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Le gambe che fiacche non volevano saperne di andare avanti. Il freddo che ormai non tentava nemmeno di sfiorarla, tanto era preda delle sue insicurezze. Solo calore: un fuoco viscerale che si prendeva gioco di lei rendendola torcia incandescente dentro, senza bagliori fuori per attirarlo come avrebbe voluto. Desiderava essere una falena qualunque, Violante, quella sera. Sarebbe vissuta volentieri una sola notte, purché Mario si voltasse a guardarla risparmindole così di fare il primo passo; e invece niente. In quel pantano di posto vi era solo spazio per lui e il suo tormento. Parlava al vento stringendo la bottiglia di birra come fosse stato un confessionale senza privato, come un pazzo in preda ai suoi deliri che chiede a gran voce assoluzioni a un creato che non esiste.
Il lutto lo aveva conosciuto soltanto per sentito parlare, anche se il tanfo di morte la accompagnava da che aveva memoria. Eppure lei ne aveva già visti di sopravvissuti al dolore, però, il perché per Mario fosse così distruttivo, proprio non lo riusciva a capire. Per arrivarci serviva coraggio, anche solo rompere il ghiaccio di cui sembrava esser fatto, ma il dilemma era diverso: le avrebbe permesso di entrare dove nessuno era riuscito fino ad allora?

E Violante era sempre stata vittima del suo essere debole, nemmeno in casa aveva mai azzardato ad opporsi: neanche quando troppe volte non era potuta tornare a scuola, perché accidentalmente caduta come raccontava a tutti. E un occhio nero e un labbro spaccato non erano una dose abbastanza massiccia di amor proprio, perché anche di recente era accaduto, e chissà per quanto ancora avrebbe continuato. Ma lei ad osare non era mai stata brava, né per la sua pelle livida e lacera, né tanto meno per gli altri. Per questo sperava in un imput, perché per lui sentiva quella protezione che nemmeno per sé stessa aveva mai sperimentato.

Esitante, maldestra e tremendamente timida, trascinò prima un piede poi l'altro. Un piccolo passo, e poi un altro ancora, finché non si ritrovò incredula e impacciata seduta al suo fianco.
- Fa parecchio freddo stasera, non trovi?
E Mario, un ubriaco altrove, l'aveva ignorata come una voce estranea proveniente da chissà quanti chilometri di distanza.
Si torturava le mani, Violante, legava e slegava le piccole dita che non le erano mai piaciute. Il brutto vizio di rosicchiarsi le unghie, poi, non la aiutava se non a sfogare tutta la rabbia nel mangiare l'unica parte di lei che riusciva a corrodere da sola.

- Perché non mi parli? - insistette, e Mario smise di colpo di sussurrare al nulla, prese a massaggiarsi lo zigomo spaccato spargendo il suo sangue su metà del volto. E quando si guardò le mani, parve rinsavire per un secondo, come se riflettesse sul quando e il dove se l'era procurato. Iniziò così a ridere in modo isterico, tanto che Violante non capì se fosse la sua parte sana a parlare, o quella deturpata dall'alcol. Tentò di stringere la sua piccola mano intorno al vetro ormai vuoto, pregandolo con gli occhi di lasciare la presa. Non lo riconobbe più, o almeno non era così che lo ricordava.

Il viso con più di un graffio a sfregiarlo, le profonde occhiaie di notti trascorse in tutti i posti possibili fuorché in un letto caldo, e le mani, le mani di Mario erano per Violante la cosa più rassicurante che avesse mai visto, anche se portavano persino loro i segni delle sue battaglie personali.
Quanto può cambiare prospettiva un filo di luce? Perché all'ombra dei suoi errori, Mario sembrava solo un'anima ebbra pronta a vomitarsi le lacrime e il dolore sulle scarpe da ginnastica. Mentre un lampione solitario poco più in là, emanava tristezza dai toni cimiteriali.

- T'ho chiesto qualcosa? No dico, ti è forse parso volessi compagnia?
- No, certo che no, è solo che...
- È solo che cosa, ne' Viola'.
- Credevo volessi parlare con qualcuno.
- E ti pare che se avessi voluto stare con qualcuno aspettavo a te?
- Non dico questo, io...
- Ma guardati, che non riesci manco a parlare. Tornatene a casa prima che Raffaele ti venga a cercare.
- Che centra mo' Raffaele?
- Centra che ti devi fare i cazzi tuoi. Non mi serve la balia né tanto meno parlare. E se proprio volevo sfogarmi, mi pigliavo una di quelle zoccole che non rompono i coglioni, ma pensano solo a svuotarmeli.

La delusione che provò Violante andava oltre il semplice risentimento di donna. Non bruciava soltanto il suo essere vittima di lui e delle sue parole, quello che più le incendiava il ventre era la solita, stessa voglia di difesa che la opprimeva in casa. E ora, nemmeno lontano dalle mani pesanti di suo padre poteva dirsi salva. Si alzò dallo scalino con la rabbia che le montava addosso, come se Mario quella sera fosse divenuto l'antidoto a tutto il veleno che tratteneva in corpo, come se ogni schiaffo o calcio preso in precedenza, fossero stati spazzati via in quel preciso istante.
Rinunciò alla parte più debole che raschiava per venir fuori, asciugò una goccia che per tradirla ci avrebbe messo poco e prese per andarsene, prima che lui la finisse del tutto.

- Tanto lo dicono tutti che ti piacciono gli uomini grandi, altrimenti perché tuo fratello si disturberebbe tanto a chiuderti dentro. Vai va', ritornatene a casa e fare la bambina, perché io non sono per te di certo, ma tu per me nemmeno lontanamente.
Perché la odiasse in modo così grave, Violante non riuscì a spiegarselo. Ma quella sera si dilaniò a tal punto, che l'eco riecheggiò per tutto il quartiere, e insieme ad esso la bottiglia di rosso che aveva in mano. Così ci furono due ubriachi a imbrattare quel posto, quella notte: Mario, e il marciapiede ai suoi piedi che aveva assistito indisturbato a tutto.

Violante Where stories live. Discover now