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Mi cadde il telefono dalle mani, e mi piegai in due, affondando le ginocchia nel cemento bagnato.
Forse me lo stavo solo immaginando, mia madre, lei non poteva...non anche lei.
Sentivo un'angosciante sensazione di oppressione, e lo sconforto mi travolse completamente.
Mi strinsi la felpa, all'altezza del cuore con una morsa, come ad attutire il dolore.
Guardavo il pavimento, e piano piano sentii le labbra allargarsi.
Stavo sorridendo, e mi misi a ridere.
La situazione era talmente assurda,
che non riuscivo a comprenderla, a malleare
le cose, così da darle il senso che dovevano avere.
Avrei dovuto piangere, avrei dovuto urlare, come avrebbe fatto chiunque.
Ma non riuscivo a farlo, avevo la voce strozzata, e solo un pensiero nella testa.
Rimasi minuti piegati lì, poi lentamente, perché le mie gambe erano come massi pesanti, mi alzai.

Sapevo dove mi stavo dirigendo, ora sarei riuscita a farlo.
Non c'era più il ricordo della rabbia a cui aggrapparsi.
Ora ero cosciente, per quel dolore che volevo vivere al posto di alleviare.
Non avrei dimenticato, come stavo per fare prima, non avrei avuto ripensamenti, non mi avrebbero nemmeno sfiorato adesso...in fin dei conti ...cosa avrei potuto perdere di più ?

Arrivai di fronte a un porco.
C'era qualcuno lì seduto, a ripararsi dalla pioggia.
Ma solo una figura in ombra.
Continuavo a camminare nella sua direzione, mi avvicinavo ancora, e ancora.
Avevo un presentimento.
La figura mi notò, e vedendomi andarle in contro si alzò a sua volta.
Avevo le mani in tasca, la testa china con il cappuccio ormai fradicio.
Mi dirigevo a falcate verso la sagoma, e a qualche metro di vicinanza alzai lo sguardo.
Era lui.
Tolsi le mani dalla giacca, con i pugni serrati.
Non so quando sia stato, non me ne accorsi neppure.
Ma lo avevo colpito, e lui era indietreggiato.
<E tu chi cazzo sei?!>.
La sua voce mi arrivò come uno schiaffo in faccia, e un impulso improvviso, di rabbia, mi scosse così rapidamente, che lo colpì di nuovo.
Non lo vide arrivare come il primo.
Alzai la testa lentamente, e risposi a quella domanda.

<Il tuo peggior incubo>








...
Mikey's pov

Ero seduto con ken-chin al riparo dalla pioggia, ma erano passate ore ormai, e non voleva smettere, quindi decisi di andare a casa, nonostante mi fossi bagnato.
Passai per un parco, bloccandomi di colpo.
Lì davanti c'era Kisaki, lo avevo riconosciuto subito.
Mi venne in mente, come un ricordo che riaffiorava, ciò che aveva fatto al padre di quella ragazza, e un senso di ribrezzo mi percosse.
Notai poi che non era da solo, c'era una figura che non riuscivo a distinguere, era tutto incappucciato.
Sbarrai gli occhi non appena vidi Kisaki prendersi un pugno in piena faccia.
Mi avvicinai un po' per vedere meglio, e il tempo di spostarmi leggermente, un'altro pugno gli era arrivato allo stomaco.
Solo un pazzo si sarebbe messo contro di lui, e quel tipo lì a quanto pare voleva morire.
Kisaki ora si stava avvicinando in modo veloce, fece per dare un gancio, ma quella figura si abbassò rapidamente, e la spinta che aveva preso, con il terreno bagnato, gli fecero perdere per un attivo l'equilibrio, e il ragazzo incappucciato sfruttò l'occasione per tirare un altro pugno.
Vidi del sangue schizzare.
Quanto doveva essere forte?
No...non era quello, aveva tecnica.
Sentì parlare a quel punto, Kisaki stava dicendo qualcosa, ma non capì appieno, ma per la reazione che scatenò nell'incappucciato, non era niente di buono.
Tuonò su di lui più velocemente di prima, quasi non riuscì a seguirlo con gli occhi.
Lo aveva steso per terra adesso, ricoprendolo di calci, e prima che Kisaki si potesse alzare gli afferrò il colletto.
Lo trascinò verso una panchina di pietra, per poi...
Sentì fin da qui, scricchiolare qualcosa, e per un istante chiusi gli occhi.
Lo aveva preso dalla testa, colpendola contro la panchina.
Rimase a terra per un po', per poi riprendersi barcollando.
La figura vestita di nero si avvicinò a passi lenti mentre diceva qualcosa.

Non so chi sia quel tipo, ma lo voglio scoprire assolutamente.
Solo qualcuno fuori di testa poteva andare in contropiede a Kisaki, e riuscire -da quello che vedevo-, a tenergli testa.
No..nemmeno, stava troneggiando su di lui.

Y/n pov

Vedovo la figura di mio padre, la sagoma di mia madre, niente di più.
Stava barcollando, lo avrei finito.
Mi fermai a qualche centimetro di distanza da lui, bloccata dal senso di vendetta stesso.
Questo non è abbastanza.
Gli feci una domanda: <come ti sei sentito?>,mi guardò interdetto, e allora continuai, <voglio sapere come ti sei sentito dopo aver ucciso mio padre>.
Mi guardò per lunghi istanti, poi vidi uno scintillio nel suo sguardo.
<Non dirmi che...quel uomo era tuo...> rise.
Stava ridendo.
Lui rideva di me.
<Vuoi sapere come mi sono sentito?
Nulla.
Assolutamente nulla>.
Rise di nuovo mettendosi bene in piedi.
<Nulla, perché non mi sarei mai sporcato le mani direttamente.>
Mi si spezzò il fiato.
"Ha preso le redini della banda dopo che hanno messo suo fratello in carcere, ma ingrandendola di più, è diventata un'organizzazione più grande, più pericolosa", improvvisamente mi venne in mente quello che disse il biondino in ospedale.
Lui non si era sporcato le mani, non aveva bisogno di farlo.

Volevo farla pagare a chiunque avesse ucciso mio padre, ma non era un chi la domanda, ma..."quanti?".

<Hai della mani pesanti per essere
una ragazza sai?>, disse asciugandosi il naso che colava di sangue.
<Un vero peccato che tu sia rimasta da sola bambolina>, e mi sorrise.
Non riuscivo più a muovermi.
Guardai il vuoto immobilizzata, sentivo il respiro calare, poi percepii i suoi passi avvicinarsi a me.
Lo sentii forte, faceva male, ma non abbastanza.
Il suo pugno nello stomaco che mi ero fatta dare, non mi scosse troppo, però mi inginocchiai.
Se ne andò e io ormai ero per terra,
distesa, con la pioggia che tamburellava sulla mia faccia.
Poi una consapevolezza mi tuonò in testa feroce.
Non avevo più una casa.
Se ora fossi tornata lì, una ragazzina senza genitori, senza parenti...
Chiusi gli occhi.

Mikey Sano x ReaderWhere stories live. Discover now