15 settembre. Oddio, magari ci sta?

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Profumo del giorno. Askew di Humiecki & Graef, perché mi sento scombussolata e ancora non so che un profumo maschile non è il più adatto alla situazione.

L'idea di affidare casa mia a uno che ha problemi a distinguere la cantina dal solaio mi angoscia un po'.
 Fortunatamente ho modo di distrarmi.  Marta mi chiede di andare con lei alla presentazione di un'installazione di Lisa, per sostenere la nostra amica.
Lisa è un'artista, crea delle specie di sculture in movimento e cortometraggi e, incredibilmente per la tragica situazione del mercato dell'arte italiana, ci campa. Marta, come me, fa la giornalista, con più successo: siccome parla perfettamente il turco e il greco e ha il cellulare di tutti i governanti dei due Paesi, riesce a farsi pagare decentemente. Da quando si è tornata a vivere a Milano, ci frequentiamo molto. 
La presentazione si tiene al Museo Studio Francesco Messina. 
Appena Marta ed io entriamo penso: "questo me lo farei anche qui davanti a tutti".
"Questo" è biondo, non molto alto, magro e con due occhi che splendono d'azzurro e d'intelligenza. In un posto dove tutti sono vestiti da artisti o da grigi funzionari (il museo è del Comune) lui indossa un semplice maglioncino azzurro e dei jeans un po' slavati, che sul suo fondoschiena stanno da Dio. 

Non avevo un sussulto ormonale del genere da quando? Non mi ricordo neanche. Dato che siamo in una chiesa, benché sconsacrata, il mio è un pensiero da 100 Pater Ave e Gloria. Controllo la mano sinistra: niente anello. Meno male, facciamo 50. 

L'oggetto dell'improvvisa passione sta parlando fitto con Lisa. 
Dato che lei ha da fare e non conosciamo nessun altro, noi due ci sediamo e aspettiamo che inizi la presentazione.  Quando è il momento di cominciare, lui si siede accanto a Lisa. Sarà mica il suo uomo? La penitenza sale a 150, per il tradimento, seppure solo pensato, dell'amicizia.
Tutti gli interventi sono a base di "Interazione tra la sostanza materica e supercazzola brematurata come se fosse antani." 
Tranne uno. Indovinate quale. 
Lo sconosciuto dagli occhi azzurri viene presentato da Lisa come "Gianluca Bailo, docente di Restauro al Politecnico di Milano."
Restauro, bene, vuol dire che gli piaccono le cose vecchie e un po' scassate. Forse ho qualche possibilità. Ma che ci fa uno specialista di restauro a una presentazione di arte contemporanea?
Lui lo spiega: "Ho conosciuto Lisa accompagnando i miei studenti all'Isola Comacina, dove ho restaurato un monastero. Lei stava appendendo delle reti colorate su una delle Case per gli Artisti, ci siamo incuriositi e lei ci ha spiegato il suo progetto e ci ha permesso di visitare la casa. Per i ragazzi è stata un'esperienza molto interessante: hanno potuto vedere dall'interno un edificio razionalista che, normalmente, è inaccessibile a tutti, tranne che agli artisti che a turno vengono invitati a risiedervi."
Le ultime installazioni di Lisa, infatti, sono reti appese in modo da creare plasticità e movimento. Detta così, sembra una cavolata ma viste dal vero catturano lo sguardo e trasmettono emozioni. Come sia possibile non lo so, ma è lei quella che campa di arte, mica io. 
Dopo un altro paio di supercazzole la presentazione finisce e qualcuno, che non ricordo ma ringrazierò sempre, propone di andare a prendere un aperitivo. 
Andiamo in piazza Vetra e lungo la strada tento di isolare Lisa, per chiederle se Bailo sta con lei o con qualcun'altra. 
Ma due o tre uomini le stanno appiccicati. 
Quando arriviamo al locale, Gianluca è l'unico dei maschi presenti che non fa il possibile per sedersi accanto a Lisa o a Marta. Non ve l'ho ancora detto, ma sono molto belle. 
Naturalmente, vicino a lui mi ci siedo io. Scopro varie cose interessanti: allena una squadra di calcio femminile (meno male che non è pallavolo, le pallavoliste hanno gambe in doppio delle mie), per volontariato (quindi ha pure buon cuore), in quanto si tratta di ragazze con problemi familiari e un po' emarginate, perché sono lesbiche (ottimo!), ha un'ex moglie (ex, ottimo!) e un figlio di vent'anni (abbastanza grande da non costituire un problema, ottimo!).
Il discorso cade sui cognomi, faccio un paio di battute sul mio, ride, poi gli chiedo se il suo è di origine spagnola.
"No, i miei genitori sono profughi dell'Istria, è un tipico cognome italiano della zona, infatti sono nato a Trieste, anche se poi ci siamo trasferiti qui a Milano per il lavoro di mio padre. Ma ci torno spesso, abbiamo ancora un appartamento, di quelli costruiti per dargli una casa dopo che Tito li ha cacciati. Il mio interesse per l'architettura del Dopoguerra nasce da questo."
Mi parla del suo prossimo libro, sull'architettura milanese degli anni Cinquanta e di un mosaico che deve fotografare, in piazza della Repubblica. Gli dico che è un periodo sottovalutato, ma che alcuni edifici sono molto interessanti, per esempio la chiesa del Fopponino. (Sono un essere rozzo, ma un paio di cose le so anch'io). Non gli dico che invece molti altri edifici dell'epoca fanno schifo ai suini, me compresa. Lo dice lui,ma sostiene che dal punto di vista storico sono comunque interessanti.
La conversazione scorre serena e alla fine gli chiedo se usa i social e se posso chiedergli l'amicizia. 
Mi risponde che è su Facebook, ma lo usa poco.
E mi porge il suo biglietto da visita.
Oddio, vuoi vedere che ci sta?


PRECISAZIONE: all'attore Claudo Gioè è stata assegnata la parte di Claudio Bailo, senza che né lui né il suo agente ne sappiano nulla. Tanto, chi volete che ci faccia caso?



 

Su in cantina. Storia d'amore e di ediliziaWhere stories live. Discover now