Castelli di carte

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Filippo aprì gli occhi a causa della luce che entrava dalle due finestre aperte, la prima cosa che notò furono le pareti completamente bianche della stanza, non aveva riconosciuto il luogo in cui si trovava, quindi si alzò di scatto e si mise a sedere sul letto, un dolore lancinante lo colpì all'addome, abbassò lo sguardo e si accorse della presenza di una fasciatura.
Quella visione bastò a fargli venire un flashback di ciò che gli era accaduto.
Carmine che veniva aggredito, lui che si metteva in mezzo, il sangue che fuoriusciva a dismisura e poi il vuoto.
I ricordi si fermavano lì.
Si tolse le lenzuola rigorosamente bianche di dosso e mise i piedi a terra.
Neanche il tempo di fare un passo che una voce lo distrasse, vide la figura di qualcuno correre verso di lui
- Chiattì!- esclamò, colui che poi si rivelò essere Carmine, appena si era accorto che il suo amico si era svegliato, si era precipitato all'interno, aprendo in malo modo le porte dell'infermeria e facendo sussultare il commissario, che si era appisolato un attimo su una delle sedie in sala d'attesa
- Carmine..- disse solo, per poi ricevere uno scappellotto da quest'ultimo, che aveva la faccia pallida
- Ma sij tutt scem?!-
- Ahi!- manifestò il suo dolore
- Perché lo hai fatto?- chiese, ancora un po' dolorante
- Fatto cosa?- domandò, frastornato
- Metterti in mezzo, strunz.-
- Ma che avrei dovuto fare? Lasciare che ti aggredisse in quel modo?- replico Filippo, sul viso un'espressione ovvia
- Ma statt zitt!- lo ammonì il napoletano, qualcun altro entrò nell' infermeria, facendo voltare i due ragazzi
- Comandante.- parlò Carmine, Massimo Valenti fece un cenno verso di lui, le mani in tasca.
- Salve.- salutò il milanese, alzando la mano
- Come ti senti?- chiese verso Filippo, che scrollò le spalle
- Tutto a posto.-
- Mi fa piacere..- asserì, s'interruppe quando si accorse di un'altra presenza nella stanza
- Dottore.- disse Valenti.
Il medico aveva circa 40 anni, viso ovale, capelli tendenti al grigio, occhi marroni ed occhiali senza montatura erano appoggiati precariamente sul suo naso, Filippo credeva sarebbero potuti cadere da un momento all'altro, era un'impresa ardua resistere all'impulso di sistemarglieli con il dito indice.
- Buongiorno a lei, Comandante.-
- Allora, dottore...- iniziò Carmine
- Qual è la diagnosi?-
- Nessuna diagnosi, ragazzo. Il tuo amico sta bene, è svenuto a causa della perdita eccessiva di sangue.-
Spiego il medico, mentre si sistemava il camice
- Puoi anche tornare in cella, assicurati prima di mangiare qualcosa, però.- continuò, alzando il dito indice con fare da genitore
- Certo dottore, grazie.- disse solo Filippo, la testa iniziava a girargli ed effettivamente lo stomaco gli brontolava.
Ma che ore erano?
- Carmine, che ore sono?- chiese verso il suo amico, che si era tranquillizzato dopo aver sentito le parole del dottore, le sopracciglia erano ancora leggermente aggrottate e le mani appoggiate sui fianchi simboleggiavano ancora un po' di preoccupazione, quello però non era niente in confronto all'espressione che aveva quella mattina, sembrava quasi che qualcuno avesse compiuto un omicidio difronte a lui, peccato che da lì a breve avrebbe dovuto compierlo lui l'omicidio.
- Sono le 14 in punto.- rispose, sorprendendolo
- Davvero? Pensavo fosse più presto.-
Commentò, tra meno di trenta minuti avrebbe avuto la lezione di piano con tutti gli altri detenuti, quindi si doveva sbrigare.
Afferrò velocemente tutta la sua roba, per poi correre spedito verso la porta
- Calmati, ragazzo.- lo ammonì Valenti, Filippo si girò verso di lui, Carmine al suo fianco
- Non credo tu debba sforzarti troppo, la lezione di oggi possiamo anche saltarla.-
- Grazie, comandante, ma preferirei di no.-
- Comm vuo tu.- detto questo, uscì dalla stanza, il passo svelto, una cosa era certa, non ne poteva più di star ad aspettare lui che alzava da quel letto.
