Io avrei qualcosa da ridire

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Io avrei qualcosa da ridire

Quando aprii gli occhi era ancora presto, ma una parte del mio cervello ricordava che sarei dovuta andare a scuola. La luce del mattino mi accecava.

Certo, era ancora buio fuori per un semplice umano, ma io potevo già percepire i raggi del sole in lontananza. Sarebbe stata una bella giornata.

Appena voltai la testa, Gabriel mi fece un pizzicotto al naso. «Credevo che i vampiri non dormissero» disse ridacchiando, un braccio dietro la testa. Ero avvolta con una coperta, per non farlo congelare. Forse ci aveva pensato lui, dato che non ero ancora completamente conscia di cosa fosse successo la sera prima.

«I neo vampiri in genere hanno bisogno di molte energie, quindi dormono. Poi, mi sentivo stanca» mormorai quasi in un lamento, mentre la voglia di alzarmi mi stava abbandonando del tutto.

Scompigliò un po’ i miei capelli, senza smettere di ridere. «Anche io sono stanco, ma ho ben altre cose per la testa ora come ora.» Sorrisi tra me e me, senza un vero motivo. Perlomeno, non ne ricordavo uno per sentirmi felice. Alzai la testa, per guardarlo negli occhi.

Ma come vidi quei due piccoli forellini sul suo collo, ricordai esattamente tutto, alzandomi di scatto. «Mio Dio Gabriel! Stai bene?» chiesi afferrandogli il viso, controllando che non fosse successo nient’altro. Certo, ora mi era tornato tutto in mente, in ogni minimo dettaglio: Gabriel che si era intrufolato nella mia stanza, Gabriel che mi porgeva il polso, Gabriel che mi baciava e poi... Sicuramente se fossi stata ancora umana, sarei arrossita come un peperone.

Allargò il suo sorriso, facendomi dimenticare ogni preoccupazione. «Non mi hai fatto del male, ma questo lo sapevo già. Ora spero che anche tu ci creda. Piuttosto, tu stai bene?»

Aggrottai la fronte. «Certo che sto bene. Mai sentita meglio in vita mia.»

«Mi fa piacere.» Abbassai lo sguardo, guardandolo sul petto.

«Non è vero che non ti ho fatto niente» ringhiai in modo rude, affilando lo sguardo. Col mento indicai proprio nel punto in cui la pelle si sarebbe presto chiazzata di viola: un livido.

Strinsi i denti, soffocando la rabbia. «Ehi non preoccuparti, se non me n’ero accorto non fa nemmeno male. E poi, anche tu ne hai uno» e mi toccò la spalla, sull’incavo. Voltai la testa, guardando se fosse vero. Ed effettivamente, anche io ero leggermente più scura.

«Io guarisco in fretta e tu no.»

Sbuffò, scuotendo il capo. «Che testa dura che hai! Non ti preoccupare, finché non fa male va tutto bene. E poi non sarebbe la fine del mondo, mi sono fatto di peggio.» Lasciai cadere le braccia e mi strinse ancora un po’ a sé. «Comunque, buon San Valentino» biascicò sui miei capelli.

«È già il quattordici?» domandai.

Lo sentii muoversi, probabilmente mentre si stringeva nelle spalle. «A quanto pare.»

Feci un lungo sospiro. Era così confortevole stare abbracciata a lui, respirando il suo profumo. Stranamente, non sentivo quella voglia di morderlo che avevo provato il giorno prima. Ora che sapevo come fosse il gusto del suo sangue, mi sentivo soddisfatta. Non di me stessa, certamente. Avessi potuto evitare, forse sarebbe stato meglio.

Ma se ciò lo rendeva felice, lo ero anche io di conseguenza.

«Forza, è meglio che io vada a casa a prepararmi. Ci vediamo a scuola, okay?»

«Va bene» risposi allontanandomi da lui. Si alzò dal letto, facendo traballare il materasso. Strinsi la coperta intorno al petto, allungandomi verso di lui. Schioccò un veloce bacio sulle labbra, mentre si infilava la maglia. Ed uscì dalla finestra, dopo avermi fatto l’occhiolino.

Daughter of EvilWhere stories live. Discover now