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Javier aveva previsto quella possibilità. 

Sarebbe stato sciocco non farlo, tuttavia non ci aveva mai davvero creduto. 

Arrivare alle Olimpiadi tra i favoriti e uscirne quarto, a un paio di punti dal podio, per un dettaglio tecnico... faceva più male di quanto avrebbe mai potuto pensare.

Gli stava consumando il petto, fino a fargli tremare le spalle.  

Lo spogliatoio in cui si trovava assieme a qualche altro pattinatore era silenzioso, tutti loro erano stati vicini... così vicini... senza però riuscire ad afferrare il sogno di tutta la loro vita. 

Javier era spagnolo. Fin da quando era piccolo gli avevano ripetuto e ripetuto che il pattinaggio non era adatto a lui, che la Spagna non vinceva negli sport invernali. Cosa mai gli era venuto in mente? Lui alle Olimpiadi? Non aveva il minimo senso. Aveva avuto qualche successo negli ultimi mesi, certo. Ma ora la vita gli stava semplicemente ricordando la triste verità: aveva sprecato i suoi ventitré anni ad allenarsi per nulla. Non avrebbe mai conseguito nulla. E ora, dopo tanta fatica, non aveva niente.

La cosa peggiore era che il suo migliore amico, la persona per cui batteva il suo cuore, al momento era a godersi la cerimonia di premiazione dall'alto del podio. 

Quando Yuzuru era entrato nella sua vita, meno di due anni prima, aveva capito subito che avrebbe disturbato la sua quiete, perché improvvisamente aveva cominciato a crederci. Yuzuru all'epoca era considerato una stella nascente, un futuro campione già quando aveva diciassette anni, eppure lo guardava sempre con così tanta ammirazione che non avrebbe mai potuto deludere. Perché non poteva vedere Yuzuru triste. 

Così aveva cominciato ad allenarsi tanto quanto il suo compagno di allenamenti, e anche di più, in una specie di lotta continua che sembrava aver trovato la sua conclusione in quel momento. Ora Javier era solo uno dei tanti che ci erano arrivati vicini senza però farcela. E Yuzuru era campione olimpico a un'età improbabile. 

Gli voleva bene comunque. Non avrebbe smesso di farlo, ma non poteva neanche essere felice per lui in quel momento, perché odiava tutto. Odiava sé stesso e odiava ogni cosa che fosse anche minimamente collegata al pattinaggio, e Yuzuru, in quanto miglior pattinatore del mondo, gli ricordava il pattinaggio. 

Per questo aveva deciso di scappare dallo stadio prima della fine della cerimonia, avvisando i suoi coach per messaggio, e tornando in fretta nella sua stanza. 

Non voleva vedere nessuno. 

Il suo telefono era pieno di telefonate perse e messaggi che Javier non voleva neanche vedere. Non sopportava l'idea che la gente lo commiserasse per il suo eclatante fallimento, né sopportava l'idea che gli dicessero che nonostante il quarto posto era stato bravo. Perché non era vero.

Si sarebbe concesso un po' di tempo per piangersi addosso. 

Fu solo quando si svegliò che si rese conto di essersi addormentato, senza essersi fatto una doccia dopo quella negli spogliatoi, completamente vestito, sopra le coperte. 

Qualcuno bussava alla porta. 

"Chi è?"

"Sono Yuzu"

Javier chiuse gli occhi. Non avrebbe potuto ignorarlo per sempre. Poi... il nuovo campione olimpico era il suo migliore amico e non si erano ancora parlati da quando questo era successo, non gli aveva fatto ancora i complimenti. Si sentì in colpa. Più di quanto già non fosse.

Lo spagnolo si alzò per andare a aprire la porta, facendo segno con la testa al ragazzo di entrare, chiudendo dietro di lui. 

Si sedettero in silenzio sul letto, entrambi tenendo gli occhi abbassati. 

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