1. Le streghe

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Un cappello si faceva strada nei giardinetti pubblici dall'altro lato della piazza, sollevandosi ritmico tra le altre teste, tra cui svettava. Non era l'unico di quella foggia, tanto che quando arrivò sugli scalini dell'ingresso laterale, il suo era ormai perso tra tutti gli altri. Se lo tolse una volta entrata in corridoio e lo tenne con due mani per la tesa. Alcuni studenti erano già seduti sulle poltroncine, più o meno rigidi, fuori dall'aula magna ma la porta era ancora chiusa. La fissarono per un secondo, o meglio, fissarono il giubbotto di pelle con le borchie per un secondo. Passarono alla testa rasata e poi evitarono il suo sguardo. Pensava di essere arrivata in tempo e trovare l'aula aperta. Mancava ancora mezz'ora all'inizio e stava per tirare fuori il telefono dalla borsa quando la maniglia si mosse e comparve un viso allungato e pallido, incorniciato da una cascata di capelli scuri.

"Ah, eccoti, buongiorno".

"Perché avete chiuso la porta?" chiese aprendola quel tanto per entrare.

"Volevamo i posti in prima fila, e Kizia ha proposto di chiuderla. Non ha provato nessuno a entrare".

"Per l'amor del cielo, Tibu. Ovvio che non osano, sono in visita, sapranno a malapena dove sono le aule".

"Non ci vuole molto, – disse una voce dalla prima fila, dove ci saranno state sedute sì e no dieci persone – è letteralmente scritto fuori dalla porta".

"Buongiorno anche a voi, vi vedo cariche".

"Sono le otto di mattina, stiamo per sentir parlare il rettore di cose pressoché inutili per quaranta minuti".

"Suvvia, Ki, non è colpa sua se soffre di diarrea verbale", sorrise Tibu continuando con tranquillità a intrecciarsi i capelli. La luce entrava velata dai finestroni zigrinati e si poteva vedere la polvere dalle pesanti tende di velluto nero ballare nei raggi. La luce fuori era di un bellissimo colore dorato, che diventava grigio e smorto una volta filtrato dalle finestre. L'intera aula magna puzzava di polvere e disinfettante, soprattutto la zona più vicina al palco da dove parlavano i docenti. Dietro pendeva lo stendardo col simbolo dell'università, un elemento di grandeur assolutamente fuori luogo dato che l'università di grande non aveva nulla. Non il numero degli studenti che a malapena superava le tre cifre e nemmeno i punti nella classifica delle università. La porta si aprì e uno studente timido si accorse che non c'era ragione per tenerla chiusa. Bastarono pochi minuti prima che l'aula si riempisse e tutti prendessero posto. Una piccola folla variegata accolse il rettore, un uomo altissimo e dai modi incerti. Chanej lo trovava noioso, ed era certa di non essere l'unica. Dallo sguardo di Kizia immaginò che nella sua testa stesse accadendo tutt'altro. Si erano iscritte al corso tutte e quattro per avere almeno un corso in comune alla settimana, oltre che per i nobili sentimenti che dovevano animare il cuore di ogni studente. Si girò un attimo a vedere le file dietro di sé, chiedendosi quali tra i presenti fossero gli studenti in visita ma un sussurro alla sua sinistra la distrasse. Pallia doveva aver avuto la sua stessa idea.

"Secondo me sono quelli con maglioncino e camicia seduti a metà del secondo settore".

"Sicura che non siano solo tizi del primo anno?"

"Mai visto gente di questa università con dei maglioni di tale tristezza. Nemmeno per le sepolture metterei una cosa del genere".

"Shhhh" intimò Tibu occhieggiando poi al rettore che attendeva chiaramente che il brusio calasse. Quando nell'aula regnò il silenzio prese parola.

"Un caro buongiorno a tutti, grazie di essere presenti questa mattina. Spero sentiate in voi la certezza di star partecipando alla storia che si svolge. Per chi non è di quest'ateneo mi presento, sono Ifir, il rettore dell'Università dei Riti di Ecate e di Proserpina, che per il secondo anno vede lo svolgimento di questo meraviglioso progetto di collaborazione con una delle università più importanti della città, l'Università Politecnica Statale di Mediterra. Sarebbe difficile esprimere quanto onore porta questa collaborazione al nostro istituto, per questo ho preparato un breve discorso" sorrise ed estrasse dalla giacca un foglio ripiegato su sé stesso. Chanej dal suo posto in prima fila poté vedere che era scritto fittamente. Non le sfuggì un'alzata di occhi al cielo della responsabile degli scambi studenteschi, seduta accanto a lui.

Cave magamWhere stories live. Discover now