Capitolo uno.

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Se c'era una cosa che Emma odiava, quella era la pioggia. Riusciva ad accettarla solo se i piani della giornata erano rimanere a casa e guardare una montagna di film o serie tv. Quella mattina, però, i piani erano ben altri.

Mentre cercava di arrotolarsi la sciarpa al collo e di non perdere i mille fogli che teneva in mano, il telefono iniziò a squillarle con una suoneria che assomigliava più ad un allarme di quelli che si installano negli appartamenti, che ad una suoneria vera e propria. Frugò nella tasca rischiando di far cadere i documenti nell'acqua che correva lungo la strada come fosse un gatto inseguito da un Pitbull, e quando entrò nella sua caffetteria preferita riuscì, finalmente, a rispondere.

Era fradicia e la sua sciarpa pendeva fin quasi a toccare il pavimento umidiccio e pieno di pedate lasciate dalle scarpe dei clienti.

"Sto arrivando, cinque minuti e sono lì" disse senza dare il tempo di una replica o di una domanda. Ripose il telefono nella tasca e ordinò due caffè, che furono pronti prima del previsto e le consentirono di uscire da lì in tempo record. La differenza di temperatura tra il locale e la strada era notevole. Senza indugiare oltre, proseguì il tragitto che da otto mesi a quella parte era diventato la zona che più vedeva e conosceva di Londra. Dopo circa cinque minuti e non pochi pensieri di lanciare i documenti all'aria, entrò nella struttura salutando il portinaio e dirigendosi verso l'ascensore che non era al piano. Si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi disposto a spingere il pulsante per lei, ma le porte dell'ascensore si aprirono davanti ai suoi occhi ed entrò sospirando. L'orologio digitale posto al di sopra dei numeri la avvisò che era in anticipo, così poté rilassarsi. Non era solita correre come una furia, ma quella mattina si era svegliata tardi per la troppa stanchezza dovuta allo studio. La sua routine degli ultimi tempi era tutto fuorché equilibrata.

Il suono dell'ascensore la svegliò dai suoi pensieri e si accorse di essere arrivata al piano, così scese e si diresse come un robot verso la sua stanza, che condivideva con altri quattro ragazzi. Quando entrò vide che solo uno di loro era nella stanza: Simon. Era la persona con cui aveva legato di più da quando era arrivata a Londra.

"Ti ho portato il caffè" disse Emma porgendo il bicchiere ancora caldo al suo amico. Dopo essersi tolta cappotto e sciarpa, prese anche il suo e si avvicinò a Simon per gustarlo in compagnia. Quella mattina aveva un'aria terribile, persino più brutta di quella di Emma. I suoi capelli ricci erano completamente spettinati, il maglione blu copriva una camicia mal stirata e faceva pendant con le occhiaie violacee che caratterizzavano il viso pallido e stanco. Gli occhi, generalmente verdi e brillanti come foglie in estate, erano socchiusi e privi di energie. Era insolito vederlo così, pensò Emma. Era sempre energico, pieno di vita e con tanta voglia di fare. Quella mattina, invece, neanche il caffè lo avrebbe aiutato.

Passarono i minuti seguenti in silenzio a gustarsi la loro bevanda calda e a guardare le scartoffie poggiate sulle proprie scrivanie. Emma ordinò i fogli e appuntò delle cose su un post-it giallo sbiadito, poi aprì il suo laptop ed entrò nella posta elettronica. Come ogni mattina la sua mail strabordava. Diede un'occhiata veloce e poi aprì la prima, che era da parte del capo.

"Riunione tra poco" disse ad alta voce leggendo quanto c'era scritto sullo schermo davanti a lei. Dallo sguardo confuso di Simon capì che non aveva letto l'avviso. Per l'ennesima volta in quei pochi minuti in cui era stata con lui pensò a quanto il suo aspetto fosse pessimo quel giorno. Sembrava che avesse passato la notte a correre per la città come un pazzo.

"Che ti è successo?" chiese Emma, finalmente, dopo averlo fissato per qualche secondo senza che lui se ne fosse accorto. Gli occhi stanchi del suo amico lasciarono il caffè e si posarono su di lei. Erano inespressivi, non trapelava la minima emozione.

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⏰ Last updated: Jan 11, 2021 ⏰

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