Uccidetemi. Tanto è quello che avete fatto con lei.

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Faccio sempre lo stesso sogno...
... Nel momento in cui mi schianto a terra, mi sveglio.

Urla di uomo di dolore. Mi alzo dal letto, tutta sudata. Si muore dal caldo dentro la mia stanza. Ricordo che qualche giorno fa, invece, la stanza era molto fredda. Ricordo anche che al posto di un letto dormivo appesa al muro. Ricordo che non avevo mobili, sanitari o altri oggetti. Oggi invece mi sono svegliata in un letto, in una camera calda con un wc, un telefono della doccia attaccato al muro, una dispensa con cibo, asciugamani e vestiti grigi (la divisa), un tavolo con una sedia e addirittura uno specchio. Mi tolgo il camice fradicio che ho addosso e lo poggiò sul letto. Mi faccio una doccia, calda. Non c'è sapone, ma l'acqua che esce dal telefono è insaponata. Dopo essermi lavata vado per prendere dei vestiti asciutti e passo davanti allo specchio. C'è il Nulla che mi guarda. Occhi neri come la pece, calva. Qualche cicatrice e bruciatura. Goccioline d'acqua scendono lungo il corpo. Prendo l'asciugamano dalla dispensa e me lo lego al petto. Poi prendo una divisa e la indosso. In quel momento si apre la porta ed entra un uomo col passamontagna nero con un vassoio in mano. Urla di uomo di dolore. Porta una ciotola d'acciaio con un cucchiaio. Poggia il vassoio sul tavolo e poi se ne va, chiudendo la porta dietro di sé. È la solita sbobba bianca. La mangio, sono affamata. Entra la donna col camice bianco e mi prende i parametri e i soliti accertamenti. Mi fa varie iniezioni di liquido blu e poi entra l'uomo pelato con gli occhiali col camice bianco. Prende la cartellina blu dove la donna annota i miei parametri e dà un'occhiata. Poi mi gira attorno e mi osserva. Si gira verso la donna col camice.
-Le posso parlare un attimo in privato?- chiede alla dottoressa all'orecchio sussurrando. Ma io lo sento benissimo, i miei sensi sono molto sviluppati. La donna col camice bianco esce dalla stanza, seguita dall'uomo pelato col camice bianco. Urla di uomo di dolore. Chiudono la porta dietro di loro. Sebbene sia una porta di metallo molto spessa, riesco a sentire tutta la conversazione.
-Ne è sicura, dottoressa? Sembra stare bene, ma è piena di cicatrici, graffi, bruciature... non sarebbe meglio...?
-Ne abbiamo già parlato, dottore. È meglio farle tenere tutto quanto, per adesso. L'ibernazione non è solo un rimedio per l'estetica, ma cura ogni condizione critica di salute. Le cancella anche la memoria recente e quella passata modificata, come ha potuto constatare lei stesso negli ultimi mesi. Potrebbe riacquistare la memoria passata che le abbiamo dovuto cancellare.
-Se avesse letto i rapporti sulla ragazza allora saprebbe che...
-Li ho scritti io quei rapporti, dottore.
-Allora sa benissimo che non le possiamo cancellare il libero arbitrio, come loro ci hanno chiesto di fare.
-Lo so.
-Quindi anche lei non è d'accordo?
-Non è importante cosa penso, dottore.
-Ma non basta cancellare determinati ricordi per far finta che non sia successo nulla. Quando è stata creata e educata avete puntato tutto sul farle fare le cose di sua volontà e non con l'ipnosi perché il suo cervello è troppo potente e non avrebbe funzionato. Nel corso della sua storia la sua volontà è andata da altre parti e lo sappiamo. Ma non è questo il punto.
-Il punto, caro collega, è che quella che era una volta ci ha traditi. Non possiamo più fidarci di lei, dopo il tempo che ha passato nel mondo, che ha passato con lui. L'ipnosi non funziona su lei, lo ha detto lei stesso. Questo è l'unico modo per averla indietro.
