8. Puma e altri animali selvatici

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Il percorso verso casa fu una lastra di silenzio fredda e scura tra lei e il mondo. Chanej occhieggiava ogni tanto verso di lei da dietro il libro che si era portata da leggere in tram, ma non le chiese nulla. Erano entrambe amareggiate dall'accaduto. Erano fatti gravi quelli a cui Livia aveva assistito, e la codardia di una denuncia anonima era qualcosa che forse peggiorava la situazione. Già sentiva Tibu dire che una denuncia anonima era meglio di nessuna denuncia, ma rimaneva il fatto che Livia sapeva benissimo come funzionassero le cose con i magici. Senza testimoni non sarebbe bastata la parola dei due studenti a far prendere provvedimenti contro i colpevoli. Perché la parola di un magico valeva mezza parola di un umano, a prescindere da tutte le leggi che lo stato poteva emanare sul tema. Finché quel concetto non fosse uscito dalla mente delle persone ci sarebbe stato poco da fare. Il tram scampanellò prima dell'arrivo alla fermata di Città Studi Est, piena di palazzi di media altezza dipinti di giallo sporco o di rosso, con qualche balconcino, come tutti gli altri palazzoni studenteschi. Tuttavia, loro non erano diretti lì.

A differenza di molti altri studenti che si erano trovati alloggio negli appartamenti convenzionati dall'università, come Pallia e Tibu con il loro bilocale in Città Studi Nord, Kizia aveva trovato un annuncio di una vecchia signora che si era trasferita sulla costa e aveva lasciato il suo appartamento in affitto a chi volesse. Il prezzo non era alto, la vista era meravigliosa. La compagnia un po' meno. Quando aprirono la porta, Naria era a gambe incrociate, senza scarpe o calze come al solito, a levitare in soggiorno, nel punto in cui il soffitto mansardato lo permetteva. Entrarono e si tolsero le scarpe e ancor prima che potessero dire qualcosa Naria alzò un dito. "Shhh. Silenzio".

Nessuna delle due si mosse. Un telefono trillò, Naria perse la concentrazione e cadde.

"Tempismo perfetto. Ciao Naria" disse Chanej, finalmente libera di togliersi la giacca e la sciarpa, e i guanti senza dita che la facevano assomigliare a un senzatetto della stazione.

"Non eravamo d'accordo sull'avere ospiti oggi, tesoro" disse lo strigo accennando a Chanej.

"Eravamo anche d'accordo che lei e le altre possono passare quando vogliono".

"I miei amici non godono di questi privilegi" rispose lui offeso avvicinandosi alle due, trascinando con sé un profumo dolciastro. Kizia annusò l'aria poco convinta. "Oh, vedo che hai notato il mio nuovo profumo. Fiori d'Ibisco notturno del Nicaragua. Piace?"

"Le mie amiche non dormono nella vasca da bagno, Naria. Le mie amiche studiano qui, aiutano ad asciugare i piatti e non vomitano nella ciotola di Alma".

"È successo solo una volta" borbottò lo strigo, ma le due si stavano già allontanando verso la camera di Kizia, ma Chanej si prese un secondo per portare l'indice e il pollice tesi alla fronte, sillabando "perdente".

Non appena la porta si chiuse alle loro spalle, una palla di pelo marrone si catapultò saltellando verso Kizia. Lei allungò le mani e il suo famiglio, Alma, le saltò in braccio.

"Passeremo la serata in silenzio o vuoi parlare della questione?" chiese Chanej sedendosi per terra vicino al letto sul morbidissimo tappeto azzurro che Kizia aveva scelto per decorare il centro della stanza. Da quel lato il tetto lasciava davvero poco spazio, ma Kizia aveva saputo arredare la camera con gusto. Aveva usato le travi a vista per appendere le sue erbe che raccoglieva ai parchi pubblici ad essiccare. L'unica finestra che dava sulla città era incassata in una specie di nicchia per darle effettivamente spazio di aprirsi. Lì davanti c'era lo spazio di Alma, con il suo cuscino, la sua coperta, la sua tavoletta digitale e la sua ciotola dell'acqua. Rispetto ai famigli delle altre, Alma era di una tranquillità particolare, riservata e quasi altolocata. In quel momento era l'unico altro essere vivente che voleva avere accanto, ma il caso voleva che ci fosse pure Chanej.

Cave magamWhere stories live. Discover now