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L'imponenza dell'immenso studio del re sembrava intimidire il piccolo Chestmut, che la seguiva, a disagio, lungo il tappeto rosso che accompagnava il visitatore dall'ingresso ad un mastodontico trono in acciaio rosato posto al centro della stanza

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L'imponenza dell'immenso studio del re sembrava intimidire il piccolo Chestmut, che la seguiva, a disagio, lungo il tappeto rosso che accompagnava il visitatore dall'ingresso ad un mastodontico trono in acciaio rosato posto al centro della stanza.

Un quadro, tanto particolare quanto unico, riempiva completamente la parete posteriore al simbolo del potere. La cornice bianca marmorea per quanto fosse di incredibile fattura nulla poteva contro la bellezza eterea del soggetto raffigurato. Un volto fissava i suoi occhi scuri su chiunque vi posasse lo sguardo, catturandone completamente l'attenzione. Un occhio attento avrebbe notato le numerose macchie brune sulla pelle tendente al giallo, il taglio corto quasi mascolino dei capelli neri e le labbra imbronciate per smorfia. Ma Mira, che aveva varcato quella stanza innumerevoli volte, vedeva solo una donna particolarmente simile a se.

"Una stella", apparsagli in sogno poco prima della sua nascita, cosi suo padre aveva giustificato quella raffigurazione. Fin da bambina Mira aveva dubitato che le stelle avessero forma umana e pelle così scura, ma aveva intravisto, ogniqualvolta aveva richiesto una nuova spiegazione con l'insistenza e la curiosità che solo i bambini possono avere, una profonda sofferenza nello sguardo, che non si era sentita di ribattere, accettando la storia per quello che era. Una semplice storia.

Alzò gli occhi al soffitto, tempestato a vista d'occhio di spade, mazze, asce, balestre, pugnali, daghe e molti altri. Ogni singola lama, lì presente, era appartenuta ad un re, loro antenato. Ne ricordava qualcuna, lì vi era la daga di Mael, donatagli da Violenza, prima che gli dei la giudicassero per la scia di morte e distruzione lasciata alle sue spalle; là la mazza di Ryden, grazie a cui era stato intrappolato Eòwaldor, lo spirito vendicatore. Finì di ammirare con reverenza quella pioggia letale trattenuta dai manici incastonati nel muro, per riportare lo sguardo al trono vuoto.

Non vi era traccia della presenza del re o di un suo passaggio per quella stanza, eccetto quello che sembrava un piccolo libro sgualcito, che doveva essere stato letto e sfogliato molto spesso, abbandonato sul sedile del trono.

Mira avanzò a grandi passi, lasciando Chestmut un po' indietro. Lo prese curiosa, il rivestimento della copertina era in cuoio e il titolo era inciso.

Chestmut la raggiunse, il volto più sereno e rilassato, ora che non doveva trovarsi più al cospetto del sovrano.

《Un libro, esattamente quello che non stavamo cercando.》Aggrottò le sopracciglia. 《"Guida al re dei demoni e alla sua corte."》Spalancò gli enormi occhi celesti. 《Questo si che è curioso.》

Si ricordava ancora qualche storia sul re dei demoni e il suo popolo maledetto.
 
Spesso, quando i racconti che popolavano il campo di battaglia giungevano a corte, giorni di paura e terrore attanagliavano la sua gente.

Aveva sentito che il loro re era da poco diventato uomo, non era il primo per discendenza a salire al potere, la regina madre aveva dovuto perdere due vite in grembo e un principe di soli sei anni, prima che avvenisse il miracolo, ventun anni fa. O almeno, come miracolo veniva bisbigliato.

Si narrava che il potere demoniaco, seppur sopito, capace di rendere l'uomo una bestia, non fosse tollerato facilmente, e questo era la causa delle numerose morti tra la discendenza reale.

Chestmut aprì il libro con religiosa attenzione. 《Delle geste del mio popolo, il mondo intero ne sarà a conoscenza.
Ma per altre cose, ci vuole reminescenza:
Dall' infido aracnide devi guardarti.
Della cacciatrice non preoccuparti, vuole salvarti.
Ma il lavoro del lupo non intralciare, se sbranato non vuoi diventare.》Si schiarì la voce acuta. 《Poco macabro, direi.》

Mira inclinò involontariamente il capo, questa era una favola che ricordava.

In un tempo eterno, prima che gli dei popolassero la terra d'inverno di uomini, tre creature erano state create a loro volta. L'aracnide, un  piccolo essere portatore di caos e distruzione, la cacciatrice, predestinata a ristabilire ciclicamente l'equilibrio, e il lupo, suo fedele compagno.

Queste, costrette a scontrarsi per la gioia e il giubileo degli dei, avrebbero smesso solo quando uno dei loro cuori divini avrebbe esalato l'ultimo battito.

《La terra di fiamme è calda e viva.
Ma non pensar mai che sia eccessiva. Numerosi doni offre al visitatore,
Se lui non li spreca e poi muore.
Al Muro non andare,
Se le risposte non sai dare.
Devi essere esauriente, per sembrare intelligente.
Se cortese vuoi sembrare, un dono devi portare.》Chestmut la guardò afflitto. 《È un bel rompicapo. Che acciderbolina è la terra di fiamme?》

Mira non aveva mai sentito parlare di una terra delle fiamme, ma sapeva dov'era il muro e cosa ci fosse oltre. Che fosse quella? La terra dei loro acerrimi nemici?

《Credo sia la terra dei demoni.》Disse sentendosi impossessare di una nuova sicurezza. Gli occhi ormai pieni di una nuova avventura. Sapeva già come avrebbe passato le successive due ore.

A winter's tale Where stories live. Discover now