-Si aspetta che le iniezioni funzionino davvero? Il cervello non lavora così. Il suo per lo meno. Non è un video su YouTube del quale si può abbassare la qualità per farlo caricare prima. Si rischia addirittura di farle perdere le sue straordinarie capacità.
-Per ora non sta succedendo niente del genere. Le sue sono preoccupazioni inutili.
-Quello che ha sempre fatto funzionare la ragazza là dentro è la sua volontà. Non è stata programmata per essere una macchina.
-Eppure ora è fatta per la maggior parte di vibranio. C'è qualcosa di concreto che alla peggio va a sostituire le sue capacità perdute con le iniezioni. Sempre se dovesse perderle.
-Questa cosa le si ritorcerà contro, dottoressa. Non si può cancellare la natura umana in una persona.
-È un'arma. Non è una persona. È stata creata in laboratorio, non sotto le lenzuola. Ed è sempre più vicina a uccidere ESM345. Ieri gli ha fatto perdere i sensi.
-Per ora non ha mai concluso la missione. Sta dimostrando una grossa umanità. Dovrebbe essere fiera di sua figlia, mammina.
Rumori di passi che si allontanano, prima di una persona con le scarpe piatte e poi di una persona con le scarpe con i tacchi. Urla di uomo di dolore. Provengono dal muro sulla sinistra. Le sento molto spesso, se non in continuazione. Mi alzo dal letto e mi avvicino alla parete. Appoggio l'orecchio sul muro e riesco a sentire qualcosa di più di solo semplici grida: sento il rumore dell'elettroshock, il rumore di passi di qualcuno con delle scarpe piatte. Sento piangere. Sento cadere a terra qualcosa, un oggetto piccolo, come una penna. Sento dei bisbigli e stridore di denti. Sento anche la voce di uomo che, in mezzo a grandi e faticosi respiri, dice:
-Perché non mi uccidete e basta? Tanto è quello che avete fatto con lei.
Mi sembra di riconoscere quel timbro di voce. Eppure non riesco a ricollegarla a un volto. Mi stacco dal muro e vado a sedermi sul letto ancora disfatto. Poggio la schiena alla parete, i piedi a terra. E aspetto.

Dopo qualche tempo che non so identificare, la porta della stanza si apre e entrano due uomini col passamontagna nero che mi prendono e mi portano attraverso il bianchissimo e lunghissimo corridoio, fino in fondo, davanti a uno specchio. Uno di loro poggia la mano su di esso e una voce femminile dice:
-Accesso consentito.
La porta si apre ed ecco che escono tre uomini col passamontagna nero che trascinano, svenuto, un uomo nudo ricoperto di sangue. Non riesco a vedergli il volto perché coperto da ciuffi di capelli neri, ma noto che ha un braccio metallico con una stella rossa sulla spalla. Dopo che ci hanno superato entro e la stanza bianchissima ora è ricoperta di sangue rosso vivo, sia per terra, che sulle pareti, che sul soffitto, che sul vetro che separa la stanza dall'osservatorio, già pieno di dottori tra cui la donna, l'uomo con i capelli brizzolati e Jon. Per terra, nella stanza bianca, noto alcuni cadaveri vestiti con la mia stessa divisa grigia e un uomo col camice bianco ormai rosso. Mentre gli altri cadaveri sono abbastanza integri, sebbene ricoperti di sangue, quello dell'uomo col camice bianco è diviso a metà alla vita. Per terra, accanto a lui immersi in una pozza rossa, degli occhiali da vista. Ci sono alcuni uomini col passamontagna che stanno pulendo il massacro, grossolanamente. Afferrano uno per uno i cadaveri e li portano fuori. Poi con un tubo di gomma e una scopa puliscono il sangue.
-Mi dispiace, ESF173 per questo inconveniente... - dice Jon seduto al centro dell'osservatorio con un microfono in mano -... ma abbiamo avuto delle complicazioni col soggetto di prima. Non è come te, è più difficile. E a noi non piace per niente. Preferiamo te. Lo avrai sicuramente incrociato venendo, che impressione ti ha fatto?
-Nessuna.
-Davvero nessuna? Eppure era ridotto male, non ti pare?
Silenzio. Il nostro sguardo è fisso l'uno negli occhi dell'altra. Poi allontana il microfono dalla sua bocca, si gira verso un uomo col passamontagna aldilà del vetro, sussurra qualcosa e questo esce dalla stanza.
-Hai visto quando sei entrata cosa aveva fatto qui. Ha perfino ucciso uno dei nostri migliori scienziati, che tu conoscevi tra l'altro, era uno dei tuoi dottori. Abbiamo dovuto fermare il soggetto, per il bene di tutti. Abbiamo avuto paura, capisci? È pericoloso.
Ecco che si apre la porta ed entrano tre uomini col passamontagna nero che trascinano lo stesso uomo di prima, lo riconosco dal braccio metallico, ma che ora è meno ricoperto di sangue e indossa la divisa grigia. È ancora privo di sensi. Uno di loro porta una sedia bianca, che posiziona al centro della stanza. Gli altri mettono l'uomo a sedere e lo incatenano alla sedia con catene di ferro. Poi quello che aveva portato la sedia tira fuori una siringa dalla tasca e gli fa un'iniezione direttamente sul collo e l'uomo si sveglia, come di soprassalto e si dimena, ma non può liberarsi perché appunto è incatenato. Uno degli uomini col passamontagna gli dà un pugno in faccia. L'uomo sputa del sangue dalla bocca per terra e rimane a guardare in basso. Non si muove più.
-E ora che effetto ti fa?- chiede Jon.
-Nessuno.
-Questo, ESF173, si chiama SDI1.
SDI1 alza immediatamente la testa e mi guarda. Ha in volto un'espressione che non capisco. Gli occhi spalancati. Noto ora che ha la bocca coperta da un nastro nero. Dai suoi occhi spuntano delle lacrime e diventano rossi. Non emette suono. Non si dimena. Mi guarda solamente. Io ricambio lo sguardo, ma non faccio altro. Ha un viso che mi sembra familiare, ma non so perché.
-Il suo volto non ti dice niente, ESF173?
Scuoto la testa, tornando a guardare Jon. Fa un cenno con la mano e i tre uomini afferrano SDI1, che dimenandosi e urlando a bocca chiusa cerca di ribellarsi e di venire verso me, ma non riesce a liberarsi dalla presa e viene portato via dalla stanza. Io non mi muovo di un centimetro, ma dal timbro della voce lo riconosco: è lui che grida di dolore oltre la parete della mia stanza.
Dalla porta ora entra ESM345. Non è bendato questa volta. In mano ha un leccalecca non ancora scartato. Ha occhi neri come la pece. Mi guarda. Mi giro a guardare Jon, in cerca di istruzioni.
-Sai cosa devi fare- mi dice, rispondendo al mio sguardo. Dentro di me nasce rabbia, determinazione, furia, sentimenti mai provati prima. Afferro ESM345 per la gola, lo tiro in alto e stringo la presa fino a che non sento il suo collo spezzarsi. Lui non si è ribellato neanche per un secondo da quando l'ho preso a quando gli ho spezzato il collo. Lancio il corpicino contro la parete davanti a me e questo atterra a pancia in giù, con la testa rivolta verso il muro.
Mi giro e aldilà del vetro i dottori non parlano più, ma guardando tutti me. Jon esce dall'osservatorio per poi ricomparire poco dopo nella stanza bianca.
-Beh, ESF173... - va verso il corpicino, afferra il leccalecca ancora nella mano di ESM345, lo scarta e se lo mette in bocca -... ci sono voluti mesi...- si toglie il leccalecca dalla bocca, mi guarda -... ma abbiamo eliminato il libero arbitrio.
Detto questo, si rimette il leccalecca in bocca e va via.

Il Nulla prima del Tutto. || Bucky BarnesWhere stories live. Discover now