4.IL BACIO DELLA MORTE

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Sebastian fece scroccare le nocche delle mani. Era notte.
Avanzò lentamente nel corridoio buio, reggendo un candelabro. La luce delle candele rifletteva ombre cupe ed inquietanti sul suo viso, e scintille dorate danzavano nei suoi occhi di fuoco.
Affamati.
I suoi passi riecheggiavano nel silenzio, producendo suoni sinistri.
Entrò nella stanza del signorino senza bussare. La porta cigolò.
Ciel dormiva. Le sue sopracciglia erano corrucciate, come se qualcosa turbasse il suo sonno. Mentre era addormentato, aveva l'aspetto di un dolcissimo ragazzino.
No. Era una preda. Niente di più.
Poggiò sul comodino il candelabro, e si sedette sul bordo del letto, molto vicino al ragazzo, facendo scricchiolare il materasso. Lo guardò muoversi nel sonno.
Ciel sollevò lentamente le palpebre, svegliandosi. Aveva un sonno estremamente leggero.
-Ma chi...-
Sebastian aggrottò le sopracciglia con rabbia e mosse la mano sinistra in aria con un gesto violento.
Sussurrò alcune parole segrete, e il ragazzo ricadde addormentato sul cuscino, in un sonno forzato.
Sebastian si sfilò i guanti, lasciandoli scivolare sul pavimento, come pelle morta.
Adesso o mai più.
Prese fra le mani il viso di Ciel.
-È stato bello il nostro gioco, piccola anima. - sussurrò - Forse sarà meglio se poniamo fine a tutto in questo modo. Nessun addio. Nessun dolore in più. -
Non poteva sopportare che Ciel lo guardasse negli occhi. Temeva di non farcela. Sapeva che il ragazzo non si sarebbe sottratto alla propria morte, neppure da sveglio, ma Sebastian era certo che vederlo tremare di nuovo gli avrebbe fatto sussultare il cuore.
Avvicinò ulteriormente il proprio viso a quello del ragazzo. Ebbe un momento di esitazione, ma lo represse. Chiuse gli occhi e premette le proprie labbra contro le sue, lentamente. Le dischiuse e con decisione richiamò a sé l'anima di Ciel.
I suoi occhi divennero rossi.
Fame.
Non soddisfo il mio appetito da così tanto tempo.
È tutto ciò a cui devo pensare.
Ciel teneva gli occhi chiusi, incosciente ed inerte come una bambola.
Sebastian ne percepiva il corpo farsi sempre più debole, fra le proprie braccia, e sentiva l'anima entrargli fra le labbra. Le sue unghie divennero artigli ed i denti si affilarono.
Una tale delizia gli stava facendo abbandonare ogni autocontrollo.
E poi arrivarono quelle cose.
Insieme all'anima, Sebastian vide nella sua mente i ricordi di Ciel. E sentì i suoi pensieri, un genere di pensieri che non si aspettava di udire.

Il ragazzo è nel suo studio. È solo. Si avvolge le braccia attorno al corpo.
Ha voglia di piangere, ma trattiene le lacrime. Piangere è da deboli! E lui non lo è....
Ma chi vuole prendere in giro? Lui è debole, fragile. E ha paura. Ha paura di morire. Di perdere Sebastian. Ha paura del momento in cui Sebastian si chinerà su di lui e gli prenderà l'anima. Non vuole che arrivi quel momento. Non vuole che sia lui a farlo. Trema, alla sola idea. E si sente perduto, ed immensamente solo.
Perché....
Gli vuole...
Bene...
Sebastian è un mostro, lo sa. Ma non può fare a meno di volergli bene, in un modo intenso e forte che non riesce a spiegarsi. Non gli resta nessun altro, al mondo.
A volte, vorrebbe persino essere abbracciato da lui... ma è un desiderio stupido. Tranne Elizabeth, nessuno lo abbraccia più. E lui abbraccia sé stesso, rannicchiandosi sempre di più nel suo dolore.
Stringe il suo vuoto, cercando di riempirlo, o almeno, di non udirne l'eco.

Subito dopo, un'altra immagine.

