2. Nessuno ti darà una seconda possibilità

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Appoggiai le mani alle rocce, pronto a issarmi per mettermi in salvo, ma la voce della città tornò a tormentarmi. Solo la mia morte l'avrebbe zittita? 

Uscire dall'acqua significava ritrovare l'angoscia degli ultimi anni, la solitudine acuita dalla mancanza di mia madre, l'odio ostentato dai camoglini, l'odore di pesce e di nafta del peschereccio. 

Ogni giorno, uguale, lento, ostile, difficile, privo di qualsiasi affetto se non quello del mio cane. Ogni giorno, senza l'abbraccio sincero di qualcuno, senza alcuna condivisione, senza risate, senza dialogare del più e del meno. 

Avrei potuto chiamarla vita, quella?

Mi voltai verso il mare aperto e nuotai per mettermi al sicuro dalla codardia. Braccia e gambe persero la coordinazione, scosse dai tremori. Respirare era sempre più doloroso, i polmoni bruciavano, mi venne da piangere, non riuscii nemmeno in quello.

In quella tremenda notte, io e Lara sedevamo a poppa del mio Hallberg-Rassy e l'amore ci isolava dal mondo, i fulmini avevano appena iniziato a venare il cielo di elettricità che ci ritrovammo in acqua. Ho ricordi vaghi, confusi, la sua mano alzata nella tempesta, milioni di metri cubi di onde nere, un urlo. E la sua espressione quando capì che non sarei riuscito a salvarla. La speranza le era scivolata dagli occhi deformandole il viso in una maschera grottesca, l'ultima espressione che avrei visto di lei si sarebbe sovrapposta a quella usuale di affetto, offuscandone la dolcezza e rendendo ancor più acuto il dolore.

Il susseguirsi degli eventi fu caotico, repentino, ogni cosa che avevo sotto controllo smise di obbedire, quasi che la mia barca fosse diventata l'adolescente indomito che ero stato anche io, in quel momento non avevo paura, ero certo che sarei riuscito a raggiungerla, a stare con lei, ad aiutarla.

Lara sapeva nuotare, non aveva molta resistenza, ma assieme... assieme saremmo arrivati ovunque, anche a superare le Colonne d'Ercole!

Era accanto a me, ho allungato il braccio, mi ha supplicato mentre tendeva la mano perché la prendessi, ma era distante. Un attimo sedevamo spalla contro spalla e quello dopo eravamo agli antipodi. Com'era potuto succedere? 

C'era lo stesso gelo di quella sera, lo doveva aver sentito anche lei, ora quel freddo ci avrebbe uniti per l'eternità.

Mi aveva chiesto di portarla a largo, voleva dirmi una cosa, il vento modellava la sua voce in una carezza. Perché voleva dirmela solo in barca? Il meteo aveva previsto tempesta, l'avevo portata lo stesso. Non avrei dovuto. Il mio orgoglio non era riuscito a dirle di no. Ero stato il più giovane velista che aveva fatto il giro del mondo in solitaria, quante tempeste avevo affrontato da solo? Ero talmente pieno di me che l'avevo messa in pericolo e la mia superbia l'aveva uccisa! L'acclamato bambino prodigio non aveva riportato a terra la sua donna, mentre lui si era salvato. Il bambino prodigio, diventato adulto, era solo uno sbruffone incapace di governare la sua barca.

Quando tutta l'acqua ghiacciata del Mar Ligure mi sommerse, come riuscii a salvarmi? 

Il tempo si dilatava e mi tormentava trascinando con sé le immagini di altri ricordi in un caleidoscopico vorticare senza inizio né fine.

Rivedevo il sorriso giovane di mia madre, una lettera senza firma dell'uomo che non m'aveva riconosciuto come figlio, gli occhi taglienti dei camoglini mentre partivo per il giro del mondo in solitaria.

I brividi cessarono. Galleggiavo a morto senza più avvertire gli arti, a parte l'unica sensazione che qualcuno avesse legato a ciascuna gamba una palla di ferro per farmi affondare. 

Cinque anni di tormento e rimorso.

Quando le gambe sprofondarono nell'indaco liquido trascinando dietro il resto del corpo, capii che era il momento dell'addio. Com'era triste dire addio quando non potevo piangere, quando non potevo dirlo a nessuno.

Il mare mi inghiottì. Salato. Freddo. Nessun rimpianto, solo rimorso e speranza di redimermi con la morte. L'aria fuggì dai polmoni diventando acqua. L'istinto di respirare mi fece muovere le mani per risalire in superficie, ma non riuscii. Il cervello, smanioso di continuare quella vita orrenda nonostante tutto, continuava a ordinare ai muscoli di flettersi, ma loro rimanevano immobili, soggiogati dall'ipotermia. E al desiderio del mio cuore.

«Ho scelto di cambiare vita per te e ora ti comporti da codardo.»

Una nuova voce emerse dall'abisso.

«Ti ho donato ciò che ora stai buttando via».

Aveva qualcosa di familiare.

«Ti ho insegnato il coraggio, ma l'hai dimenticato.»

Nessuno ha più bisogno di me.

«Non ti ho dato la vita perché altri avessero bisogno di te.»

L'hai fatto perché ammazzassi una ragazza meravigliosa?

Quella presenza in forma di voce si affievolì, le ultime parole furono solo un'eco lontanissima.

«Ai codardi non è data una seconda possibilità.»

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