Capitolo X

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Atsumu si chiese curiosamente perché, quando era incazzato, si ritrovava sempre incastrato in qualche festa particolarmente affollata.

Era giugno ed era il compleanno di Shou-kun. Shou-kun aveva scelto di festeggiare con tutti i suoi amici. Tutti, non alcuni, tutti. Ed essendo la farfalla sociale della pallavolo professionistica, conoscendo gente addirittura oltreoceano, avendo l'anormale capacità di incontrare persone nei bagni, tra tutti i luoghi, i suoi amici non erano pochi. Per niente.

Atsumu si ritrovava in una delle mille stanze della casa di Tobio-kun di Osaka, che aveva messo magnanimamente a disposizione del grande amore della sua vita per permettergli di festeggiare in grande. Tobio-kun era convinto che ringhiare tra i denti e accontentare Shou-kun in ogni cosa fingendo fastidio avrebbe, prima o poi, compiuto il miracolo e Shou-kun si sarebbe reso conto di lui e dei suoi sentimenti, ignorando totalmente di star morendo dietro la persona più ottusa dell'universo. Molto probabilmente, gli si sarebbe potuto presentare davanti nudo come un verme a fare la danza dei ventagli e Shou-kun gli avrebbe chiesto semplicemente se non avesse freddo conciato in quel modo. Il fatto che fosse ovviamente ricambiato, poi, rendeva il tutto molto più esilarante.

Oikawa Tooru, setter giapponese con cittadinanza argentina che gli era stato presentato appena arrivato, gli stava spernacchiando in faccia tremila prese in giro al secondo in merito alle sue (nulle) capacità di rimorchio, vantandosi di un certo Iwa-chan e sventolandogli davanti la mano sinistra con un brillocco scintillante all'anulare. Atsumu poteva vedere Tobio-kun stringere la presa sul bicchiere di plastica e aggrottare le sopracciglia talmente vicine da sembrare un'unica entità, gli occhi blu che mandavano lampi. Ad ogni dimostrazione di fastidio, il sorriso di Oikawa-kun diventava solo più odioso.

Oikawa-kun era perfido. Atsumu lo avrebbe adorato in situazioni normali, ma in quel momento non era dell'umore adatto per accodarsi a chiunque mostrasse il giusto buonsenso da molestare Tobio-kun con così grande dedizione. Inoltre, c'era un tizio con i capelli a punta che sembrava ad un secondo di tolleranza dal fare una strage. Pensò si trattasse del famoso Iwa-chan.

Atsumu era incazzato e non sapeva bene come comportarsi.

Normalmente, si sarebbe fiondato nella zona punch per affogare i suoi dispiaceri nell'unico bicchiere di alcool che si concedeva ai party, ma aveva la visione chiara del tizio dalla faccia poco raccomandabile e i capelli da gallo che aveva incrociato tempo prima alla partita contro gli Adlers intento ad armeggiare con le bevande, regalando colpi in lungo e in largo con un ghigno criminale sulla faccia e non era molto propenso a fidarsi. Se si concentrava bene, poteva vedere fumi letterali uscire da quei drink assassini e si chiese come la plastica che li conteneva non si fosse ancora sciolta al contatto.

Andare nella parte della stanza dove era concentrato il cibo significava scegliere di essere inevitabilmente fagocitato dall'assoluta malignità del mostro a tre teste Suna, Samu e Komori, che vedeva da lontano intenti a sfogare i loro bassi istinti diabolici su un Washio tristemente capitato lì per caso e prontamente arraffato da quelle entità demoniache.

Pregò per la sua anima.

Poi pensò che, forse, non poteva pregare per l'anima di nessuno, perché negli ultimi due mesi si era prodigato nella più sopraffina arte della maledizione e del turpiloquio spinto verso un tizio alto, nero e riccio a caso, e questa particolare attività aveva ormai escluso ogni possibilità del riposo dei giusti nell'altra vita, quindi niente, Washio-kun si sarebbe dovuto salvare l'anima da solo.

La cosa positiva era che, in quei due mesi, aveva avuto modo di pensare.

Oooh, quanto aveva pensato. Non c'era stato un secondo libero dal pensiero di quel grandissimo stronzo di Omi, che prima gli gemeva nell'orecchio chiamandolo con la voce più oscena dell'universo, lasciandogli il cuore stretto, lo stomaco svolazzante e conclusioni personali così profonde che avrebbero spaventato qualcuno con molta più tempra morale di lui, e poi si divertiva a sparire.

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