In men che non si dica, i due erano fuori dall'infermeria, raggiunsero la mensa per vedere se era rimasto qualche avanzo, presero posto e mangiarono qualcosina, dopo di che si divisero, Filippo in sala ricreativa, mentre Carmine nella loro cella, non gli aveva detto cosa doveva fare e lui non fece domande.
Non sapeva cosa suonare, la sua testa era completamente vuota, le mani un po' intorpidite, si decise e cominciò a premere qualche tasto, era una delle ultime canzoni che era riuscito a sentire per radio prima di essere arrestato, cioè "Livin la Vida loca" di Ricky Martin, in realtà non gli era del tutto nuovo quel pezzo, prima di studiare le grandi sinfonie si dilettava in camera sua con brani di questo genere, era divertente.
In pochi minuti la classe si riempì, con grande stupore il milanese noto la presenza del suo amato compagno di cella, che non lo degnava neanche di uno sguardo, sebbene stesse morendo di preoccupazione.
Si era promesso di non provare più nulla per nessuno, tantomeno per quello lì, anche se probabilmente era troppo tardi per questo e lui ne era perfettamente consapevole.
Aveva smesso di suonare da un pezzo, aspettava l'arrivo di uno dei supervisori, magari quello con la barba e i capelli grigi, tutti i presenti lo fissavano, alcuni preoccupati, altri come se non gli fosse successo nulla, e forse era meglio così, quando tutta l'attenzione era puntata su di lui si sentiva parecchio a disagio, Ciro era con il suo gruppetto appoggiato alla spalliera del divano, ridevano e scherzavano molto rumorosamente, poi tutti quanti si voltarono verso la porta quando la testa castana di Carmine fece il suo ingresso nell'aula.
- Filippo, allor va tutt' appost?- gli domandò, appoggiando le mani sul pianoforte
- Certo, perché non dovrebbe?-
L'altro non rispose, perché fu interrotto da Naditza che si avvicinò freneticamente al milanese
- Filì, ma m vuo ricr ch cazz è succies?-
- Nulla di che, Nadi. Calmati.- cercò di tranquillizzarla lui, ma fu inutile
- Ma come faccio a calmarmi, eri coperto di sangue, mamma mia, credevo fossi morto.- spiegò, il tono fece ridacchiare Carmine
- Tu ridi? Ma se un altro po' t faciv pur sott!- replicò lei burbera, Filippo scoppiò in una fragorosa risata che fece voltare tutti i presenti nella stanza.
Il momento fu interrotto dall'ingresso di un supervisore, che battè le mani ed esclamò:
- Filippo, che bello vederti!- l'intepellato sorrise ed annuì
- Cosa ci suoni di bello?-
Detto questo, il milanese si girò verso il piano e premette qualche tasto di prova, non sapeva ancora che cosa avrebbe dovuto suonare, quindi fece ciò che stava facendo prima dell'arrivo di tutti, il sole entrava dalle finestre ed i presenti erano rapiti, mentre le note di Livin la vida Loca risuonavano nell'aria.

Alla fine della lezione tutti i ragazzi furono trascinati a mensa, era arrivata l'ora di cena, Carmine e Filippo erano seduti ad un tavolo vicino la parete, mentre Ciro e il suo gruppetto al loro solito posto.
Il milanese non aveva molta fame quella sera, fissava il vassoio stracolmo di cibo e di tanto in tanto ci passava la forchetta dentro, io napoletano al contrario aveva quasi finito, accortosi che l'amico non stava mangiando, si accigliò
- Filì, mangia.-
- Non ho tanta fame.- disse il riccio, la mano sinistra appoggiata sulla ferita fasciata all'addome
- T fa mal?- domandò l'altro, indicando quest'ultima
- Piu che far male, brucia soltanto.-
Carmine annuì e abbassò il capo
- Sient, Chiattì, io ti devo delle scuse...-
Filippo gli rivolse uno sguardo confuso
- Se non fosse stato per me, mo non ti saresti ferito, mi dispiace.-
In risposta, gli dà una pacca sulla spalla e sbuffa
- Non fare il cretino, non sono mica morto.-
- Si, ma..-
- Niente ma! Mo finisci di mangiare e va in cella.-
- Vabbuò.- rispose il napoletano, facendo ciò che gli era stato ordinato, quasi istintivamente il nordico si voltò verso il tavolo del suo compagno di cella lo trovò concentrato su Edoardo, un po' ci rimase male, l'unica persona che voleva si preoccupasse di lui, non lo faceva, ma infondo che si aspettava da un tipo del genere, non c'era nenche la minima possibilità che a Ciro si fosse smosso qualcosa dentro quando lo aveva visto in quelle condizioni, rimaneva pur sempre un criminale, un camorrista.
In realtà era accaduto l'esatto opposto, la sensazione di sollievo che aveva provato vedendo il milanese seduto al pianoforte che suonava le note di una canzone di cui non si ricordava il nome, era stata immensa, persino più grande della preoccupazione che gli aveva attanagliato lo stomaco per tutto il tempo che non aveva avuto sue notizie.
Quando Carmine lo aveva cacciato dalla sala d'aspetto dell'infermeria gli era salito l'istinto omicida, non aveva alcuna intenzione di fare scenate davanti al Comandante, però un bel pugno non gliel'avrebbe tolto nessuno in quel momento.
Diversamente dalle altre volte, non era il tono che lo aveva infastidito, ma bensì il fatto che lo avesse mandato via mentre Filippo era stato trasportato tutto sanguinante in una stanza a pochi metri da loro, quando era uscito in cortile, Pino aveva cercato di parlargli
- Ciro, tutt appost?- gli domandò, in preda alla rabbia gli aveva dato un pugno sul naso, lasciando tutto sanguinante anche lui, fortunatamente non se la prese più di tanto, lo mandò solo a quel paese, poi si fece dare un po' di ghiaccio dagli operatori nella mensa e se lo mise sulla porzione di pelle dolorante.
A pensarci gli veniva quasi da ridere.
Con la coda dell'occhio vide Carmine e Filippo che si alzavano, Edoardo gli gettò una mano sulla spalla
- Cirù, ma t' sient buon?- gli domandò
- Si, pcchè nun essa sta buon?- replicò l'intepellato
- Nient, è ca' t vec tropp distratt. Ma tu si sicur ca staj buon?-
Il ragazzo annuì solamente, non aveva molta voglia di parlare.

Ritornato in cella, Filippo entrò subito nel bagno e si lavò, non rimosse le fasciature, perché la vista della ferita avrebbe solo rischiato di farlo svenire, lì nel bel mezzo della toilet.
La pancia gli bruciava, si chiese mentalmente quanto tempo ci avrebbe messo a guarire, perché il dolore non gli permetteva di fare alcun movimento più articolato, non riusciva ad alzare le braccia, a pettinare i suoi ricci indomabili e neanche a vestirsi.
Quello sì che era un problema grosso.
Uscì dalla porta e si sedette sul letto, i pantaloni li aveva messi, era la maglia che gli stava dando problemi, non potendo alzare le braccia gli risultava alquanto impossibile infilare le maniche.
Sparava che nessuno entrasse da un momento all'altro, ma non era mai stato molto fortunato, infatti, senti che qualcun altro era entrato nella cella.
- Ma ch cazz staj cumbinann?- domandò Ciro, il tono di voce era un misto tra confuso e divertito, Filippo arrossì visibilmente
- Niente di che, mi sto vestendo.- rispose in modo vago
- Hai bisogno di un aiuto?- si rese disponibile il suo interlocutore
- No grazie.- detto questo, fece per alzarsi dal letto, ma due mani lo presero per le spalle e lo spinsero di nuovo sopra
- Statt ferm.- ordinò il napoletano, che s'inginocchiò difronte al letto e con grande pazienza gli infilò prima il colletto e poi le maniche della t-shirt blu scuro
- Grazie..- asserì imbarazzato il milanese, l'altro sorrise, ritornò in piedi ed entrò nel bagno.
Una volta dentro si diede del coglione, doveva stare lontano da quel ragazzo o lo avrebbe reso un debole.
Fece tutto ciò che doveva fare ed uscì dalla stanza, gettò lo sguardo sul letto del riccio e notò che si era già addormentato, poi, a passo svelto, si mise nel suo letto e quasi involontariamente tornò a concentrarsi su di lui, mentalmente si diceva che avrebbe dovuto lasciarlo stare, ma il suo corpo non obbediva ai comandi del cervelo, piuttosto che a quelli di un altro organo, formato da ventricoli, atri, di colore rosso scuro e grande quasi quanto un pugno.
Un organo che aveva ricominciato a battere dopo tanto tempo che era stato fermo.

Il Mare Nei Tuoi Occhi - Ciro x Filippo Where stories live. Discover now