Electric Hunger Games {FE Cro...

By JessStark14

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|Felici Electric Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!| 2021, la FIA, come Capi... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
End Credits
Ringraziamenti

Capitolo 27

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By JessStark14

Lucas non ci vede più dalla rabbia. L'odio lo acceca, non riesce a credere che Jean abbia ucciso Daniel. Nel suo box si chiude nella sua piccola stanza privata e per poco non la fa a pezzi: butta a terra tutto quello che dovrebbe stare sul mobiletto accanto alla poltroncina al centro della stanza, rovescia il tavolo di metallo già precario di suo, si avventa contro tutto quello che trova. Grida di rabbia, per poco non sfonda la porta mentre tenta di uscire da quella stanza, che è troppo piccola per i suoi gusti. Attraversa il box con la stessa forza distruttiva di un tornado di grado cinque, tutti al suo passaggio si spostano il più velocemente possibile così da non rischiare di finire sulla sua strada, probabilmente non finirebbe bene. Esce sulla pit lane, in lontananza vede Jean, che si passa una mano tra i capelli, scosso da quello che ha appena fatto. André è accanto a lui, con una mano sulla sua spalla, cerca di tranquillizzarlo. Lucas non sopporta questa vista, vorrebbe potersi avventare sul francese e ucciderlo all'istante, ma sa che i commissari lo punirebbero se lo facesse. Tutti quelli che gli sono intorno si spaventano per il suo comportamento, soprattutto per l'urlo che scuote tutto il paddock.

"Tu, bastardo!" grida puntando il dito contro Jean, a una ventina di metri da lui. Jean alza lo sguardo su di lui, sorpreso, lo sa che ce l'ha con lui. Lucas ormai non ragiona più, e pensa che sia colpa di Jean se Daniel è morto, la sua mente si rifiuta di vedere che in realtà sono i commissari che lo hanno ucciso. "Aspetta solo che tutti i tuoi amichetti muoiano, e poi ti taglierò quella gola con le mie mani." ringhia. Vi farò uccidere l'uno con l'altro, questo è poco ma sicuro, pensa il brasiliano. Si volta senza più guardare Jean e André, si dirige verso l'ufficio dei commissari. Accecato dalla rabbia, comincia a mettere in moto il cervello: sa che non può uccidere Jean senza un pretesto valido, ma può comunque chiedere ai commissari di aiutarlo. In fondo, se davvero vuole ottenere quello che loro gli hanno promesso, collaborare di nuovo sarà un gioco da ragazzi. Prima deve solo sbarazzarsi di tutti gli altri uno dopo l'altro.

Jean rimane senza parole, chiude gli occhi, gli gira la testa, appoggia una mano sulla spalla di André, esattamente come il tedesco ha fatto poco fa. Ora la sua vita è in pericolo, forse ancora più di quanto non lo fosse stata fino a questo istante.

"Dre..." sussurra il francese, incapace di formare una frase di senso compiuto. Non è esattamente convinto che il tedesco lo abbia sentito, a malapena riesce a sentire la sua stessa voce.

"Jev è tutto okay, non può farti niente." André vorrebbe poter abbracciare Jean, lo vede pallido, ma non può. Jean apre gli occhi, la mano gli trema sulla spalla del tedesco.

"Mi vuole uccidere, perché Daniel è morto... non gli è mai davvero importato di lui eppure ora che è morto sta dando di matto." il francese si volta nella direzione in cui è sparito il brasiliano, lo vede allontanarsi con passo deciso.

"Lo so, c'è qualcosa che non va." André sospira. "Ma l'unico che avrebbe potuto dirci che cosa è preso a Lucas è morto... e noi abbiamo perso un membro della squadra." anche lui guarda verso Lucas, ormai lontano e quasi invisibile in mezzo alla folla che accalca la pit lane.

"Ho paura che non riusciremo a fermarli..."

"No, non abbatterti. Ce la faremo. Manca pochissimo e finalmente saremo liberi." André stringe leggermente la spalla di Jean, come a rassicurarlo. "Andrà bene, davvero." Sorride, il francese ricambia appena, all'apparenza freddamente, non possono farsi scoprire, non nel paddock.

Jean e André rientrano in albergo e ognuno si reca nella sua stanza. Non possono farsi scoprire, sanno che Lucas li terrà d'occhio ancora più di prima, sono il suo obiettivo principale, li vuole morti entrambi.

Inoltre tra di loro ancora niente è risolto, André non ha ancora perdonato Jean e il francese non sa che fare. Devono parlare al più presto, ma la serata non è quella giusta.

"Dobbiamo parlare." André legge sullo schermo, Jean non lo mollerà fino a che non chiariranno.

"Non questa sera." Jean sbuffa alla risposta di Andrè, lancia il telefono da qualche parte sul letto e continua a fissare il soffitto. Si sente un gran cretino vedendo la situazione, si è scavato la fossa da solo litigando inutilmente e non ottenendo assolutamente nulla da questo.

"Perchè devi essere così complicato?" pensa ad alta voce, consapevole che non può sentirlo.

Andrè dal canto suo guarda fuori dalla finestra. Non è lo stesso senza Jean, per quanto vorrebbe chiamarlo nella sua stanza lo sa bene che è meglio che stiano separati almeno finchè non lasciano Jakarta. Jean gli manca, senza dubbio, e la solitudine lo porta a vagare con la mente. Riesce solo a sentirsi profondamente infelice: solo in un paese sconosciuto, relegato nella sua stanza d'albergo, senza possibilità di contatto con l'esterno.

Gli manca la sua famiglia. Sua madre sarà sola nella sua casa in Provenza, circondata dai suoi amati fiori, col ricordo persistente dell'uomo che un tempo l'ha amata e con il pensiero di un figlio che potrebbe non riabbracciare mai più.

Andrè non vuole morire e non vuole più vedere gente morire, ha già visto troppe persone andarsene davanti ai suoi occhi. Fin da quando era bambino quando era sul divano a seguire la squadra di suo padre in tv; quando le auto erano potenti, veloci e fragili, tremendamente fragili. Andrè si ricorda le fiamme che talvolta le avvolgevano e un brivido gli percorre la schiena al pensiero di chi non ne è uscito, chi in uno di quei fuochi a cielo aperto ci è rimasto. La sua mente corre poi a Stoffel: l'ha ucciso lui, realizzando una delle sue paure peggiori.

Andrè vuole andare via, vuole farla finita con questi maledetti giochi, è stanco di vedere la morte davanti a sé.

Jean è ancora sdraiato sul letto quando il suo telefono fa quel fastidioso rumore di una campanella. Pensava che fosse Robin e invece il nome di Andrè campeggia sullo schermo, lasciandolo ancora una volta interdetto.

"Sono stanco Jean"

"Non voglio più far parte dei giochi"

"Ho paura"

Jean osserva quei tre messaggi uno dopo l'altro senza dare una risposta. Questo non è André. O meglio: questo non è il suo André.

Si alza e si dirige verso la terrazza osservando la città illuminata.

Non ha bisogno di girarsi per sapere che anche André è sul suo balcone, lo sente senza dire una parola. La forza di volontà però manca e si volta incrociando il suo sguardo. Per la prima volta quello che vede negli occhi di André è paura e rassegnazione.

Il sole sta tramontando quando rientrano nell'appartamento. André si dirige direttamente sulla terrazza, Jean lo raggiunge poco dopo con una bottiglia di vino rosso e due calici in mano. Il tedesco continua ad ammirare la bellezza della capitale francese perso nei suoi pensieri e Jean osserva lui. Riesce solo a pensare a quanto vorrebbe sentire la sua schiena sotto le sue mani, tenerlo per i fianchi, farlo voltare in modo da guardarlo negli occhi e poi baciarlo senza lasciarlo andare. Non vuole disturbarlo, non sa come potrebbe reagire, aspetta che sia lui a fare il primo passo verso lui.

"Non ci pensi mai a quanta gente ci guarda da uno schermo? Noi rimbambiti che stiamo agli ordini dei potenti, a massacrarci a vicenda?" Jean è colto di sorpresa dalle parole di André, ancora non lo guarda, ma riesce a sentire dalla sua voce che è sull'orlo del pianto. "Quanti bambini ci guardano e ci vedono morire?"

"André cosa stai dicendo?" Jean si avvicina al tedesco e gli stringe una mano come a confortarlo.

"Sono cose che ti restano impresse dentro. Ti tormentano, non ti dai pace, ti chiedi perché proprio quella persona che sta morendo davanti ai tuoi occhi." Jean segue in silenzio il discorso di André senza capire a cosa si stia riferendo, ma non lo forza chiedendogli di più, deve uscire tutto da lui. "Ti sei mai chiesto perché non voglio uccidere delle persone? Perché all'inizio dei giochi tremavo solo a tenere un'arma in mano?" André si volta per guardare Jean, ha gli occhi lucidi e dentro di essi si legge tutta la sua paura.

"È umano André, anche io non voglio uccidere, ma siamo obbligati..."

"Non voglio che nessun altro possa sentirsi come mi sono sentito io a vedere della gente morire su uno schermo, non lo volevo..." André lascia crollare le sue difese e inizia a piangere. Jean riesce a vedere tutto il lato protettivo di André, non solo nei suoi confronti e dei complici, ma anche su tutti gli altri, nonostante non li conosca.

"Non è colpa tua, André." Jean lo porta a sedere sul divanetto tenendolo per mano e il tedesco si sistema in modo da guardare la città e non il francese, per l'imbarazzo.

"Non potevo andarmene, lo sai vero?" è arrivato il momento della verità, devono chiarirsi su questa faccenda una volta per tutte.

"Perché?"

"Non vorrei dire, ma probabilmente sarei morto non appena arrivato a casa." Jean è stupito, va bene che i commissari facciano di tutto per creare più tensione e mandino al patibolo gente che non lo meritava, ma questo è troppo.

"Non possono arrivare a tanto e lo sai." Jean asciuga una lacrima sulla guancia di André e lascia che si prenda il suo tempo per riprendere a parlare.

"Non lo so, semplicemente me lo sentivo." André riempie i bicchieri e torna a guardare la città. Non riesce a guardare Jean negli occhi.

Non sa come comportarsi. Non gli era mai capitato di non sapere cosa dire, di non sapere esattamente cosa gli passa per la testa, ma con Jean è tutto diverso, lo rende così vulnerabile nonostante sia così forte visto dall'esterno.

"André dobbiamo parlare, seriamente." André si gira e inevitabilmente il suo sguardo cade sulle labbra del francese. Beve un sorso per farsi un po' di coraggio ed essere un po' più disinvolto. Jean non sentendo alcuna risposta tira fuori il telefono e cerca qualcosa, dopo qualche istante una canzone esce dal piccolo apparecchio. "Voglio solo dirti che mi dispiace André, sono stato un gran deficiente, avrei dovuto ascoltarti fin da subito e non fare tutta quella sceneggiata..." André non ascolta le scuse di Jean, o meglio, è più concentrato a pensare a quanto vorrebbe farlo tacere. Senza che finisca le sue inutili scuse, André si butta sulle labbra di Jean. Il francese è colto alla sprovvista, ma subito ricambia il bacio. Intreccia le sue dita a quelle di André e si lascia travolgere dall'onda delle emozioni, ha aspettato troppo di sentire di nuovo quel contatto, vorrebbe che non finisse mai.

"Non lasciarmi mai più Jean, ti prego..." una lacrima scende sulle labbra del francese quando André è a una distanza minima da lui. André circonda poi Jean con le sue braccia per tenerlo stretto a se.

"Tu mi hai fatto vedere che cosa è l'amore e io l'ho realizzato sul serio nel momento esatto in cui ho abbandonato quella stanza a Jakarta. Non posso fare a meno di te André, non più. Mi hai catturato nel momento in cui sei entrato in quella sala riunioni anni fa, non mi hai più lasciato andare e non ho mai voluto ribellarmi, era tutto troppo bello. Guardami ora, sono qui a chiederti scusa perché senza di te niente ha senso, non posso immaginare una vita senza di te..." André non si allontana, con le sue dita traccia dolcemente i lineamenti del francese e continua a baciarlo.

"Io ti ho perdonato nel momento in cui sei tornato Jean, non avrei potuto fare altrimenti." Jean lo abbraccia, restano così per un po' mentre il sole tramonta su Parigi. Per stare più comodi André si posiziona tra le gambe di Jean e appoggia la sua testa sulla spalla di Jean. "Dove eri finito quella sera?"

"Giravo e basta, non avevo una meta." restano in silenzio per qualche momento, guardando la città illuminarsi con l'avanzare della notte. "Riusciremo a fermare questa follia? Non mentirmi."

"Non lo so Jean..." André esita prima di rispondere, non vuole distruggere tutte le sue speranze, ma non può mentire, più proseguono i giochi, meno possibilità hanno di salvarsi.

"Cosa stiamo aspettando ancora? Abbiamo tutto in mano, possiamo denunciare Lucas alla FIA e fermare tutto." Jean alza il tono di voce, è una sua abitudine ogni volta che qualcosa non va per il verso giusto per lui.

"La FIA non è dalla nostra parte, Jean, non ci ascolterebbero mai. Quei pochi dalla nostra parte non potevano intervenire e in più sono stati cacciati dalla federazione... siamo soli." André sospira e Jean si rilassa, probabilmente rassegnato. "Dovremmo agire dall'interno, ma per farlo ci serve qualcosa che sia abbastanza per ribaltare tutto e non ce l'abbiamo, probabilmente non l'avremo mai..."

"Cosa abbiamo fatto di male?" Jean alza gli occhi al cielo, le prime stelle iniziano a farsi vedere.

"Siamo diventati importanti Jean, abbiamo oscurato il loro cavallo di battaglia..." Jean guarda incuriosito André a pochi centimetri da lui.

"Cosa vorresti dire con questo?"

"Che siamo diventati più importanti della Formula Uno, tutti parlano di noi, ci seguono... non lo accettano, non l'hanno mai fatto." André non guarda Jean nel suo discorso, ragiona su tutti i casi in cui hanno fatto il loro giochetto. Mai si sarebbe aspettato di finire in una situazione del genere.

"Mi stai dicendo che vorrebbero farci ammazzare tutti solo perché nessuno guarda più la loro categoria prediletta? Non ha alcun senso, e poi cosa vuol dire "non l'hanno mai fatto"?" Jean si mette a sedere lasciando che André si volti verso di lui per parlare. La faccia di André non promette niente di buono.

"Esattamente, ma è solo una supposizione. Ci ho ragionato durante il viaggio e mi sono reso conto che ci sono stati diversi altri casi in cui la FIA ha soppresso dei regolamenti o categorie intere che in quel periodo erano molto più seguiti della Formula Uno." Jean lo lascia continuare, potrebbe essere utile per fermare i giochi se la sua teoria viene confermata "Quello che non capisco è tutto questo esibizionismo, perché tutto questo spargimento di sangue?"

"Non c'è un effettivo precedente André, non capisco dove tu voglia andare a parare." Jean non riesce davvero a comprendere il ragionamento di suo marito, sarà che la stanchezza gli annebbia la mente, ma non riesce a pensare a qualcosa che somigli minimamente alla loro situazione.

"Hai ragione, non c'è mai stato qualcosa di simile a quello che stanno facendo a noi: in passato si è trattato di singoli eventi, programmati o no. Hanno giocato di strategia, cogliendo la palla al balzo all'evento più eclatante per mettere la parola fine."

"Però quando hanno visto che la popolarità aumentava hanno iniziato a pianificare? Correggimi se sbaglio." Jean si volta verso André sedendosi a gambe incrociate sul divanetto, sorseggiando dal suo bicchiere il vino che aveva abbandonato prima.

"Proprio così, e lo hanno fatto alleggerendo il regolamento in modo che succedesse prima o poi un disastro, qualcosa che creasse un pretesto per dire basta e cancellare quel periodo dalla loro storia."

"Ma non possono cancellarlo, la gente lo ricorderà sempre e anzi, chiederà di ritornarci a gran voce..." André non riesce a sopportare la nota di speranza nella voce di Jean, non riesce a fargli capire che di speranza non ce n'è più, almeno per lui.

"Lo sai bene che la federazione pensa solo a sé stessa e alla sua classe regina. La gente comune, gli altri piloti... non conta nessuno."

"Dobbiamo provarci André, non puoi farmi quella faccia rassegata. Tu, André Lotterer, colui che sta a capo di questa sorta di resistenza, rassegnato? Non se ne parla, confidiamo tutti in te." Jean prende la mano ad André e lo costringe a guardarlo negli occhi "Io confido in te e lo so che ce la faremo, ne usciremo insieme..."

"Non sono sicuro di niente Jean, niente riguardo ai giochi è certo..."

"Liberiamoci da questo manicomio e ritiriamoci André. Io e te in un posto sperduto, nel deserto o nei boschi del nord, dove nessuno ci troverà più, dove potremo vivere in tranquillità e invecchiare insieme..." André non vuole distruggere ancora le sue speranze, decide di dargli corda a fin di bene, anche se lo sa bene che potrebbe danneggiarli ancora.

"Va bene, Jean... va bene." André non gli dà l'opportunità di replicare, lo fa tacere appoggiando le sue labbra su quelle del francese. "Ma prima dobbiamo liberarci."

"Domani andiamo agli archivi, così mi spieghi meglio la tua strana teoria." André si finge offeso dalla poca fiducia di Jean, la mette sul piano dell'ironia nonostante ci sia ben poco da ridere. Almeno questa sera vuole che l'atmosfera non si appesantisca inutilmente.

"Ha più senso di quello che sembra, te lo garantisco."

La serata si trasferisce poi dal divano al letto dove in poco tempo Jean si addormenta incollato ad André. Il tedesco invece non chiude occhio, continua a pensare a quella sua strana teoria che ha più senso di quanto immaginasse. Ma un'intuizione geniale ha il suo prezzo da pagare, forse nemmeno André sa cosa ha appena risvegliato e di certo non lo lascerà vivere finché non si sarà acquietato di nuovo.

Ha appena trovato un tassello nei grandi piani della FIA, uno dei più importanti, uno di quelli che potrebbe tirarli fuori dall'arena e ribaltare ogni cosa o portarli definitivamente alla rovina.

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