Ciel è in pericolo. Sebastian arriva a prenderlo. Se lo mette in braccio, e il bambino si tiene ancora più stretto. È al sicuro, ora che c'è lui. Con Sebastian non ha più paura di niente... e può illudersi che questo abbraccio falso sia vero, che nasconda un affetto sincero.
Sa che non è così.
Ma, se lo fosse, sarebbe molto bello. Quel demone è tutto ciò che ha, ma anche se lo stringe più stretto che può lui è lontano, distante, e Ciel sa che non riuscirà mai a raggiungere il suo cuore, anche se, poggiandogli la mano sul petto, solo la carne lo separa da quell'organo. Ma è un organo vuoto, freddo, forse neanche batte.

Tutto scomparve, comparì una scena nuova.

Sebastian ha appena messo Ciel a letto. Lui lo guarda allontanarsi, la solitudine lo divora.
-Resta con me- dice, in un impulso, rannicchiandosi sotto le coperte per non guardarlo negli occhi. Subito dopo si pente di averlo detto.
-Resta... finché non mi addormento-
Finge di volerlo perché lui respingerà le cose di cui ha paura, le ombre che ha nel cuore e nella mente, che lo perseguitano persino in sogno. Ma la realtà è che vuole semplicemente averlo vicino, vuole che gli legga qualcosa, che gli rimbocchi le coperte, che stia lì con lui, che non se ne vada. Non è un semplice desiderio di non essere solo, di scacciare la solitudine. E' un vero e proprio volere lui, solo lui, al suo fianco.
Ma allo stesso tempo, nel farlo, lo fa infuriare. Lo fa... soffrire.
Perché il ragazzo in fondo sa che è tutto falso. È consapevole che il suo affetto è... unilaterale.

Sebastian separò immediatamente le proprie labbra da quelle di Ciel, sconvolto, interrompendo il processo. Violentemente, un flusso di luce argentea uscì dalla sua bocca per tornare nel corpo di Ciel. Fu doloroso per il demone interrompere a metà un processo del genere, ma gli fu impossibile continuare.
Dunque ciò che sospettavo è vero.
Mi vuole bene. Me ne vuole veramente, i suoi sentimenti sono veri e sinceri, ma come è possibile? Tutto ciò è assurdo!
Non appena l'anima gli rientrò completamente nel corpo, il ragazzo si svegliò ansimando saltando a sedere sul letto.
-Sebastian! - Gridò.
Perché quando stai male chiami il mio maledetto nome? Smetti di farlo!
Un attimo dopo, si accorse della presenza del maggiordomo nella stanza.
Era già lì? Era stato veloce. Ma il ragazzino si accorse subito che qualcosa non andava, in Sebastian. Era letteralmente appiattito contro il muro. Tremava, e i suoi occhi erano sgranati, scioccati. Fissavano Ciel.
-Ho temuto di morire.... cosa mi è successo? - chiese, portandosi le mani alla gola. -Ho avuto come la sensazione di non riuscire a... respirare... -
-Era un.... inc ... incubo- lo rassicurò Sebastian.
-Ora va tutto bene. E' passato. Vi auguro la buonanotte, signorino- disse, sbrigativo, per poi scappare dalla stanza come se fuggisse dalla cosa più spaventosa del mondo.
Calde lacrime -sì, lacrime! - scorrevano dai suoi occhi.
In effetti era così.
Sebastian scappava da quanto di più spaventoso esistesse, per lui.
L'affetto per un bambino.
Non posso farlo. Non ci riesco. Non ci riuscirò mai.
Io non posso uccidere questo bambino.
***
Ciel rimase solo. Sebastian era uscito sbattendo la porta, e le pareti avevano tremato per una trentina di secondi. Un gesto così rozzo non era da lui, che di solito era tanto attento alla delicatezza e alla precisione in tutto ciò che faceva.
Si grattò la nuca. Proprio non capiva. Lui aveva avuto un incubo, e Sebastian si comportava in quel modo? Che senso aveva?
Certo, il comportamento degli umani spesso è difficile da comprendere, ma a volte quello dei demoni non gli sembrava da meno. Non era la prima volta che non riusciva a capire Sebastian. In effetti, c'era voluto molto tempo - anni - prima che lui e Sebastian riuscissero a capirsi l'un l'altro.
Mentre pensava a queste cose, lo sguardo gli cadde sul pavimento.
C'erano i guanti bianchi di Sebastian.
Un pensiero inevitabile gli attraversò la mente.
Sebastian non aveva mai dimenticato i suoi guanti.

UNA VOLTA I DEMONI ERANO ANGELIWhere stories live. Discover now