⭐ 36.Gabbie d'aria ⭐

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di scarlet_aster

di scarlet_aster

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Giudici

andeloncurse e crilu98


Genere

Narrativa generale


Trama a cura di scarlet_aster

Un tatuaggio, una cicatrice e un numero di cinque cifre, ecco tutto quello che aveva.

La ragazza non ricordava nulla del suo passato, odiava il suo presente e, per quanto ne sapeva, per lei un futuro non c'era. Per questo quando una notte una voce misteriosa le propone di fuggire accetta.

Ma le cose non sono mai quello che sembrano e quello che era cominciato con un semplice desiderio di libertà sfocia in una corsa apparentemente senza fine né meta.

Quando obiettivi diversi si mischiano e collidono si rischia di non arrivare da nessuna parte.

Ma se non si ha un posto da raggiungere, né uno in cui tornare, non è forse un traguardo il fatto stesso di non rimanere dove non si riesce a stare?


Intervista

Come è nata l'idea di scrivere questa storia?

Mi piacerebbe poter raccontare di un incontro con le Muse, ma la verità è che sin da bambina ho avuto problemi d'insonnia e l'unico modo che avevo trovato per riuscire ad addormentarmi era immaginare, inventarmi delle storie. Diventando più grandina e scoprendo la scrittura ho poi cominciato a buttarne giù qualcuna, ma più per sfogo che per altro. I miei personaggi erano (e in parte sono) infatti tutti tristi, o arrabbiati, o irrisolti, come lo ero (e in parte sono) io. Erano tutte storie "passeggere", però. Impressioni d'istanti. Per questo quando ho fatto la conoscenza di 10173 mi sono resa subito conto che fosse diversa dagli altri, perché non se ne andava. Non raccoglieva in sé soltanto emozioni momentanee, ma i miei momenti tutti. E così anche facevano il mondo in cui era inserita e chi la circondava. Più li pensavo, più mi sembravano reali, più li scrivevo e più parole trovavo da dargli. Non so se questa storia sia mai davvero "nata", in un certo senso è come se fosse sempre stata in me, in potenza.


Hai fatto delle ricerche per l'ambientazione del tuo romanzo? O nasce da un avvenimento reale?

Allora, rispondo a partire dalla seconda domanda.

Tutto in "Gabbie d'aria" è reale. È reale nella misura in cui traduce ricordi, situazioni e sentimenti che sono stati miei davvero.

Io scrivo sempre e solo di quello che conosco perché penso che al di là delle parole ci debba essere altro, altro che non avrebbe altrettanta forza se "finto". Oltre a raccontare io anche recito e penso che il principio alla base delle due cose sia lo stesso: il pubblico ti deve credere. E perché ti creda devi essere credibile, vero. Questi erano gli intenti, giudicherete poi voi se ci sono riuscita o meno.

Dopodiché la mia storia non ha un'ambientazione specifica né nel tempo, né nello spazio. Questo essenzialmente per due motivi: perché il punto di vista principale è quello della protagonista (per cui "quando" e "dove" non hanno né significato, né importanza) e perché volevo che ci si concentrasse di più sull'introspezione dei personaggi piuttosto che sul contesto.

Ho comunque fatto un sacco di ricerche, in realtà. Un po' perché ho la fissa per i dettagli (sono arrivata a studiarmi un manuale per costruire ascensori...), un po' a causa di diverse mie mancanze, soprattutto per quanto concerne l'ambito "automobilistico-stradale". Essendo veneziana (di Venezia, Venezia) la mia ignoranza in materia era imbarazzante. Lo è ancora, in effetti, ma meno.

Per il resto i luoghi appartengono tutti o quasi a memorie a me care, di viaggi per lo più. Ho cercato di combinare le energie di vari posti in un mondo coerente e "vivo". Non so se mi sono spiegata. Nella mia testa ha senso.


Quale parte fino a ora ti ha emozionato di più scrivere? Quale, invece, è stata la più difficile?

Domanda difficile... potrei rispondere "tutte" e "tutte", ma mi sembra un po' troppo semplicistico.

Diciamo che ogni capitolo per me ha una sua importanza particolare, ma se proprio dovessi scegliere direi che i miei preferiti sono il primo, il quinto, il dodicesimo, il ventunesimo e il ventiquattresimo.

Il primo e il quinto perché la storia è partita da lì, da immagini ricorrenti che piano piano si sono cristallizzate in quelle frasi.

Il dodicesimo perché scriverlo è stato scrivermi. Ci ho affidato alcune tra le mie fragilità più grandi, motivo per cui gli è stata dedicata una cura di mesi: dover fare in modo che fosse "bello", estirpando da quella che è una confessione genuina di 10173 tutto il carico di sofferenza che era mio soltanto mi ha dato modo di comprendermi, e di iniziare a guarire.

Il ventunesimo perché custodisce per me ricordi particolari di cose che ormai vivono solo lì.

E il ventiquattresimo perché... questo è complicato da spiegare. Oltre al fatto che sia l'ultimo capitolo, è stato pensato in un momento in cui io e la mia protagonista eravamo entrambe arrivate alla fine di un percorso. Un percorso di crescita e scoperta, termini d'endiadi per un'accettazione che non siamo state in grado di concederci se non dopo ventitré capitoli. Piango ogni volta che lo rileggo, perché contiene, nero su bianco, quella presa di coscienza per cui ho faticato tanto e che ho dovuto raggiungere da sola, senza un Jack. C'è tanto orgoglio nella parola "fine" alla fine.

Invece, la parte più difficile da scrivere è stata quella in cui i personaggi, a vicenda, si fanno più male. Gli voglio bene e se soffrono loro soffro anche io... e di più non posso dire per evitare spoiler.


La storia è ancora in corso. Vuoi anticipare qualcosa ai tuoi lettori sugli sviluppi futuri?

In realtà ho pubblicato giusto la settimana scorsa l'ultimo capitolo (il ventiquattresimo, appunto).

Colgo però l'occasione per ringraziare chi mi ha letta e ha accolto le mie parole e me. Se non fosse stato per voi probabilmente questa storia sarebbe rimasta il semplice prologo di un sogno.

Vi devo la forza che mi avete dato pensando di regalarmi la sola vostra gentilezza. Grazie.

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