Capitolo 4 - I conti con la Realtà

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Alan si ritrovò immerso nella nebbia per l'ennesima volta.

Stavolta però, era alle porte della città di Mistfall e non al suo interno, come nelle occasioni precedenti.
Nessuna guardia, nemmeno nel gabbiotto. La sbarra elettronica era spezzata in due, tuttavia, non c'era niente lì intorno che potesse suggerirne il motivo.

Oltrepassò il cancello, ma si fermò quasi subito quando vide il solito bambino, immobile pochi metri più in là.

«Ora ho capito chi sei e che cosa vuoi da noi.» Spiegò il piccolo.

Alan rabbrividì, non solo per il freddo e per il volto di quel ragazzino al quale oramai credeva di essere abituato, ma anche perché gli fu chiaro: quel sogno era una sorta di comunicazione, ragion per cui molto probabilmente, doveva essere così anche per quelli passati.

Il bambino sparì improvvisamente e la situazione cambiò in un lampo.
Alan si ritrovò nella casa di Nigel, vuota. Prese a vagare per le stanze, sebbene in realtà conoscesse solamente il salotto.

 Arrivò nella camera da letto. Osservò le coperte a quadri, il tappeto rotondo al centro della stanza, e notò come tutto fosse in perfetto ordine, quasi la stanza non venisse usata da tempo.
Un tonfo inaspettato lo fece voltare verso l'armadio, poi calò il silenzio.

 Il giornalista fece qualche passo verso il mobile marrone, sentendo il cuore martellargli in petto. Si avvicinò lentamente, allungò la mano verso la maniglia e prima che potesse toccarla questa si aprì. Il ragazzo trasalì e perse dei battiti. Il bambino di prima adesso si trovava dentro l'armadio.

«Mi dispiace, Alan.» Disse con tristezza.

Alan aprì gli occhi di colpo mettendosi a sedere, con il respiro affannato.
Cosa diavolo significava...?
Voltò il capo per cercare Vanessa, ma la sua parte di letto era vuota.

«Alan?» La voce di lei lo richiamò dalla parte opposta, sulla soglia del bagno. «Scusami, non volevo svegliarti.»
Lui si calmò lentamente.
«Non preoccuparti, mi sarei svegliato lo stesso.» Ammise, guardando la sveglia sul comodino. Le sette in punto.
«Tu stai bene?»
Vanessa annuì in risposta, rimettendosi sotto le coperte.
«Un po' di nausea, forse gli spaghetti erano troppi,» prese a ipotizzare lei. «Ma non mi pento di niente.» Mormorò assonnata, con un piccolo sorriso sulle labbra.
Alan sorrise a sua volta, poi con un sospiro stanco, posò la nuca contro il muro alle sue spalle.

Incredibilmente, la colazione fu ancora più bizzarra del sogno.
Vanessa diede un morso alla sua fetta di pane e marmellata, continuando a leggere il giornale
con espressione confusa.

Alan arrivò cominciando a prepararsi un thè caldo.
«Alla fine hai scritto l'articolo su Mistfall, vedo...»
Lui si girò di scatto con la testa.
«Sì, mi sono sentito in dovere di farlo. So che è stupido ma, speravo potesse aiutarmi a far cessare quel sogno...» Cominciò a scegliere il gusto della bustina.
«Nonostante i miei diversi tentativi di accesso, non mi hanno permesso di entrare.» Lesse ad alta voce lei. Alan sgranò gli occhi, riuscendo a pensare soltanto "cosa...?"

«Sei uno stronzo, avevi detto che non ci saresti andato

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«Sei uno stronzo, avevi detto che non ci saresti andato.» Affermò stizzita, girandosi verso di lui.
Il giornalista posò la tazza sul tavolo e mettendo una mano sullo schienale della sedia di Vanessa si sporse in avanti.

«No, Ness, queste parole non sono mie. Io ho scritto l'articolo proprio ieri!» Le prese di mano il periodico, continuando la lettura a voce alta:

 «La città di Mistfall rimarrà per sempre un mistero finché resterà deciso così. Ho fatto del mio meglio, ma tutto ciò che mi hanno detto è stato che per questioni di sicurezza, non erano tenuti a rivelarmi assolutamente niente.» Alan prese a passeggiare avanti e indietro per la cucina, leggendo con la rabbia che lentamente aumentava.

