No. 25 - Un giorno qualunque

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L'uomo, seguito dagli altri, raggiunge uno degli uffici interni dell'edificio vicino all'uscita di emergenza ed entra dentro. Davanti al muro, messo di spalle e dietro ad una scrivania, un uomo scalzo, vestito con una camicia bianca, strappata e macchiata di sangue, e un paio di pantaloni neri nella stessa condizione guarda una bacheca ricoperta di scritte e post-it. Appena gli uomini armati lo vedono, lo puntano subito coi loro fucili, in attesa del comando del loro capo. L'uomo, con un largo sorriso, dice compiaciuto:

-Finalmente ti sei deciso a fermarti, bastardo. Ormai avrai già capito che scappare è inutile. La tua misera vita finisce qui.

Poi accende il suo auricolare e continua:

-Signore, lo abbiamo preso. Si è rifugiato in un ufficio senza alcuna via di fuga. Aspetto i suoi ordini.

<-Ben fatto, capitano.> - Risponde una potente voce maschile dall'altra parte dell'apparecchio. - <Potete farlo fuori. Il capo ha deciso così. Quel bastardo della Fondazione ha scoperto troppe cose. La sua morte è più che giustificata.>

-Ricevuto. - Conclude il capitano e riprende la mira. - Ehi, bastardo! Sei stato condannato a morte! Hai qualche ultima parola?

L'uomo di spalle inizia a tremare e a singhiozzare. Cerca di dire qualcosa, ma le parole gli muoiono nella gola. Ha paura, e gli altri lo sanno. Stringe forte i denti per cercare di calmarsi, abbassa la testa in segno di resa. Poi di colpo si volta esclamando:

-Fermi! È una tra…

Non finisce la frase prima di essere crivellato di colpi. Spruzzando sangue, cade sulla scrivania e poi si riversa sul pavimento in una pozza rossa. Appena il capitano si rende conto che quello non è l'uomo che stavano inseguendo, ma una guardia come gli altri, lancia un urlo pieno d'ira.

-Quel maledetto bastardo! Ci ha ingannati nuovamente! Appena lo trovo, giuro che gli svito la testa, lo squarto e lo butto nell'oceano!

Il capitano fa un passo in avanti, entrando nell'ufficio, ma in quel momento il suo piede inciampa in un sottile filo. Con uno strattone, le sicure di due granate, attaccate con dello scotch ai due muri vicino alla porta, saltano via. Il capitano ha solo il tempo per rendersi conto della situazione, quando una grande esplosione lo travolge in pieno, coinvolgendo anche le altre guardie e distruggendo un paio di uffici vicini. In quel preciso istante l'uomo inseguito, con il volto pieno di ferite e con del sangue fresco, esce fuori da un'altro ufficio, lontano dalla deflagrazione. Vestito come le guardie dell'edificio, un'uniforme nera con delle strisce rosse, con uno piccolo zainetto sulle spalle, un borsone a tracolla e con un lanciagranate su una spalla, esce nuovamente sulla tromba delle scale e riprende a correre verso l'alto.

Due piani più in basso il ruggito dell'esplosione e il tremore delle pareti e delle finestre attirano l'attenzione del direttore della struttura. Le guardie si mettono subito in allerta e si guardano intorno, aspettandosi un improvviso crollo del soffitto. Il direttore, guardando in alto e stringendo in una mano una pistola, attiva l'auricolare e dice:

-Capitano Gherberth, cosa succede? - Nessuna risposta. - Capitano Gherberth, l'avete ucciso? Risponda, Capitano Gherberth! Capitano Gherberth!

Sentendo soltanto lo statico del dispositivo, impreca e da un calcio ad alcuni fogli sparsi sul pavimento. Una delle guardie, stando sempre all'erta, chiede:

-Che succede?

-Succede che quel bastardo della Fondazione è scappato nuovamente! - Esclama il direttore. - Cazzo! Avrei dovuto saperlo fin dall'inizio che quello non era un imprenditore olandese! Avrei dovuto ucciderlo subito! Mi sono fatto abbindolare come un moccioso!

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