Capitolo 39

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Non è mai facile ammettere a sé stessi i propri limiti, figuriamoci ad altri.

Non mi sono mai nascosta nella vita, ho sempre vissuto di trasparenza e ho sempre preferito una triste verità ad una bella bugia. Sono cresciuta in mezzo ad una menzogna sbugiardata nel peggiore dei modi, ed ho sempre abborrato la mancanza di verità e l'abuso delle convinzioni della legittimità delle bugie bianche.

Cosa sono esattamente le bugie bianche? Solo perché c'è il colore bianco che indica purezza ed innocenza, rende effettivamente le bugie tali? Il colore è pur sempre preceduto dal termine bugia, e non ci sono molti escamotage descrittivi per questa parola.

Una bugia fa male, indipendentemente dal grado di serietà e gravità che la persona che la vuole dire si porta sulle spalle.

Non volevo comunque che la mia futura cena con Jeremy rimanesse un segreto. Lo avrei detto prima o poi...ero già rimasta bruciata quando avevo provato ad omettere la mia parentela con mio padre, cosa che stranamente non mi si era ritorta contro come pensavo anzi, le persone che mi circondavano avevano capito quali fossero le mie reali intenzioni sulla questione. Ma avevo imparato a mie spese che nulla rimane sepolto in eterno.

Sapevo che avrei dovuto tirare fuori questa storia. Non avrei potuto continuare a pendere dalle labbra di Dylan aspettando sempre che tirasse fuori le parole giuste che mantenessero viva la fiamma che ci legava indissolubilmente. Dovevo tagliare di netto la corda arrivata al momento giusto, ma di certo non mi sarei aspettata di sputarlo fuori con tale spontaneità proprio qui ed ora. Soprattutto non dopo aver ammesso a me stessa di essermi innamorata di nuovo della persona sbagliata.

È per questo motivo che, cosciente del mio stesso dolore fisico nel momento stesso in cui pronuncio quell'amara verità, il pugno che mi passa vicino al viso che si va a scontrare contro il legno spesso della porta spostando l'aria, non mi sorprende. Chiudo solo gli occhi mordendomi il labbro per evitare che le lacrime solchino il mio viso per il dolore al petto che sento crescere senza controllo e non per la paura che possa farmi male, perché non mi sfiorerebbe nemmeno con un dito con cattive intenzioni.

Il ringhio di frustrazione del ragazzo addosso a me, fa vibrare il mio petto, che in questo momento è così vicino al suo da avere l'impressione di riuscire a sfiorare il suo cuore rotto e sanguinante che somiglia tanto al mio.

Inspiro l'aria circostante con fatica, per trovare poi un coraggio che non sapevo neppure di avere, per sollevare una mano e afferrargli il polso delicatamente.

Dylan non si oppone ma è rigido e freddo come la pietra. Sembra di essere tornata ai primi tempi quando mi appariva come una muro di cemento armato invalicabile ed impossibile da abbattere.

Mi rendo conto di respirare a singhiozzi strozzati solo quando gli occhi verdi del maggiore si posano sui miei

"Prendi respiri profondi, incameri aria troppo velocemente" la voce è appena udibile, ed è così rauca che sembra abbia urlato per ore ininterrottamente. Eppure guardandolo sembra che urlare lo abbia fatto, solo che dentro di sé, al sicuro nel suo guscio protettivo dove nessuno può vedere quanta fragilità nasconde e quanto questa sia preziosa

Sentirlo preoccuparsi per me anche ora, nonostante abbia appena raso al suolo ogni sua aspettativa e speranza, mi fa così male che mi sento improvvisamente in dovere di fargli sapere, a modo mio, che a me di lui importa...più di quanto entrambi ammetteremo mai a voce alta.

"No" tuona con tono che non ammette repliche

Sbatto un paio di volte le palpebre sorpresa da questo suo improvviso rifiuto e lancio una rapida occhiata alle spalle del maggiore dove noto gli occhi sbarrati ed i visi bianchi come lenzuoli della coppia dei nostri amici più fedeli

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