Penelope bussò tre volte com'era sua consuetudine fare, non una perché le persone potevano non sentire, non due perché sembrava che qualcosa rimanesse sospeso nell'aria; ma tre, il numero perfetto. Entrò nella stanza. "Ti ho portato dei dolcetti, li potrai gustare con calma mentre gli altri sono al ballo". Poi improvvisamente cercò di uscire dalla camera, aveva perso tutto il coraggio per chiederle ciò che la assillava. Oh che mi è saltato in mente. Ma Marina la fermò. "Perché non entri? ce ne sono a sufficienza per entrambe". Penelope prese il vassoio e si sedette sul bordo del letto, con lo stomaco serrato dal nervosismo. "So che hanno deciso di non mandarti a casa da tuo padre". Marina annuì. "E devo ammettere che è un sollievo. Non oso immaginare la sua reazione a...". Lasciò le parole in sospeso, ma penelope capì. "Al tuo stato" concluse. Poi inspirò profondamente. "Marina, posso chiederti... com'è successo?". Penelope osservò Marina sorridere, immersa in ricordi lontani. "Torta" sussurrò semplicemente. Beh questa non me lo aspettavo... "Torta?" chiese di rimando la rossa. Marina fissò Penelope negli occhi, con lo sguardo di chi ha commesso un errore, ma è disposto a rifarlo. "Il nostro parroco, nel Sommerse, faceva sempre dei sermoni interminabili; tre, quattro o cinque ore di seguito. Non immagini la fame, la stanchezza. Fin da quando una domenica, proprio quando ero sul punto di accasciarmi sulla panca, il maggiore dei Crane. George". Fece una piccola pausa dopo aver pronunciato il suo nome, come se volesse imprimerlo sulle labbra per sentirne il sapore. Deve avere un gusto meraviglioso dalla sua espressione. "Sir George Crane mi ha passato un involucro con una fetta di torta e di biscotti. Povero parroco, se avesse visto. Dopo qualche tempo dall'incontro nell'involto ho cominciato a trovare dei biglietti. Lui scriveva, io rispondevo; e così via, per mesi, non avevo mai atteso così tanto la messa". Quando Marina finì, prese un pezzo di torta. Iniziò a mangiarla un pezzo alla volta in piccoli bocconi uno alla volta, persa nel paese dei ricordi. Penelope era rimasta incantata dalla storia, ma non aveva ricevuto le risposte che cercava. "E ora dov'è Sir George?" chiese. Marina si fece seria. "In Spagna. È andato a combattere con Wellintong. Però continua a scrivermi. Vedi". E alzò le coperte che nascondevano decine di lettere, scritte in una grafia così minuta. Penelope si chiese come riuscisse a leggerle senza una lente. "Quindi a tua condizione è dovuta esattamente a cosa?" domandò, cercando di saziare la sua curiosità. Marina si girò di scatto, guardinga. Poi rilassò le spalle e fece un sorriso. "L'amore. È stato l'amore, Penelope".

Certo, il Whisteldown è molto più interessante di me. Katarina era un'acrobata conosciuta e rinomata per la sua bravura. Aveva volteggiato, lasciando estasiati i reali di Spagna e Francia e, perfino, il Pontefice a Roma. Ma Sua Maestà, la Regina d'Inghilterra, preferiva leggere delle insulse cronache mondane, piuttosto che ammirare lei. Brinsley, il maggiordomo della Regina, entrò trafelato. "Vostra Maestà, il medico di corte vorrebbe relazionarvi sul re". Katarina drizzò le orecchie. Il vero motivo per cui faceva l'acrobata era ascoltare i pettegolezzi più succosi. La Regina sfogliò una pagina annoiata. "È mai possibile che non sia ancora stato annunciato un fidanzamento degno di attenzione". L'acrobata sorrise tra sé e sé. La Regina aveva fatto finta di niente, ma lei l'aveva vista contrarre impercettibilmente le labbra. Ci teneva davvero al marito. "Che stagione deludente" sospirò la Regina che simulava ancora indifferenza. Il maggiordomo s'intromise eccitato. "Io, se volete ho una storia succulenta su una nostra lavapiatti". Ma la Regina lo interruppe. "non mi interessano le tresche di una sguattera. Io voglio essere coinvolta, intrigata". Fece un cenno con la mano. "il medico deve dirmi che mio marito è morto, Brinsley?". Il maggiordomo, colto alla sprovvista, perse il contegno. "Oh Dio... Non penso, Vostra Maestà". "Allora ditegli che sono occupata". Katarina fu sicura di essere l'unica ad aver notato il sospiro di sollievo della Regina. Poi fece un salto mortale mentre lei ordinava "E portate qui la mia cancelleria, grazie".

Dalla camera di Daphne era emesso un vociferare che si sarebbe potuto sentire fino alla villa dei Mayfair. "I rubini o le perle, signorina?" domandò Rose a Daphne. Quest'ultima si stava preparando per la serata. Lady Bridgerton rispose per la figlia, sovrappensiero. "Oh le perle, senza dubbio.". Ma la ragazza non era d'accordo. "Mamma, forse i rubini attirerebbero le attenzioni dei corteggiatori". Poi, mentre si era poggiata la collana che scintillava sotto la luce del candelabro per vedere se si intonava, iniziò un discorso, che ebbe senso nella sua testa finché non uscì dalla sua bocca. "Se non posso mettere tutte le uova in un solo paniere.... dovrò raccogliere più uova". Eloise, seduta scompostamente su una poltrona intenta a leggere un libro, sollevò il capo. "Quel Duca ti fa girare la testa come una trottola". Daphne sbuffò, rimanendo miracolosamente impeccabile. Poi mormorò tra sé e sé. "Mi basta che faccia girare Berbrooke lontano da me". Daphne non aveva più visto Lord Berbrooke, né suo fratello, ma sapeva che il piccolo teatrino della mattina non li avrebbe trattenuti lontani ancora per molto. Nella stanza entrò la governante di corsa. Lady Bridgerton le si avvicinò. "Signora Whissel, che succede?". La donna boccheggiante le porse un pezzo di carta, Lady Bridgerton lo prese senza capire. "L'altra spiegò, meglio che poteva. "La regina, mia signora". Un mormorio serpeggiò nella stanza. Daphne domandò compostamente "Che cos'ha? È malata?". Eloise chiuse il libro. "Re Giorgio le ha fatto del male?". Perfino Rose intervenne. I domestici in casa Bridgerton venivano trattati molto meglio che dalle altre famiglie dell'alta società londinese: potevano esprimere le loro opinioni. "Quella è la sua carta intestata?". La signora Whissel non ebbe la forza di fare un cenno di diniego ad ogni proposta. "Ha scritto una lettera indirizzata a voi, signora". Hyacinth si alzò in piedi. "Che cosa dice, mamma?". Lady Bridgerton non rispose subito, era troppo impegnata a leggere, muovendo velocemente gli occhi da una parte e dall'altra del foglio. "Sono stata invitata a un tè privato con la Regina, tra due giorni". Nessuno pronunciò una parola. Un silenzio limpido si cristallizzò nell'aria. "Niente perle, mia cara. Sta sera metterai i diamanti". Daphne sorrise fugacemente al suo riflesso nello specchio.

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