«Una cosa è certa: se il governo e le persone a capo della città segreta ritengono che sia questione di sicurezza, non ci resta che fidarci del nostro paese e rassegnarci, quando saremo pronti sapremo la verità, o comunque sia, questa salterà fuori come è sempre successo nel corso della storia.»

Il giornalista buttò il giornale sul tavolo, passandosi le mani tra i corti e mossi capelli neri.
«Perché Simmons ha pubblicato un pezzo del genere? Io non ho scritto nessuna di queste parole, sono solo stronzate.» Continuò a camminare frustrato, parlando da solo e maledicendo il suo superiore. Poi, quando si accorse che Vanessa era rimasta in silenzio a finire la colazione, capì che in realtà il problema più grande al momento era un altro.

«Quindi ci sei andato.» Disse lei. Non era una domanda, era ovvio che fosse così, ma sperò che ci fosse una spiegazione che non le veniva in mente, era disposta ad aggrapparsi a qualunque cosa pur di non accettare che Alan avesse mentito, per giunta, su una questione pericolosa come quella.

«Ci sei andato e mi hai mentito.» Ribadì lei, inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia. Voleva rimanere calma, eppure, le sembrò impossibile in quel momento.
«Ascolta, Ness, io-»
«Tu, hai tradito la mia fiducia.» Lo interruppe lei. «Perché non capisci quando qualcosa è troppo pericoloso? Eh?!» Domandò alzandosi, quasi di scatto, facendo stridere la sedia sul pavimento. Prese in fretta e furia le stoviglie sporche e le mise con poca grazia dentro il lavandino.

«C'è molto di più di quello che credi, dietro! E ho le prove. Guarda, ti faccio vedere!» Tirò fuori il telefono dalla tasca e aprì la galleria. Lei posò le mani sul ripiano di marmo, facendo un profondo respiro per non far uscire lacrime date dal nervosismo e provare a mantenere un contegno, senza dare di matto.

«Ma che diavolo...» Mormorò il ragazzo, confuso. «Dove sono finite...?!» Alzò il tono, esasperato, scorrendo a destra e a sinistra ogni foto, c'erano tutte, tranne quelle che aveva scattato a Nigel. Sembravano sparite.
«Maledizione!» Esclamò con rabbia, prima di gettare in malo modo il cellulare sul tavolo. Doveva sembrare matto, si sentì ridicolo.

«Giuro che ho fatto quelle foto, ho anche visto il bambino del sogno, devi credermi.» Disse a bassa voce, quasi come se volesse convincere sé stesso.
Era stato davvero a Mistfall? Che cosa stava succedendo?
Lei lo guardò come si guarda qualcuno che si compatisce. Avvicinandosi, gli posò le mani sulle guance.

«Alan, il punto è che se è vero quello che dici, come fai a non capire il pericolo che hai corso e che stiamo correndo tutt'ora?»
«Non corro nessun pericolo, visto che a quanto pare sul giornale non c'è scritto niente.» Ribatté lui con dispiacere, rassegnato.
Vanessa abbassò lo sguardo.
«Non lo so... non ne sono sicura. So che non sei fuori di testa. Se dici di aver fatto qualcosa, è così.»

Lui la abbracciò, dubitando della propria sanità. Trovò incredibile che lei invece ancora lo credesse sano, e ne fu grato.
Guardò in un punto indefinito con rassegnazione. Aveva capito dove Ness voleva andare a parare, tuttavia, la ragazza non tardò a dirlo chiaramente: «Dobbiamo andare via, il più lontano possibile.»

In quel momento, il giornalista comprese che lei e gli altri avevano sempre avuto ragione. Nigel, Simmons. Avrebbe dovuto ascoltare, invece oramai era troppo tardi. Le domande lo stavano logorando dall'interno, doveva capire cosa stava succedendo, doveva scoprire il perché.
«Oggi lo dirò a Simmons, anche se a questo punto, penso lo immagini.»
Lei annuì, stringendosi a lui. Pur cercando di nasconderlo, Vanessa era terrorizzata. Avrebbero preso di mira anche lei.


I Segreti di MistfallWhere stories live. Discover now