Chapter 5

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Aidan e Phoebe erano rimasti da soli nella piccola casa di legno da quando Arthur si era recato a vendere legna da ardere e Elinor, accompagnata da Adalind, si era recata al mercato per acquistare delle verdure e un paio di abiti per l'ospite inaspettata considerando che, come aveva detto la donna, quegli abiti non si erano mai visti e nessuno voleva che la ragazza sembrasse una meretrice delle terre orientali. Per non dare troppo nell'occhio avevano deciso di presentarla come la figlia di una cugina di Elinor del lontano regno di Yamid.

Aidan rientrò dalla stalla trasportando l'ultimo blocco di fieno che avrebbe riempito il sacco di canapa che quella notte sarebbe stato il letto di Phoebe. Non aveva aperto bocca da quando il padre aveva sbattuto il pugno sul tavolo quasi mezz'ora prima e continuava a guardare la ragazza con espressione furiosa.

— Puoi almeno guardarmi? — gli domandò la fanciulla piuttosto scocciata ricevendo un'occhiataccia di rimando — Quindi farai così? Mi ignorerai per tutto il tempo?

— Vuoi stare zitta?

— Finalmente! Iniziavo a pensare che avessi perso l'uso della parola.

— Puoi smettere, per favore?

— Come vuoi tu.

Aidan scosse la testa e tornò a sistemare la legna nel camino, spostando un paio di tizzoni bruciati. Phoebe gli si sedette accanto e iniziò ad osservarsi le scarpe da ginnastica. Sperava di risvegliarsi presto, non aveva intenzione di passare l'intero anno scolastico in coma e dover ripetere il tutto senza i suoi compagni di sempre. E poi avrebbe dovuto passare un altro anno con Lena e Hugh piuttosto che studiare alla Brown.

— Senti, non ce l'ho con te — sospirò d'improvviso Aidan cogliendola alla sprovvista — Stamattina, quando ho sentito Hayla nitrire in quel modo, non ho pensato a quanto potrebbe averti spaventata, sa essere piuttosto irascibile.

— Ci tieni molto?

— È stata l'ultimo regalo di mio nonno. Lui adorava i cavalli e io volevo un animaletto domestico. Per il mio compleanno, tre anni fa, mi fece trovare la stalla pronta con Hayla dentro. Qualche mese più tardi morì per la febbre.

— Mi dispiace" rispose piano la ragazza non sapendo bene cosa dire — E mi dispiace anche di aver svegliato Hayla.

— Non preoccuparti, l'avrei comunque svegliata io qualche minuto più tardi — replicò lui alzandosi dal caminetto e iniziando a disfare le balle di fieno per il letto.

— Posso darti una mano? — domandò la ragazza alzandosi dalla sedia.

— Ce la faccio, sai?

— Ne sono più che certa, ma mi sento inutile e d'intralcio"

— Va bene, se ti senti collaborativa — rispose Aidan con una punta di sarcasmo, passandole una parte del foraggio.

— Ti hanno mai detto che sei odioso? — ribatté Phoebe portandosi vicino al ragazzo.

— E a te che il sarcasmo non è il tuo forte?

— Come osate? Avete recato grande offesa alla mia persona — esclamò drammaticamente la giovane portandosi una mano sul petto.

— Perdonatemi, non era certo mia intenzione — replicò lui ridacchiando.

— Allora sai sorridere, che novità! — commentò la ragazza ricevendo una scossa di capo dal ragazzo.

— Non risponderò a questo affronto — disse lui alzando un sopracciglio per poi rimettersi al lavoro in silenzio.

Un'ora più tardi Elinor e Adalind ritornarono cariche di verdure e abiti; Aidan si alzò di scatto e rimosse i pesi da entrambe le donne, depositando gli ortaggi sopra al tavolo e lasciando la madre libera di porgere gli abiti a Phoebe.

— Venite di sopra, mia cara, vi aiuto ad indossarli — disse la donna con un sorriso da orecchio a orecchio, facendo strada all'ospite fin sopra al soppalco.

Il piano era spoglio, una semplice stanza con pavimento e tetto in legno con tre materassi di fieno e canapa disposti in fila e un piccolo armadio intagliato grossolanamente, con un coltello troppo grande per quel tipo di lavoro. In un angolo erano ammucchiate varie coperte e qualche cuscino dello stesso materiale dei materassi. La luce filtrava da due finestrelle, una a destra e una a sinistra, ma l'unico modo per riuscire davvero a vedere qualcosa era accendere qualche candela, soprattutto di notte.

Elinor sorrise dolcemente invitando Phoebe a togliersi i vecchi abiti per indossare i nuovi. Le guance della ragazza presero una violenta sfumatura ciliegia mentre porgeva pantaloncini e maglietta alla donna. Senza dire niente, la signora Atwood le infilò un abito crema e blu, con dei laccetti sulla schiena che strinse fino al punto giusto, senza far soffocare la povera ragazza.

— Vi va di vedervi? —domandò concludendo il fiocco e continuando a sorridere.

Al segno di assenso di Phoebe, la portò vicino all'armadio, all'interno del quale era posizionato uno specchio. L'abito era lungo fino a terra, con le maniche leggermente svasate e lo scollo rotondo che arrivava poco più su del seno. Elinor le legò una piccola cintura di corda in vita e le sorrise dallo specchio.

— Il blu vi dona molto — disse facendo arrossire ancor più vistosamente la ragazza.

— Grazie — mormorò lei guardando il suo riflesso — Per l'ospitalità e per gli abiti.

— Non ditelo nemmeno, mia cara. È solo un piacere — replicò la donna sistemandole i capelli in due trecce morbide — Abbiamo preso anche un abito verde e uno color terra, oltre a una camicia da notte e due paia di scarpe.

— Non dovevate disturbarvi tanto e poi, se gli abiti sono così lunghi, vorrei tenere le mie scarpe — disse sottovoce Phoebe indicando le sneakers nere nell'angolo.

— Sembrano comode, vorrà dire che un paio le terremo se mai le voleste e l'altro sarà per Adalind, vedeste come le bramava al mercato — rispose lei ridacchiando e porgendo le scarpe da ginnastica alla giovane.

Nonostante l'insistenza di Elinor, Phoebe riuscì ad allacciare le scarpe da sola e con un'ultima occhiata allo specchio, sospirò e sorrise. Lo sguardo dolce della donna le ricordava quello che la madre le riservava quando era piccola. Con gli anni i rapporti familiari si erano inaspriti e ormai Lena a malapena le sorrideva ancora.

Un piccolo litigio al piano di sotto fece ritornare alla realtà Elinor che si era incantata sui meravigliosi riflessi argento degli occhi della sua ospite; stava sorridendo, ma poteva percepire un'ombra di tristezza dietro a quella gioia esterna. Richiamò all'ordine i figli e la discussione si placò, seguita poco dopo dal rumore dei passi sulle scale, appesantiti dal materasso di paglia.

Sperava davvero che la permanenza della ragazza fosse la più lunga possibile e che quelle iridi ardesia fossero la chiave per un futuro migliore.

Eniri - Il Regno PerdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora