Chapter 4

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— Qualcuno vuole rispondermi, per favore?

Phoebe continuava a fissare i due uomini perplessa senza capire il motivo di quel silenzio imbarazzante e profondo. Aidan fissava il padre impietrito e stupefatto di non essersi reso conto prima di chi fosse la ragazza davanti a lui.

— Aidan, portala fuori — disse d'improvviso Arthur risvegliandosi dalla trance e dirigendosi deciso alle scale.

— Ma padre...

— Ho detto portala fuori — gridò l'uomo fermamente prima di scomparire sul soppalco — Devo discutere della situazione con tua madre.

Sbuffando, Aidan prese la ragazza per un braccio e la trascinò nuovamente nella stalla per poi lasciarsi cadere su un blocco di fieno e passarsi le mani sui capelli.

— Perché tuo padre ci ha buttati fuori? Sembrava così gentile prima — chiese la giovane avvicinandosi leggermente.

— Vorrai dire perché ha buttato fuori me — replicò lui puntando gli occhi rabbiosi su Phoebe — Era ovvio che tu non avresti partecipato alla riunione di famiglia, ma io? Sono il tuo primogenito!

— Mi dispiace, davvero — commentò lei sedendosi accanto a lui — Cosa c'entrava il mio compleanno?

L'espressione arrabbiata del giovane cambiò non appena la ragazza pronunciò quelle parole e tutti i suoi muscoli si irrigidirono. Fece un respiro profondo e poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia prima di rispondere.

— Ti spiegherà tutto mio padre non appena avrà deciso come comportarsi con te.

Phoebe si strinse nelle spalle e si accorse solo allora di non avere più la coperta; doveva esserle caduta quando Aidan l'aveva fatta alzare di scatto e lei non aveva avuto il tempo di afferrarla.

— Fa freddino qui — commentò la ragazza strofinandosi le braccia e guardandosi attorno leggermente spaesata.

— Fa freddo solo perché sei vestita così.

— Te l'hanno mai detto che sei un genio? — esclamò lei sarcastica ricevendo un verso di scherno da parte sua.

La cittadina che li circondava sembrava un borgo medievale, casette di legno e di pietra con i tetti di paglia, le botteghe ancora chiuse, le stalle piene di cavalli, il grande castello di pietra sullo sfondo, simile a quello che il professor Macintosh aveva descritto nella sua lezione, tutto dava l'idea di trovarsi in un libro di storia medievale.

Phoebe iniziò a pizzicarsi le braccia per essere sicura di non star sognando e i piccoli dolori sulla pelle le davano segno di essere molto più che sveglia.

— Che stai facendo? — domandò Aidan facendola saltare leggermente sul posto.

— Niente, volevo solo essere sicura che questo non fosse un sogno.

— Un sogno? Pensi che tutto questo non esista? Che io non esista?

— Deve, devi essere frutto della mia immaginazione, non c'è altra spiegazione. Forse ho sbattuto la testa e ora sono in coma.

— Coma? Che posto è Coma?

— Coma vuol dire essere in un sonno profondo, tra la vita e la morte.

— E perché mai saresti in... coma?

— Te l'ho detto, ero su un ponte e c'era una ragazza, lei si è gettata e io sono corsa a controllare. Quando ho guardato in basso non c'era e mi ha spinta nel torrente.

— Perché sei corsa a guardare?

— Che domande fai? Tu non avresti sperato di vederla aggrappata al ponte?

— E se invece l'avessi vista nel fiume?

L'immagine fornita da Aidan fece scorrere un brivido sulla schiena di Phoebe che iniziò a tremare come una foglia. Il naso iniziò a pizzicarle e gli occhi divennero lucidi. Non voleva piangere, non ora, non davanti a quel ragazzo così scorbutico, non in quel luogo così lontano da casa e così sconosciuto. Qualcosa le si posò sulle spalle tremanti e prima che potesse realizzare cosa fosse, si voltò e vide la schiena nuda di Aidan entrare nella stalla.

— Morirai di freddo se non ti rimetti la maglia.

— E tu morirai di freddo se non te la metti — replicò lui sistemandosi una coperta di Hayla sulle spalle.

Phoebe indossò la maglia e continuò ad osservare i dintorni incuriosita, chiedendosi se tutto quello non fosse davvero soltanto un sogno delirante anticipante la sua morte. Per quanto strano potesse sembrare però, si sentiva al sicuro e il luogo le sembrava stranamente familiare.

— Aidan, tornate dentro.

La voce di Arthur ruppe il silenzio limpido della mattina e il flusso di pensieri dei due giovani. Aidan si tolse la coperta e la ripose sul dorso di Hayla incamminandosi verso la casa, facendo segno a Phoebe di tornare dentro. La ragazza sospirò ed oltrepassò la porta. Il camino era stato acceso e il corpo della fanciulla ringraziò chiunque avesse avuto quella meravigliosa idea.

Il padre era seduto a capotavola e suo figlio prese posto alla sua sinistra infilandosi una nuova camicia. Alla destra del capofamiglia si trovavano due donne, una sulla quarantina e l'altra che non avrebbe potuto avere più di sedici anni. La prima guardava l'ospite con dolcezza, con dei profondi occhi verdi, contornati da capelli color caramello che le ricadevano lisci sulle spalle. Aidan le somigliava molto, sia nell'ovale del viso che nel colore dei capelli. Era molto bella nonostante le occhiaie marcate e la camicia da notte decisamente troppo larga. La ragazza invece sembrava tutt'altro che felice, con un'espressione piuttosto arrabbiata. Gli occhi, uguali a quelli del padre, erano ancora molto assonnati e leggermente coperti dai lunghi capelli neri.

—Phoebe, vorrei presentarti mia moglie Elinor e mia figlia Adalind.

— E' un piacere conoscervi

— Il piacere è nostro — replicò la donna il cui sorriso si allargò ancora di più, mentre sua figlia sbuffava e alzava gli occhi al cielo.

— In accordo con gli altri membri della famiglia... — iniziò Arthur diretto alla giovane.

— Tranne uno — replicò sarcastico Aidan seguito da un sussurrato "due" della sorella.

— Abbiamo deciso che resterai con noi fino a nuovo ordine.

— Padre avete perso il senno? E' da pazzi!

— E' quello che gli ho detto io — esclamò Elinor sostenendo il fratello — E' completamente insensato pensare di darle ospitalità.

— Padre sai quanto io sia dalla loro parte, ma non possiamo farlo.

— Aidan vorresti lasciarla in mezzo al paese in balia del Fato?" gli domanda sua madre con un tono molto pacato nonostante la rabbia dei figli.

— No, ma nemmeno in casa nostra! — gridò Aidan alzandosi dalla sedia.

— Basta! — tuonò Arthur sbattendo un pugno sul tavolo — Così è stato deciso. E non ammetto obiezioni.

Eniri - Il Regno PerdutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora