22. Sintomi trascurabili

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La cameriera, probabilmente una studentessa tanto quanto loro, arrivò armata di foglio per le ordinazioni. Ascoltò quelle di tutti e poi avanzò, con una voce nasale e acuta al tempo stesso: "Abbiamo notato che siete un gruppo misto, per noi non ci sono problemi, ma non possiamo controllare il pensiero dei clienti. Spero non ci siano problemi". Parlò velocemente come se volesse togliersi questa responsabilità dalle spalle e poi si allontanò per consegnare la comanda.

"Che modo gentile per dire che non sono responsabili della cafonaggine degli altri clienti" disse Cato, infilzando un piccolo pezzo di pane con la forchetta.

"E non solo – lo corresse Kizia – si lavano le mani della responsabilità qualora i clienti ci chiedano di andarcene, che è decisamente peggio".

La maggior parte dei tavoli erano ancora vuoti e Chanej ne fu tacitamente grata, dato che così diminuivano le probabilità che qualcuno andasse a lamentarti di loro al personale. Dai racconti che aveva sentito dai suoi nonni prima che morissero, e da qualche zio anziano, le cose erano state così prima, ma era un colpo pensare che le persone fossero improvvisamente diventate così sensibili alla presenza della magia attorno a loro nel giro di due giorni. Arrivò la cameriera con le birre e le appoggiò tutte davanti al rispettivo proprietario. Ne assaggiò un sorsino minuscolo, sentendo il lievissimo strato di schiuma bianca solleticarle le labbra. Era fresca e buona. Kizia davanti a lei aveva un piccolo bicchiere di birra rossa. Allungarono entrambe nello stesso momento il bicchiere per farla provare all'altra, come facevano sempre quando prendevano birre diverse.

"Come state?" chiese Livia. "Ci sono novità sul foglio del bagno?".

Chanej scosse la testa e non fu l'unica. "Io ho controllato su tutti i dizionari che ho e onestamente non ho trovato niente" disse Pallia.

"Io nemmeno. – Rispose Chanej – Ho controllato su ogni codice di simboli che ho in casa e ne ho preso in prestito uno dalla biblioteca. Non sono simboli che ho mai visto e non contengono radici che ho visto".

"Hai provato con una runa del linguaggio?" chiese Pallia, bevendo il suo frullato con la cannuccia.

"Sì, e non è risultato niente, non è un linguaggio è un codice" rispose Chanej. Seguì un minuto di silenzio.

"A esser sincero non penso sia un codice magico" disse Ibrahim, grattandosi la barba. "Se ci pensate, è qualcosa che è stato scritto dagli umani, e se ipotizziamo che sia stato fatto a danno dei magici, allora l'ultima cosa che vogliono queste persone è essere capite dai magici. Per questo ho mandato la foto a mia sorella, in Trinacria, sperando che ne sapesse qualcosa. Ma non ha mai visto niente del genere".

"Magari non è un codice ma qualcosa di grafico, tipo uno schema di qualcosa" propose Cato. "Come gli schemi di un impianto elettrico o di un sistema di produzione. Spesso usano legende simili".

"Avresti tempo di provare a vedere se funziona in questi giorni?" chiese Kizia.

"Potrei provarci questo pomeriggio" rispose l'altro facendo spallucce.

La conversazione fu interrotta dal secondo arrivo della cameriera con gli ordini di tutti. Panzerotti e panini fumanti di piastra finirono sui piatti, emanando una sinfonia di profumi celestiali. Chanej si era a malapena accorta di quanto le fosse venuta fame. Il panzerotto era bollente e lucido e appena lo aprì con la forchetta ne uscì una nuvoletta di vapore profumata di funghi. Stava per mettere in bocca il primo boccone quando la porta alle sue spalle si aprì e Chanej vide sul viso di Kizia, con la bocca piena, la sorpresa e poi un mezzo sorriso all'arrivo di Adriano. Si girò, assieme a tutti loro seduti con le spalle all'ingresso, e lo salutò con la mano mentre finiva di masticare. Adriano era trafelato, con le gote rosse e il fiato corto, come se fosse arrivato direttamente di corsa. La camicia gli era uscita dai pantaloni e aveva l'aspetto più disordinato che gli avesse mai visto addosso. Ripensò alla preoccupazione che aveva percepito parlando della sua famiglia e per un secondo temette che fosse successo qualcosa con loro.

Cave magamWhere stories live. Discover now