla, volevo solo salutarti. Siamo irascibili eh? Io vado dai, buona serata" si girò verso un altro ragazzo e se ne andarono. Evan gli sorrise e l'altro scoppiò a ridere.
La percorse la sensazione di essere appena stata presa in giro.
Che stupido.
"Io vado ragazzi ciao" Non disse altro e cambiò strada. Casa sua si trovava dal lato opposto del lungomare, si sarebbe dovuta fare 2km da sola in mezzo alla gente. Ma non importava.

Le arrivò un altro messaggio.
"Se vai così di fretta posso accompagnarti io a casa"
Spense il cellulare e lo rimise in tasca.

Due note e un'armoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora