12. Umana avvisata, mezza salvata

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"Mettetemi le cose in frigorifero, ci vediamo dopo" rispose tagliando corto e prendendo la giacca e la sciarpa dall'attaccapanni. Prima che sua mamma potesse raggiungerla, agguantò le chiavi dallo svuota-tasche e uscì dalla porta d'ingresso. Si fermò solamente per infilare la giacca dopo aver fatto tre piani di scale. Si palpò la tasca e sentì un rigonfiamento rassicurante. Come da istruzioni Bastiardo si era fatto trovare al posto giusto. Lo tirò fuori e controllò che stesse bene, e, nonostante il pelo del muso un po' arruffato sembrava parecchio soddisfatto della fuga da ricciocraz. I suoi occhietti neri luccicavano comunque nonostante la luce fioca delle scale. Non prestò troppa attenzione ai rumori che venivano da casa sua, tre piani più in su, aveva cose ben più importanti a cui pensare. Anni prima si sarebbe sentita in colpa a omettere dove stesse andando davvero, ma quelli erano tempi andati, in cui aveva ancora paura.

Nonostante fosse venerdì e nonostante fosse sera, aveva un impegno importante. Avrebbe preso la linea serale per andare a casa di Tibu. Da lì, lei a Cato l'avrebbero accompagnata a un'altra, ennesima, riunione. Questa volta non l'avrebbero lasciata andare da sola. Da lì sarebbero poi tornati nel quartiere studentesco in qualche modo per raggiungere Kizia a casa sua. A quanto pareva Naria aveva dato una festa e abbandonarla completamente da sola in quel marasma sarebbe stato davvero meschino. Quando aveva raccontato loro quel che aveva trovato nella borsa dopo l'assemblea al teatro, subito la sera stessa chiamandole al telefono sulla via del ritorno, in macchina con Ibrahim, era rimasta più sconvolta di quanto probabilmente aveva lasciato trasparire. Doveva essere terrificante sentirsi braccati in quel modo. Dava per scontato che si fosse trattato di una minaccia da parte degli umani, ma come aveva fatto giustamente notare Kizia in tono pragmatico, poteva essere stato Apter e il suo gruppo di trogloditi a scrivere la minaccia, per eliminare due avversari in un colpo solo. Chanej non ne era convinta, ma la decisione di organizzare una specie di scorta personalizzata per Tibu era stata accolta all'unanimità.

Fuori dai palazzoni del complesso dove viveva, chicca dell'architettura razionale e del risparmio dei materiali di costruzione, la città dava gli ultimi segni di vita prima di addormentarsi. Non che Mediterra dormisse mai davvero. Le linee metropolitane chiudevano a mezzanotte, e anche i tram, e i pullman notturni diventavano davvero pericolosi solo dopo una cert'ora e senza famiglio. Con Bastiardo al suo fianco c'era poco che un borseggiatore base avrebbe potuto fare. Dalla sua parte c'era anche l'aspetto, i simili non si attaccano tra loro, quindi quando si sedette vicino alle porte di salita del pullman non sembrò così fuori luogo nel panorama urbano. Non era ancora l'ora dei disperati sui mezzi, c'erano ancora lavoratori di ritorno, impiegati con gli occhi cerchiati e qualche studente di ritorno da qualsiasi attività svolgessero i liceali umani a quell'ora. Ne approfittò per infilarsi i guanti e controllare il cellulare, mentre le luci dei lampioni venivano distorte e stirate come nastri luminosi ogni volta che il bus accelerava. Le fermate da fare erano dieci, ma senza traffico non ci mise nemmeno molto. Era solo la prima piccola parte di una ben più lunga attesa che l'aspettava, al freddo. Pensandoci avrebbe potuto prendere qualcosa di più pesante per affrontarlo, seduta in un corridoio della politecnica non riscaldato. Kizia doveva studiare e aiutare Naria a preparare l'appartamento. Pallia era da sua madre e sarebbe arrivata con la macchina all'ultimo minuto. Rimanevano lei e Cato a poter offrire i loro servizi, nonostante Chanej dubitava che in una situazione di bisogno il ragazzo si sarebbe dimostrato di particolare intraprendenza offensiva. Aveva buoni riflessi, l'aveva visto bene durante il breve scontro prima del seminario, ma non l'avrebbe mai definito un tipo da rissa. La faccia pulita, l'aspetto eternamente ordinato e i vestiti sempre stirati in maniera impeccabile lo rendevano un umano parecchio strano per lo standard "Gladiatore da cartellone pubblicitario" che tanto veniva propinato in giro. Non si sarebbe stupita troppo a scoprire che avesse origini celtiche. Biondo, occhi chiari, pelle pallida. L'altezza era l'unica cosa molto latina. Per quanto agli umani piacesse bearsi della grandezza di Roma, non vi era assolutamente nulla di grandioso nella statura media. Dall'altro lato Ibrahim, dalla Trinacria, di origini probabilmente nordafricane, era un gigante. Molti puristi dell'estetica latina sarebbero rabbrividiti all'idea, per fortuna molti di loro erano morti con le loro idee bizzarre e dannose, sepolti in un qualche cimitero di stato da cui non potevano più far male a nessuno. A una fermata salirono sul pullman tre ragazzi che Chanej capì immediatamente essere strighi. Non tanto per l'abbigliamento colorato, che seppur di rado anche gli umani sfoggiavano, ma per l'espressione. Lo sguardo da preda braccata che sa comunque di essere pericolosa, e anche per i tatuaggi sulle mani uno di loro, un sole e una luna nella foggia degli antichi manoscritti pre-romani che spesso finivano sui libri di storia magici. Difficilmente un umano avrebbe potuto conoscere quel tipo di rappresentazione. Si sedettero dal lato opposto del mezzo. Sentì Bastiardo agitarsi nella tasca e temette che stesse per succedere qualcosa di pericoloso da innescare il meccanismo di protezione del suo famiglio, ma al contrario lo vide solo appoggiare le zampette anteriori all'orlo della tasca per sporgere il muso. Dalla tasca della giacca a vento di uno degli strighi seduti spuntò un musetto triangolare verde acceso. Il piccolo serpente fece guizzare la lingua un paio di volte, e il suo padrone notò lo scambio di sguardi tra famigli e accennò un saluto. Chanej rispose per cortesia e iniziò a contare le fermate mentre i due spiriti si osservavano. Non riusciva a capire se fossero tranquilli e stessero in qualche modo conversando senza aprire bocca, o se si stessero semplicemente studiando. I famigli erano tutti strani, molto più simili a persone piuttosto che agli animali di cui prendevano la forma. Mediamente non parlavano ma trovavano il loro modo di comunicare, a parte Bradamante che era ancora più strana per gli standard dei famigli. Bastiardo rientrava nella media, per essere uno spirito molto giovane era pieno di energie e spesso si controllava male, in compenso era una palla di aculei molto protettivo, anche a sproposito. Allungò un dito e gli fece una carezzina sulla testa.

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