«Credo di sì.»

John non riesce a smettere di ridere.

«Povero Pratt, l'avrai spaventato a morte,» dice. «Avrei voluto essere anche io lì a vedere la scena.»

Greta si rialza, ancora con un sorrisetto sulle labbra, e inizia a rivestirsi.

«Comunque non sono ancora convinto, te l'ho detto,» esclama John, rotolandosi sul letto per avvicinarsi a lei. Poi, con un sorrisetto ironico aggiunge: «Ho la sensazione che mi mollerai per uno più giovane, come Jason».

«C'è un motivo se ritorniamo sempre qui.»

«Già,» borbotta John. Greta si sporge appena verso di lui, divertita, e continua:

«Se proprio ci tiene potrebbe aiutarci per quel filmato che volevamo girare, no?» dice, concludendo con un occhiolino mentre John subito si volta a guardarla con gli occhi spalancati.

«Non l'avevo vista in questo modo,» conviene John.

Greta sospira e si volta a recuperare i suoi trucchi, libera di sistemare le proprie cose ora che John sembra aver riacquistato il buonumore.

«Non mi hai ancora detto il nome della nuova band, comunque,» dice lei, passandosi poi il rossetto nero sulle labbra.

John mugugna qualcosa a bassa voce, e lei è costretta a voltarsi per capire il nome.

«Neftali's Heart,» fa John, aggiungendo subito dopo: «Lo ha scelto Jason».

Greta assottiglia appena gli occhi.

«E cosa significa?»

John sospira. Aveva sperato fino all'ultimo di non essere costretto a spiegarlo.

«Neftali è il nome di un alieno inventato da Valerie.»

Greta annuisce: «La bassista».

«Beh, insomma, la ragazzina è più strana del previsto ed è impegnata nel cercare di comunicare con gli alieni. Ha creato un personaggio da usare nei suoi esperimenti, l'ha chiamato Neftali, e quando ce l'ha disegnato per mostrarcelo aveva un cuore rosso enorme proprio in mezzo al corpo... Jason si è fissato con quel disegno, ed ecco il nome.»

Greta accenna un sorriso: «Sembra una storia che sentiresti in un documentario».

«E vuoi sapere qual è la parte peggiore?» si lamenta John, mettendosi seduto. «Mi sono già affezionato alla band. Ho un cuore tenero, lo sai,» esclama con tono melodrammatico.

«Sì, come con tutte le altre.»

«Beh, tutte le mie band sono mie figlie,» proclama John.

L'altra alza le spalle, poi rabbrividisce: devono cambiare la lattina per raccogliere l'acqua della perdita al piano da sopra, che sta iniziando a straripare, e non appena lo nota John si alza in fretta e furia e corre a svuotarla nel lavandino del bagno.

Nel frattempo Greta si accende una sigaretta e si guarda intorno, alla ricerca dei jeans.

«E quando potremo sentirvi dal vivo?» domanda, chinandosi per cercare sotto al letto, «o credi che tra una settimana vi sarete già sciolti?»

«Quello è successo solo una volta,» replica lui, correndo avanti e indietro per il monolocale. Posa di nuovo la lattina, ora vuota, a terra, accenna un sorriso e si gratta la pancia.

«Non vedo l'ora di rivederti dietro alla batteria. Magari proprio al Beryl, ma con la tua vera band.»

John ride, e Greta si lascia avvolgere dal corpo più imponente del ragazzo. Lui appoggia le labbra sulla sua spalla, lasciandole poi dei baci sul collo e sul mento.

UrbanaWhere stories live. Discover now