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Il sole sorse troppo presto quel sabato mattina.
Il rombo dei motocicli, insieme agli stereo ad alto volume delle casalinghe di vico della Misericordia, erano visite inaspettate al capezzale di Violante e della sua famiglia, da sempre. Nei giorni lavorativi, quando si svegliava presto per andare in fabbrica, Violante non aveva neppure il tempo di accorgersi di quello che le succedeva intorno. Ma il sabato no, il sabato era il giorno di chiusura insieme alla domenica, e quindi volente o nolente, si sentiva dare il buongiorno nel più fastidioso dei modi.

Quel giorno, però, non poteva fingere non esistessero come faceva di solito, piantando la testa sotto al cuscino: c'era il mare con le amiche. Che poi tanto amiche non erano mica; meglio conoscenti, tutto qua. Quattro ragazze della sua età costrette in fabbrica come lei a sgobbare per poche lire al giorno.
Non avevano in comune praticamente nulla, si parlavano poco più di qualche minuto fuori fabbrica all'ora di pranzo, quando mancavano gli ultimi istanti di pausa e pochi tiri di sigarette per sentirsi libere e grandi.
Violante le guardava aspirarsi l'innocenza perduta troppo in fretta attraverso i filtri di contrabbando.

Non fumava, Violante, non lo aveva mai fatto. Era banale messa a confronto con le altre, eppure nel suo essere banale, riusciva a distinguersi sempre pur non volendo. C'era chi fumava per far dispetto ai genitori, chi invece si era fatta trascinare in altri ambienti andando oltre una semplice boccata di nicotina.
A lei non serviva sentirsi grande, ma in fondo, lo era già. Lo sapeva bene anche suo fratello, che era divenuta donna così di colpo, lui che della gelosia morbosa verso Violante, non se ne vergognava mai e non tentava mai nemmeno di nasconderla.

Si alzò dal letto mezza assonnata, il riposo era stato poco, ma non se ne lamentava mai quando accadeva.
Infilò il suo unico costume: un vestitino color glicine non troppo corto. Salutò sua madre con un bacio sulla guancia, e lasciò Lucia e Raffaele tranquilli a dormire ancora nei propri letti, dirigendosi così all'incontro con le altre ragazze che la aspettavano alla fermata dell'autobus.
Ci voleva un bel po' di strada per arrivare al mare, da dove abitavano loro, ma nonostante tutto, quella, per Violante era una boccata d'aria nuova mai respirata, che non si sarebbe persa per niente al mondo.

Arrivarono a destinazione quando il sole era già alto e cocente.
I lettini da spiaggia invadevano tutto lo spazio calpestabile della banchina adibita a solarium, dai padroni dello stabilimento balneare.
Ovunque volgesse lo sguardo, c'erano ragazzi e ragazze ammassati come in una sorta di camerata collettiva.
Si sistemò comoda nel miglior modo possibile, e sparpagliati i neri capelli all'indietro, poté finalmente rilassarsi mentre le altre ragazze salutavano tutti i loro gruppetti di amici.

A Violante non interessava interagire con gli altri, per lei bastava un po' di sana tranquillità e quel Sole che le baciava la pelle e che tanto amava.
Era una ricerca ardua, il Sole, per Violante.
Dove viveva lei, non si vedeva mai, praticamente.
La casa era troppo infossata per permettere alla luce naturale di entrarvi, per non parlare del vico e dei suoi palazzi tenuti l'uno sull'altro.
Sembrava una sorta di grande domino in pietra di tufo, un tassello in bilico sulla solidità precaria dell'altro, che al primo colpo di tosse sismico, sarebbe venuto giù tirato da quello di fianco.

Non passò molto tempo da quando si era estraniata al mondo, quando un'ombra che non poteva appartenere a nessun tipo di nube le oscurò il filtrare dei raggi del Sole.
Aprì gli occhi mezza addormenta, trovandosi di fronte suo fratello insieme agli amici che frequentava di solito.
- E tu qui che ci fai?
Le chiese Raffaele, a metà tra lo stupore e l'ira più assoluta.
- Quello che ci fai tu.
Rispose lei, noncurante degli altri e della sua insana gelosia.
Finiva sempre così tra loro due: Raffaele che tentava di mettere leggi, e Violante, che irrequieta e ribelle, aveva sempre la risposta pronta sulla punta della lingua.

Una guerra persa in partenza, quella di Raffaele.
Se c'era qualcosa che infastidiva Violante oltre ogni modo, era il subire dittature che non avevano né capo né coda.
Come quella volta che a tredici anni, si era tagliata i capelli come un maschio, perché non aveva libertà di portarli come voleva.
"Le femmine devono portare i capelli lunghi", era il motto dei maschi di famiglia. E a Violante, questa cosa non era mai andata giù fino in fondo.
Fu picchiata dal padre di santa ragione, quando se ne rese conto. E alle parole "qui dentro comando io", l'aveva sfidato con gli occhi che urlavano "continua pure, tanto gli schiaffi passano".
La spuntava anche se storpia, perché la pelle di Violante, era più dura di qualsiasi dittatura.

Violante Where stories live. Discover now