Anno 1 - Parte V

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"Ok, quindi a quanto pare la mia PR sta venendo qui."

Era una storia divertente, se ci pensava bene. Certo, non aveva capito cosa stesse succedendo per circa tre quarti della conversazione con l'allenatore Foster, ma alla fine il succo della questione era che aveva bisogno di un PR manager. E di uno bravo, se aveva letto bene tra le righe.

Lo offendeva il fatto che pensavano potesse creare casini solo respirando, fino a quel momento era stato nel suo comportamento migliore, non gli sembrava proprio che dovesse essere tenuto al guinzaglio come un fottuto cane senza un briciolo di educazione: non avrebbe alzato la gamba e fatto pipì sui pantaloni della federazione pallavolistica giapponese, dovevano rilassarsi tutti quanti!

Tuttavia, come la maggior parte delle cose riguardanti il mondo della pallavolo professionistica di cui doveva ancora imparare i meccanismi, decise di far contento Foster e ammise che sì, allora, era vero, doveva essere tenuto al guinzaglio. Qualunque cosa lo facesse dormire la notte andava bene.

Foster quindi, con quel suo sorriso tipicamente americano, gli piazzò davanti quindici curriculum e gli ordinò di scegliere. Fu tutto molto veloce, molto semplice. Gli diede un paio di consigli, i suoi compagni lo aiutarono a scremare quell'enormità di informazioni con una scioltezza dettata dall'esperienza e il suo capitano lo indirizzò verso Fukuda Tomoko, scompigliandogli i capelli e dicendogli che era orgoglioso di lui.

"La tua cosa?" Domandò Osamu ascoltandolo con un orecchio solo, cercando di non bruciare la carne sulla piastra e di sfilettare il pesce contemporaneamente, il tutto mentre buttava un occhio sui clienti per vedere se avevano bisogno di qualcosa. Sakusa lo aveva già avvertito che quel giorno sarebbe arrivato in ritardo per problemi dell'ultimo secondo, problemi non dipesi da lui a giudicare dal tono omicida, ma non si aspettava tutte quelle persone. Ci mancava solo suo fratello a complicargli la vita.

"La mia PR manager."

"Da quando ne hai una?" Prese la pinza e mise la carne deliziosamente abbrustolita su un piatto. "Perché ne hai una?"

"Cazzo se lo so. C'è un posto libero?"

"Guardati attorno coglione." Gli abbaiò contro. "Mi dici le peggio stronzate e questo no."

"Samu, calmati, qual è il problema?"

"Perché non mi hai avvisato prima? Ti potevo riservare un posto, questa è una cosa importante! Non so subito se sarà una giornata piena o no!" Spense la vaporiera e la aprì, controllando il riso con occhio allenato. "Se vuoi tranquillità c'è lo studio. È piccolo ma che ti devo dire, sei un deficiente, ti becchi quello che c'è."

"Oh, non preoccuparti, davvero. In caso stiamo qua al bancone." Cercò di placarlo Atsumu, buttando comunque un occhio ai tavoli. "Guarda, ce n'è uno libero là dietro. Mi pianto là."

"Sai almeno che aspetto ha?"

Atsumu si grattò la testa. "Più o meno? Cioè, ho visto la foto sul curriculum, quanto potrà essere diversa?"

Scoprì che le foto sui curriculum erano bugie sfacciate.

Fukuda Tomoko era una ragazza di circa trent'anni alta mezzo metro e con lo sguardo più lungo e acuto che avesse mai avvertito addosso su un'espressione ingannevolmente zuccherosa. Okay, no, non era alta mezzo metro ma era bassa. Tanto bassa. Li separavano tipo quaranta centimetri, a voler essere gentili.

Quando entrò, nella sua adorabile coda di cavallo e una mise neanche troppo pretenziosa, di lei riconobbe solo il sorriso sul volto morbido. Subito dietro aveva Omi, che nel suo metro e novanta era comicamente enorme, e che filò di corsa a mettersi la divisa con un cenno a Osamu, vagando con gli occhi nel locale per fare il punto della situazione prima di essere inghiottito dal reparto riservato al personale (e a lui, perché andava a letto con il capo. Oddio, no, non in quel modo, nel senso che dormiva con lui. Cioè abitavano nella stessa casa. Che brutta cosa dover spiegare roba del genere.)

Golden AgeWhere stories live. Discover now