Chapter five.

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16 Maggio 1984

Harry

Mi sfilai il termometro lo avvicinai al viso, strizzando più volte gli occhi per mettere a fuoco i numeri, e sbuffando sonoramente quando mi resi conto che segnasse trentotto e mezzo.
Erano due giorni che me ne stavo rintanato in casa come un malato terminale. Non facevo che oziare a letto o alzarmi per mangiare qualcosa, anche se la maggior parte del tempo la passavo dormendo. Nei giorni precedenti avevo cominciato a starnutire frequentemente, e sia io che la mia famiglia pensavamo si trattasse della mia allergia al pelo di gatto, ma gli starnuti si erano tramutati velocemente in raffreddore e poi addirittura in febbre, e se c'era una cosa che odiavo più di tutto, quella era ammalarmi. Essendo una persona alquanto energica, mi richiedeva uno sforzo immane starmene incollato in camera mia con le coperte fin sulla testa e i calzettoni di lana ai piedi, senza poter fare assolutamente nulla. Mia madre era stata categorica: non avrei dovuto muovermi da quel letto per nessun motivo al mondo. Da un lato era noioso e stressante, ma dall'altro anche piuttosto utile: se avevo bisogno di qualcosa, che si trattasse di un bicchiere d'acqua o di un'altra coperta, mi bastava lanciare un urlo ed in meno di cinque secondi qualcuno si fiondava in camera mia, pronto ad esaudire ogni mio desiderio. Ma restava comunque una noia mortale.

Mi rincuoravo ricordando a me stesso che non avrei dovuto vedere le facce dei miei compagni di scuola per un po' di tempo, e che non mi sarei dovuto sorbire la vocina fastidiosa della mia professoressa di Inglese per due ore di fila. Quello era sicuramente un lato positivo, ma mi mancava passare del tempo insieme a Zayn, nonostante ci fossimo visti solo qualche giorno prima, ma più di tutto, mi mancava vedere il ciuffo scuro di Louis in giro per i corridoi.
Per tutta la mattinata, mi ero domandato cosa stesse facendo mentre io me ne stavo stravaccato sul divano come un vegetale. E me lo ero immaginato mentre scendeva dalla sua vespa rosso sgargiante, mentre si sfilava il casco e, ravvivandosi i capelli, entrava a scuola. O mentre prendeva posto a mensa insieme al suo solito gruppetto di avvoltoi, e rideva a qualche battuta che Liam o Niall avevano fatto. Oppure mentre si sedeva sui gradini delle scale antincendio e si frugava nelle tasche dei pantaloni alla ricerca dell'accendino e delle sue immancabili sigarette. Avevo davvero avuto voglia di vederlo, una voglia incontenibile, ma poi mi era saltato in mente che probabilmente lui non avesse avuto voglia di vedere me, almeno non tra le mura di scuola.

Sbuffai nuovamente, poggiando il termometro sul comodino, e notando solo in quel momento un pezzo di carta colorato che non persi tempo ad arraffare ed esaminare. Me lo rigirai tra le mani, sentendo immediatamente una forte sensazione di imbarazzo attanagliarmi le viscere. Louis mi aveva lasciato il suo numero di cellulare aspettandosi probabilmente che io lo chiamassi. C'era solo un problema: io non possedevo un telefono cellulare, fatta esclusione della linea diretta di casa, ovviamente. Da perfetto codardo non mi ero azzardato a dirgli che non ne avevo uno, o meglio che non potevo permettermene uno dal momento che costavano un occhio della testa. Mi ero semplicemente limitato a ringraziarlo e a conservare quel pezzo di carta come fosse una reliquia.

Controllai l'ora, erano le undici del mattino ed i miei non sarebbero tornati prima delle due. Non avrei potuto mangiare nulla di decente fino a quel momento, ma non avrei resistito ancora per molto visti i rumori spaventosi che emetteva il mio stomaco. Così, mi scostai le coperte di dosso, infilandomi un'imbarazzante vestaglia azzurro pastello trapuntata di paperelle, e scesi al piano di sotto. Accesi il televisore in salotto ed alzai il volume al massimo, così da non sentirmi troppo solo, poi riempii una tazza di latte e ci tuffai dentro un pugno di cereali. La casa era completamente deserta, fatta eccezione per quella stupida palla di pelo che se ne stava acciambellata sul divano, in attesa che la raggiungessi. Alla fine l'aveva avuta vinta mio padre, come avevo previsto, erano bastati degli occhioni dolci ed un paio di fusa da parte dell'animale per far sì che mamma cedesse.

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