"Asher, vieni giù da quell'albero. Si sta facendo tardi e ci scopriranno se non rientriamo prima di cena" urlò Dylan all'amico.

Era un caldo pomeriggio di fine estate. Le lezioni al college erano ricominciate solo da una settimana e i due ragazzi potevano ancora permettersi di spendere il proprio tempo libero vagando nel bosco, anziché passarlo sui libri.

"Sì, sì, ho fatto" rispose Asher infastidito, poi ripose il blocco da disegno e la matita nello zaino e si voltò per scendere. Mentre era alla ricerca di un ramo corto su cui appigliarsi, notò qualcosa di strano in lontananza.

"Dylan?"

"Cosa c'è? Non riesci più a scendere?" il ragazzo sgranò i grandi occhi castani per la sorpresa, dato che conosceva bene le doti da arrampicatore di Asher.

"No," fece quest'ultimo "non vedi anche tu del fumo laggiù?"

Dylan tentò di acuire la vista, ma non riuscì a vedere niente.

"Andiamo a controllare?" chiese Asher, ancora in cima all'albero.

"D'accordo."

Il ragazzo saltò e, in meno di un istante, fu al fianco di Dylan.

I due si incamminarono velocemente, addentrandosi nella foresta.

Procedettero per qualche centinaio di metri in silenzio. Non era però insolito per loro passeggiare senza conversare. Si recavano in quel luogo perché entrambi amavano la pace della natura. Asher vi si immergeva con la mente, imprimendo in essa ogni dettaglio e riproducendolo poi nei suoi disegni; mentre Dylan vi si connetteva col corpo, facendo lunghissime escursioni fuori dai sentieri, correndo ed osservando flora e fauna.

Alla vista del fumo, fu Dylan a parlare per primo: "Ash, guarda: avevi ragione."

"Io ho sempre ragione."

Una motocicletta color sabbia era scivolata sul fango e l'impatto doveva essere stato tanto forte da distruggerne parafango, sella e serbatoio.

Dylan corse ad aiutare la ragazza rimasta incastrata sotto alla moto, mentre Asher si diresse verso il ragazzo con l'impermeabile arancione che sembrava aver fatto un brutto volo e, pertanto, si trovava ad una certa distanza dal luogo dell'incidente.

"Ehi, stai bene?" chiese Dylan, dopo aver sfilato la caviglia della ragazza da sotto alla moto.

Lei si limitò ad annuire.

"Come ti chiami?" le domandò impaziente, slacciandole il casco.

"Come sta Noah?" chiese lei debolmente.

In quel momento Dylan fece ad Asher una domanda con gli occhi e, quando quest'ultimo scosse la testa, Dylan sentì un peso sul cuore. Non poteva essere lui a dare la notizia alla ragazza. Non in quel momento, non così. Eppure, non poteva neanche mentirle.

"Riesci a camminare?" intervenne Asher che, nel frattempo, si era avvicinato.

"Non lo so."

I due ragazzi la tirarono su delicatamente, ma lei perse i sensi e per poco non cadde di nuovo nel fango. Asher e Dylan la trattenevano insieme, procedendo a rilento verso il campus.

"Cosa facciamo?" domandò Dylan.

"La portiamo in camera nostra e poi decidiamo." La risposta di Asher fu secca.

"Vuoi tenerla nascosta? E l'altro ragazzo, vuoi lasciarlo lì?" Domandò Dylan incredulo.

"Dobbiamo prima aiutare lei e non aspetto di certo con impazienza la ramanzina del preside. Inoltre, non penso che al ragazzo importerà aspettare." Il tono di Asher era risoluto ed un tantino ironico, come sempre.

I diari di Noah WrightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora