3. Il sole e una piccola luna

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Spinarupe


Sono passati otto anni da quando Shadee è stato costretto a indossare il cappuccio di spilli, anche se in realtà lo porta di rado perché non può uscire da Reggia Blu e mischiarsi ai popolani senza il permesso del padre. Ciò che non sopporta della sua vita sono le liti costanti tra Jaja e il re. Nonostante la porta della sua stanza sia chiusa, li sente gridare ogni notte. Sembra che suo fratello sia arrabbiato con il mondo, disapprova ogni mossa politica del loro sovrano, condanna ogni progetto che cercherebbe di boicottare se solo fosse più grande.

Quel pomeriggio, Jaja lo raggiunge nell'aranceto della regina e cammina al suo fianco sul lastricato che serpeggia tra fontane e grandi statue di basalto. Sebbene la temperatura dell'aria sia gradevole, Jaja è teso, ha la testa troppo piena di rabbia per giocare con lui alle trottole o sfidarlo con la spada.

«Nostro padre è un tiranno» soffia tra le fessure dei denti. «Crede che tutto gli sia dovuto solo perché il dio Zeme ha dato alla nostra casata il potere dei rovi. Se ne frega dei Secondi, per non parlare della guerriglia con Fontebella. Se convincesse i suoi stupidi tirapiedi a non rispondere con la violenza...»

«Certo, perché i Fontebelliani sono grandi amanti della pace e non inviano mai i loro uomini a massacrare i nostri!» Shadee si morde la lingua. Non dovrebbe interrompere Jaja quando si diletta in uno dei suoi sermoni, ma non sopporta che accusi loro padre come se fosse la causa di ogni male.

Jaja scuote la testa, come per liberarsi di una serpentina di colpa che lo attraversa. «Sei così ingenuo, Shadee. È una questione più grande di come la stai mettendo. La settimana scorsa i nostri cittadini hanno ucciso due famiglie delle loro, e tre settimane prima il contrario.»

Strappa un'arancia rossa da un ramo e la lancia nella fontana per dispetto, per rompere l'atmosfera di perfezione in cui vivono e irritare ancora una volta il padre. Continua poi il suo sermone, con Shadee che lo marca stretto e si sforza di non intervenire: studia Jaja ogni giorno ed è diventato bravo ad allinearsi a lui nel modo in cui si esprime e respira, ma non può costringersi a pensare nella sua stessa maniera.

«Nostro padre sta facendo del suo meglio» sussurra con lo sguardo basso.

«Sta solo tamponando il problema per guadagnare tempo. Prima o poi manderà i soldati contro Fontebella, e vedrai come sarà buono! Eserciterà la stessa clemenza che regala ai Secondi quando mozza le loro teste per una sciocchezza.»

«Va bene» gli concede Shadee. Odia battibeccare con Jaja. «Hai ragione tu, però adesso perché non andiamo ad allenarci? È sempre meglio essere pronti e saper combattere per difenderci in caso di attacco.»

Vorrebbe comportarsi come gli altri giovani della casata, vorrebbe brandire la sciabola degli Spilli, saper fare a pugni, montare un cavallo del deserto senza redini e sella, ma è costretto a imitare Jaja e le sue abitudini, ad accettare i suoi capricci e rifiuti.

Accanto a lui Jaja butta fuori dalle narici un soffio contrariato. «Assolutamente no. Io non combatterò mai per il piacere sadico di nostro padre. E se ci sarà una guerra, non sarò di certo dalla parte di un tiranno.»

«Jaja!» Shadee strilla, rimane bloccato nel centro dell'aranceto accanto a un grande vaso di terracotta e a una vasca colma di pesci colorati. «Jaja, quello che hai detto. Se nostro padre ti sente...»

Che cosa gli potrebbe fare? A Maissa degli Spilli ha tagliato la lingua solo perché nella sua civetteria da ragazza ha descritto a uno straniero il volto del re. Sarebbe davvero capace di torturare il proprio figlio e di punirlo con l'accusa di tradimento? No, suo padre è buono, si arrabbierebbe, ma non lo ucciderebbe per una battuta fuori luogo.

Una storia di ali e spilliWhere stories live. Discover now