DARKER//kookv

By fiamminga95

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"Due cuori, la stessa cicatrice" [COMPLETA] +++ Taehyung è un attore che dopo tanto tempo torna in corea per... More

Personaggi e Avvertenze
Prologo
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Epilogo

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By fiamminga95

Capitolo 14

La cintura





Jungkook era molto emozionato. Si guardava allo specchio con la sua nuova, bellissima, divisa scolastica. Era un bel completino grigio con un bel fiocco colorato al collo e i pantaloncini corti. Le calze bianche arrivavano proprio sotto il ginocchio.

La sua nuova divisa era diversa da quella del collegio, ma finalmente aveva la possibilità di frequentare un posto vicino casa, e non un collegio lontano. A dodici anni non aveva più paura dei nuovi inizi. Era più felice di come non lo fosse mai stato. Si era diplomato qualche mese fa e adesso cominciavano le scuole medie nell'istituto comprensivo della Scuola Chang Lee di Seul: la più prestigiosa, costosa e riconosciuta scuola media e superiore della Corea.

Gli era stato detto che tutti i suoi futuri compagni sarebbero stati figli di amici dei suoi genitori, gente come lui. Anche prima era stato così, ma la disciplina e la rigidità del collegio aveva lasciato fuori molti suoi coetanei che invece erano andati alla Chang Lee.

Finalmente, Jungkook sarebbe potuto tornare a casa dopo scuola.

Ma non era questo il punto.

Per qualche motivo, l'autista non aveva portato lui e Taehyung insieme. Ordini di suo padre.

Taehyung aveva avuto la possibilità di andare alla Chang Lee perché sua madre gli aveva pagato la retta, per offrirgli un futuro più radioso. Taehyung aveva dovuto sostenere un test di ammissione per dimostrare di essere al livello degli altri bambini. Ora frequentava la scuola già da due anni.

Per tutta l'estate, Taehyung non aveva voluto parlare della scuola. L'unica volta in cui la accennava era in presenza di sua madre, quando si spendeva per parlare bene di tutte le cose che gli facevano fare e quanto gli piacesse andare in una scuola così prestigiosa.

Jungkook aveva provato a fargli qualche altra domanda, ma Taehyung non aveva mai risposto: si limitava sempre a cambiare discorso o a rispondere con un'altra domanda. Anche per lettera, quando Jungkook scriveva dal collegio, Taehyung aveva solo accennato al fatto che ora andava in quella scuola e per molto tempo Jungkook non aveva nemmeno capito che sarebbe stata la scuola che avrebbe frequentato anche lui.

Saltò di gioia quando sua madre glielo spiegò, e si chiese perché Taehyung non era sembrato così contento come lo era lui.

Sua madre aveva sempre lo sguardo triste.

Difficilmente sorrideva più anche per quei pochi giorni in cui Jungkook tornava dal collegio. L'aveva vista incupirsi nel tempo, senza capire cosa stesse succedendo. A volte, anche quando era a casa, sua madre non scendeva nemmeno a salutarlo, né si faceva vedere, come se non fosse in casa. Ma Jungkook sapeva che sua madre c'era e Taehyung poteva sempre confermarglielo.

«Mamma Jeon a volte non si alza nemmeno dal letto» aveva spiegato. «La nonna ha detto che si ammala spesso»

«Di che cosa si ammala?»

«Non lo so. Ma è sempre triste. Mi dispiace. Ogni tanto però» Taehyung sorrideva «Mi chiama. Passiamo un po' di tempo insieme come facevamo quando ero piccolo. Così le parlo di quello che ho visto, o di qualcosa che ho imparato a scuola ... a volte leggiamo le tue lettere. Sembra più contenta, dopo»

«Meno male che ci sei tu, Tae-Tae» aveva detto lui «Se papà non si impuntasse col farmi andare al collegio sarei anche qui a far divertire mamma»

Ora però, non c'erano più problemi. La scuola era a dieci minuti di auto da casa e lui avrebbe potuto passare tutto il tempo che voleva con sua madre. Tanto suo padre non era mai in casa e se c'era era sempre in ufficio dove lui non aveva il permesso di entrare.

Però ... perché Taehyung non poteva prendere la macchina insieme a lui? Partivano dallo stesso posto!

Invece il suo amico aveva dovuto prendere l'autobus come faceva da due anni ormai.

Una volta a scuola il suo primo giorno fu divertente. Lo mandarono nella sua classe dove c'erano pochi studenti e si presentò a tutti. Il posto non era bello come il collegio, che aveva grandi pareti tappezzate di legno e grandi tappeti, ma era moderna e piena di cose tecnologiche che non aveva avuto nella sua vecchia scuola.

I professori si presentarono e fecero delle brevi lezioni introduttive stimolanti e interessanti. Jungkook aveva imparato che gli piaceva studiare. Non gli dispiaceva affatto perdere molte ore sui libri e imparare a fare cose nuove. Taehyung si annoiava e si stufava mentre invece Jungkook poteva mettersi a leggere o fare i compiti di matematica senza stancarsi. Tae-Tae diceva sempre che era super intelligente, ma lui in realtà faceva solo quello che gli piaceva, senza sforzarsi troppo.

Durante la pausa pranzo, scese insieme ai suoi nuovi compagni di classe in caffetteria per mangiare. Jungkook sporse il collo per vedere se c'era Taehyung. «Vieni a sederti con noi?» disse uno dei bambini con cui aveva parlato di più e che aveva il banco vicino al suo.

Jungkook, con il vassoio in mano aveva avvistato il suo amico. Taehyung sedeva da solo con il suo vassoio davanti. Sorrise: «Venite con me? Vi faccio conoscere il mio migliore amico!» disse, indicando Taehyung. L'altro gruppo di bambini si sporse per guardarlo ma rimasero accigliati. «Uh ... non è quello povero che hanno fatto entrare per raccomandazione?» chiese proprio lo stesso ragazzo di prima «Mio padre ha detto che la scuola aveva fatto entrare uno ritardato perché gli era stata pagata la retta»

«Ehi» Jungkook si accigliò «Vedi che Taehyung non è ritardato»

L'altro bambino alzò se spalle «Scusa. Ma non mi va» lui e gli altri ragazzini del primo anno si andarono a sedere per fatti loro. Bene, se non volevano seguirlo, tanto meglio! Lui e Taehyung stavano comunque bene da soli.

«Ehi, Tae» poggiò il vassoio davanti a lui si sedette «Non ti ho visto stamattina!»

Taehyung alzò gli occhi su di lui e poi si guardò intorno. «Ehi Kookie. Che fai qui?»

«Mangiamo insieme?» chiese, mentre apriva il sacchetto di plastica con il pane.

«Uh» l'altro ragazzo strinse le spalle «Perché non vai con i tuoi coetanei? Meglio conoscere qualcuno del tuo anno»

«Mmm» lui scosse la testa «Tanto li vedrò tutti i giorni, che differenza fa» aprì le bacchette «Come è andato il primo giorno?»

«Bene. Raccontami il tuo» chiese l'altro mentre cominciava a mangiare con lentezza. A Jungkook si illuminarono gli occhi e cominciò a parlare a raffica come faceva di solito. Gli veniva facile parlare con Taehyung, perché lui era quello più silenzioso che preferiva ascoltare.

Mentre stava parlando, però, qualcuno si poggiò al loro tavolo. «Ehi, guarda un po', lo scemo si è trovato un amichetto»

Jungkook si accigliò e si voltò.

C'era un ragazzo poggiato al tavolo, uno dell'età di Taehyung. Aveva la divisa non allacciata per bene e non portava il fiocco alla gola. C'erano altri due tipi dietro di lui. Avevano i capelli spettinati e anche loro portavano male la divisa. Stavano ridendo per qualche motivo.

«Jung-Hee ...» riconobbe a bassa voce Taehyung.

«Ohi, non sei felice di vedermi, Tata?» chiese questo Jung-hee. Il cipiglio di Jungkook crebbe. Chi era questo che si permetteva di parlare in questo modo? «Sarebbe Tae-Tae» spiegò «Non Tata».

Jung-Hee si voltò verso di lui, come per guardare una formica che era finita nel suo piatto. «E tu chi cavolo sei?» chiese.

«Jeon Jungkook»

«È uno di quelli di primo» disse uno dei ragazzi dietro Jung-hee e il capo fece un mezzo sorriso «Non sa bene come funzionano le cose qui». Jung-Hee si girò di nuovo verso Taehyung e chiese: «Non lo vuoi spiegare tu al tuo amichetto, "Ta-ta"?» detto questo diede un colpo in testa a Taehyung. Uno schiaffo leggero, ma abbastanza forte da far piegare la testa di Taehyung in avanti. «Ohi, non lo colpire forte, così diventa più stupido!» ridacchiarono i due dietro il bullo.

Perché era quello: Jung-hee era un bullo. Jungkook non si era mai trovato davanti a quel genere di ragazzi. Per un momento rimase a bocca aperta, mentre Taehyung si stringeva nelle spalle e subiva in silenzio.

«Ehi! Taehyung non è affatto stupido!» disse, quando si riprese.

«Perché ha l'insegnante che lo aiuta, allora? Non c'è niente di male ad essere ritardato e ricevere un po' di beneficenza, se lo ammetti. Non è vero Tata? Dillo che sei ritardato» gli diede un altro colpo in testa e Jungkook si alzò in piedi. «Smettila!» disse «Taehyung non ha fatto niente di male»

«Il ragazzino ha una sua spina dorsale. Peccato che sia così basso. Non ci credo che hai dodici anni, sembri uno di otto» Jung-hee ridacchiò e con una manata sulla testa, costrinse Jungkook a sedersi.

Era troppo gracile per difendersi, e le sue gambe non riuscirono a resistere alla forza che l'altro esercitò sulla sua testa. Si rimise a sedere con un tonfo, provando a far togliere la mano di Jung-hee dai suoi capelli ma senza riuscirci. I tre bulli ridacchiarono, vedendolo così piccolo e gracile che nemmeno riusciva a togliersi una mano dalla testa.

«Smettetela, per favore. Non fate male a Jungkook» provò a dire Taehyung, mentre cercava di fermarli.

«Dì che sei stupido allora. Di "Sono Kim Taehyung e sono stupido!»

«Sei cattivo!» disse Jungkook ancora lamentandosi senza riuscire a togliersi la mano dalla testa.

Taehyung arrossì e abbassò la testa, sussurrando «Sono Kim Taehyung ... e sono stupido».

I tre bulli scoppiarono a ridere fragorosamente e poi lasciarono andare Jungkook «Non ci posso credere, lo ha detto davvero!»

Jung-hee mise il braccio intorno alla spalla di uno dei suoi due amici e se ne andò, dicendo: «Non è nemmeno divertente, quand'è così facile». Sghignazzò, mentre Jungkook lo fulminava con lo sguardo e si rimetteva a posto i capelli.

«Chi sono quelli?!» chiese, innervosito.

«Si chiamano Hwang Jung-Hee, Yun Ji e Mok Seung ... sono tre del mio anno. Sono un po' antipatici»

«TaeJungkook mise le mani sul tavolo e lo guardò fisso, anche se l'altro stava rigirando la zuppa con le sue bacchette con grande interesse. «Sono dei bulli!»

«Uhm ... forse» disse a bassa voce.

«Ti danno sempre fastidio?» chiese, ora preoccupato.

«Non sempre ... si vogliono solo divertire»

«Con te! Ma scusa ...» si guardò intorno «Nessuno ha detto niente?» qualcuno aveva guardato al loro tavolo ma si erano disinteressati subito. Erano rimasti solo a guardare lo spettacolo.

«Nessuno si mette contro di loro. I loro genitori sono molto ricchi e famosi. In più, non è che dicano cose che sono false. Mi prendono solo un po' in giro»

«Non credo. E poi Tae ... essere dislessico non vuol dire che sei stupido» strinse le labbra «Non mi avevi detto che ti avevano dato un insegnante per aiutarti a studiare. È così difficile?»

«Sono grato a mamma Jeon per avermi dato la possibilità di studiare qui. Sono io che sono troppo stupido per i loro livelli»

«Prima di tutto ... non è vero» alzò un dito «E secondo, se non ti piace stare qui perché non lo hai detto alla mamma?»

Taehyung alzò gli occhi, finalmente su di lui e stinse le labbra: «Non voglio farla sentire più triste. Ci tiene molto a darmi una buona istruzione, sono io il problema» spiegò, decidendo che non voleva più mangiare e mettendo da parte il su vassoio. «E forse, Jungkook, non dovresti più venire a mangiare con me. Stai con i tuoi amici»

«Sei tu il mio amico»

«Fanne di altri»

«Come se fosse facile» mugugnò lui.

«Saremo amici a casa» disse Taehyung «Ma a scuola ... forse è meglio che non ti fai vedere molto con me»





+++





Quella sera aveva pensato di andare a parlare con sua madre. Ancora con la divisa, salì a grandi passi le scale per arrivare fino alla sua camera.

Si fermò quando trovò qualcuno alla soglia, con un vassoio in mano «Nonna Kim» riconobbe. La signora guardò prima la camera la cui porta stava chiudendo, e poi il bambino. «O, buon pomeriggio signorino Kookie. Siete già tornati?»

«Io sì» disse. Taehyung aveva di nuovo preso l'autobus e non sapeva quanto tempo in più ci impiegava rispetto ad un viaggio in macchina. La nonna mascherò a fatica un'espressione triste che sparì alla stessa velocità con cui era arrivata. «Bene» rispose.

«Devo parlare con mamma»

«Mi dispiace, ma la signora non si sente molto bene adesso» spiegò «Forse più tardi ... o domani. Sicuramente domani si sentirà meglio»

«Solo cinque minuti» Jungkook di solito non si impuntava così con gli adulti e non disubbidiva mai, perciò, quando bussò alla porta, la signora Kim era così sorpresa che non ebbe la prontezza di fermarlo o di rimproverarlo.

Jungkook entrò.

La camera era solo quella della madre: lei e suo padre da un sacco di tempo non dormivano più nella stessa stanza. La tapparella era quasi completamente abbassata e la luce era poca. Sua madre era rannicchiata nel letto, sotto pesanti coperte.

«Mamma?» chiese, agitato. Non aveva mai visto sua madre così.

Riconobbe la matassa di capelli neri spuntare sul cuscino oltre le coperte e fede pochi passi incerti verso di lei. «Mamma, come stai?»

«Kookie ...?» lei alzò la testa. Non era bella come era prima. La sua pelle era molto sottile, grigia e il contorno degli occhi completamente viola. Si sporse un po' verso di lui «Ehi, tesoro» fece un sorriso teso che Jungkook non riconobbe «Mi dispiace di non esserci stata al tuo primo giorno di scuola. Com'è andata?»

«Mamma ... non stai bene?»

«Lo sai, a volte la mamma ha bisogno di stare a letto. Sono molto stanca ... ma dimmi almeno un poco come è andata la giornata» provò a mettersi seduta e Jungkook andò immediatamente a sorreggerla quando lei si sedette alla testiera del letto. «La scuola ti piace? È bella vero? La migliore di Seul, mi hanno detto. Anche a Tae-Tae piace molto»

Quando parlò del suo amico, il suo sorriso sembrò un po' più genuino.

«La scuola ...» Jungkook non capiva. Non capiva né perché sua madre stava così né perché lui aveva tanta paura. «La scuola è molto bella. Taehyungie aveva ragione. Tutte le lezioni sono molto interessanti»

Sua madre sorrise di nuovo, anche se sembrava stare per addormentarsi gli accarezzò il viso e la sua mano era sudata «Bravo bambino. Sei la gioia della mamma. Sei tanto intelligente e buono» il suo sorriso divenne più triste «Dispiace alla mamma di non essere venuta. Ma ... mi ricordavo come non ti piacesse il collegio all'inizio e di come i bambini più grandi ti facevano paura. Così ho pensato che quando saresti andato alla nuova scuola, sarebbe stato bello avere Taehyungie con te. Hai già un amichetto che ti aiuta, non è vero?»

«Sì ... hai ragione» disse Jungkook con il petto pensate e il cuore che batteva forte per l'agitazione.

«Bene» sua madre fece un piccolo cenno «Sono contenta di averlo fatto accettare in quella scuola. Lo aiutano molto bene con la sua dislessia. La scuola pubblica non faceva nulla ... ora ha dei buoni insegnanti e un buon amico»

«Mmmh»

Sua madre sorrise di nuovo e si mise distesa «Per favore, lasciami adesso. Ho bisogno di stendermi un po'»

«Mamma ...?» sentiva il cuore battergli nel petto più forte «Che cos'hai?»

Jungkook sapeva che a volte suo padre alzava le mani con la mamma. Assisteva molto di rado, e sempre all'insaputa dei suoi genitori. Non ne aveva mai parlato perché sapeva che sua madre non voleva che lui lo sapesse. Lui per primo non avrebbe voluto saperlo. Ma ora aveva paura che suo padre avesse fatto troppo male a sua mamma.

«Sono solo un po' giù, Jungkook. Domani mi sentirò meglio» gli strinse la mano, rimettendosi le coperte addosso «Va' a fare i compiti»

«Ma se sei giù ...» provò a dire lui, ancor più agitato «Possiamo ... possiamo fare una passeggiata! Oppure andiamo nel giardino a guardare i fiori ... oppure possiamo uscire e andare a vedere un film? Ti piace sempre fare queste cose! Andiamo io, tu, Nonna Kim e Tae-Tae, come quando eravamo più piccoli. Andiamo a vedere un film ridicolo»

Sua madre lo spinse delicatamente via dal letto. «Non funziona questa volta, Kookie»

«Ma sei triste ...»

«Jungkook» disse più seriamente sua madre «A volte i grandi prendono una tristezza più brutta di quella dei bambini. Una che si cura con le medicine. Fammi riposare, va bene? Domani mi sentirò meglio quando le medicine mi faranno effetto»

«Ma ...»

«Jungkook. Per favore. Sii ubbidiente»

Jungkook rimase zitto, con la mascella stretta. Ancora una volta, non capiva. Molto spesso gli adulti lo confondevano. Non sapeva che la tristezza potesse diventare una malattia. Come si curava? Come si migliorava?

Non poteva dire a sua madre quello che aveva visto a scuola.

Ora capiva Taehyung, quando aveva detto che non poteva parlarne con sua madre.

Uscì dalla stanza, con il cuore pesante, senza sapere che cosa fare.





+++





I mesi passarono lenti. Jungkook non aveva accettato che Taehyung venisse trattato così male, e aveva deciso di stare incollato a Taehyung per tutto il tempo che l'altro non passava in classe. Il suo migliore amico aveva cercato di metterlo in disparte a volte decidendo di non farsi trovare per non mettere Jungkook in cattiva luce. A lui non importava molto.

Quasi tutto il suo primo anno era passato cercando di scacciare quei tre bulli dalla vita di Taehyung.

La cosa che lo innervosiva di più era che Taehyung stesso non voleva difendersi. Subiva tutto passivamente, come una specie di bambola di pezza.

Jungkook aveva dimenticato i tempi in cui, da piccolo, Taehyung giocava a fare il robot. Aveva dodici anni e più della metà della sua vita era piena di ricordi di Taehyung, uno più forte e significativo dell'altro. A malapena ricordava il loro primo incontro. Gli sembrava che l'altro fosse con lui da quando era nato. Non sapeva che stare zitto e subire, per Taehyung, era l'unica via per assicurarsi che non sarebbe successo di peggio. Jungkook, del resto, non sapeva molto di quello che era successo con la vecchia famiglia di Tae-Tae e immaginava che l'altro se lo fosse anche dimenticato.

Ma Taehyung non dimenticava.

«Abbi un po' di spina dorsale, per la miseria!» gli aveva detto una volta, in preda alla rabbia e alla frustrazione, perché gli sembrava di combattere contro un muro mentre il resto del palazzo crollava. Taehyung non faceva altro che stringere la testa tra le spalle.

E ora erano sette mesi che si era dovuto confrontare con il fatto che la vita era più difficile quando si cresceva, così come gli aveva detto Taehyung. Erano spariti i giorni in cui aveva paura per sé stesso ed erano cominciati quelli in cui aveva paura per gli altri.

Per sua madre che entrava ed usciva da quella malattia senza nessun'avvisaglia, senza che Jungkook potesse essere sicuro che il giorno dopo sua madre non avesse una ricaduta, e per Taehyung che subiva angherie ogni giorno.

«Se continui così, se non ti difendi, arriveranno al punto di farti male davvero!»

«Non possono farmi male» aveva detto Taehyung con sguardo distante. «Non davvero»

Jungkook non capiva e non ci teneva a farlo, perché Taehyung a volte non aveva proprio il minimo senso.

Stava sopportando lo stesso trattamento per lui e l'unica cosa che sembrava mettere un po' di desiderio di resistenza a Taehyung era il fatto che anche Jungkook si faceva male.

Ormai poteva elencare tutti i dispetti che aveva subito su una lunga lista fatta di due pagine di diario. Lui e Taehyung trovano i loro banchi disegnati con parole cattive, quando se ne andavano. Se Taehyung era lo stupido, lui era diventato il secchione cocco della maestra. Nemmeno i suoi compagni di classe parlavano molto con lui, per paura di essere coinvolti in quei dispetti.

Una volta gli era stato rubato il pranzo.

Una volta nel corridoio qualcuno gli aveva messo lo sgambetto e lo aveva fatto cadere a terra.

Un'altra volta, negli spogliatoi, non aveva trovato i suoi vestiti dopo l'ora di ginnastica.

Taehyung subiva esattamente le stesse cose, senza nemmeno arrabbiarsi. Abbassava la testa e chiedeva scusa, come se davvero fosse colpa sua mentre Jungkook si impuntava ed urlava.

Forse proprio lui, piccolino e smilzo, dava più soddisfazioni, ed era venuto il momento in cui avevano cominciato a prenderlo di mira non per la sua amicizia con Taehyung ... ma perché proprio non sopportavano Jungkook.

La scuola era diventata una lenta tortura in cui nessuno gli parlava, alcuni lo tormentavano e il compagno dei suoi dolori voleva allontanarlo sperando che non subisse la stessa cosa.

Non aveva mai litigato con Taehyung così tanto in vita sua. Ogni occasione era buona per rimproverarlo. Non era davvero arrabbiato con Taehyung, era arrabbiato con sé steso perché palesemente il suo migliore amico non era in grado di prendersi cura di sé stesso e quindi questo compito ricadeva su di lui ... e Jungkook non ne era capace.

Malediceva il suo corpo. Aveva solo dodici anni ma i suoi coetanei crescevano più di lui e chi era più grande gli sembrava un Golia, mentre lui era il piccolo Davide che però non aveva la forza di vincere.

Quella mattina era stato chiuso in bagno. Era già furioso come poche volte prima di allora, perché aveva dovuto urlare e umiliarsi per chiedere a qualcuno di aprirgli la porta. Il giorno prima aveva trovato nel suo armadietto delle scarpe un biglietto appicciato sul metallo con scritte offensive. Forse era davvero un secchione cocco della maestra, ma cosa c'era di sbagliato nell'essere più intelligente degli altri?

L'intera faccenda gli aveva fatto capire di essere piccolo e fragile e allo stesso tempo troppo intelligente per tutte le persone che c'erano intorno a lui. Quell'ambiente infantile piene di teste calde lo stava mandando in bestia.

Forse era l'età ... non sapeva dirlo ... ma sentiva come i nervi a fior di pelle, un'energia nera che ribolliva proprio sotto la superficie.

Non vedeva Taehyung da due giorni: l'altro era sfuggente come un'anguilla ed era stato bravo ad evitarlo per tutto quel tempo. Jungkook non aveva avuto ancora il tempo di andare direttamente a casa sua a parlargli, ma quella sera, di sicuro l'avrebbe fatto.

I suoi piani andarono in fumo.

Era la pausa pomeridiana, e Jungkook aveva ancora l'odore di gabinetto pubblico addosso quando uscì nel giardino della scuola per trovare un posto isolato per mettersi a leggere e cercare di pensare ad altro. Di rilassarsi. Di calmarsi.

Sentì delle voci che ridevano, voci conosciute, ed andò ad indagare.

Ji e Seung stavano trattavano Taehyung mentre Jung-hee stava cercando qualcosa nel suo zaino. Stavano parlando, ma Jungkook non poteva sentirli. Jung-hee lasciò andare lo zaino di Taehyung e lo gettò a terra, incurante del fatto che tutto il suo contenuto finì nell'erba, e si diresse direttamente verso l'altro ragazzo. Gli mise le mani addosso. Stava cercando qualcosa.

Gli altri due tenevano Taehyung fermo, mentre lui faceva segno i no con la testa e provava a liberarsi. Jung-hee continuò a palparlo, cercando qualcosa e, in un attimo e totalmente per caso, Taehyung mentre cecava di sottrarsi, colpì con un ginocchio l'inguine di Jung-hee.

Jungkook rimase a bocca aperta e Jung-hee barcollò all'indietro, mettendosi le mani sulla pancia e imprecando.

«Jung-heee ... mi dispiace ... non volevo ... non intendevo ...» provò a giustificarsi Taehyung, ora più spaventato di prima. Divenne improvvisamente immobile, come una bambola tra le mani degli altri due, mentre tremava.

«Stronzo! Mi hai colpito!» Jung-hee si riprese in fretta solo grazie alla sua rabbia.

Il libro cadde dalle mani di Jungkook mentre faceva un passo avanti «Fermo!» disse, ma non servì a niente.

Jung-hee aveva già dato un pungo dritto in faccia a Taehyung. L'altro ragazzo gemette e provò a ritrarsi ma un rivolo di sangue denso gli sgorgò dal naso, mentre annaspava. Gli altri due bulli lo lasciarono andare e Taehyung si accasciò a terra, trattenendosi il viso e cercando di fermare il sangue. «Come ti permetti, cretino!» continuò Jung-hee e, ancora in preda alla furia, diede un calcio alla schiena di Taehyung, che finì completamente a terra, con un guaito e le lacrime agli occhi. Non emetteva nessun'altro suono e non si mosse più di quello che gli serviva a raggomitolarsi a terra.

Jungkook non l'aveva mai visto così.

Mai una volta l'aveva visto piangere, sporco di sangue. Mai una volta aveva visto il suo Tae-Tae rannicchiarsi a terra come un topolino spaventato mentre altri lo prendevano a calci.

Lo vide coprirsi la testa con le mani e fare solo un piccolo singhiozzo strozzato.

Jungkook perse la testa. Improvvisamente non aveva nessuna importanza che era uno contro tre più grandi di lui. Non seppe nemmeno come e perché era finito aggrappato alla schiena di Jung-hee a tirargli e strappargli i capelli, morderlo e dargli pungi.

Jungkook non aveva alzato le mani mai una volta in vita sua. Nemmeno nei giochi all'aria aperta, quando si faceva finta di fare la guerra, aveva mai dato più di uno pacato schiaffetto sulla schiena di qualcuno. Non sapeva da dove gli veniva tutta quella rabbia.

Nei reconditi della sua mente aveva l'immagine di suo padre che colpiva sua madre e anche se sua madre si sovrapponeva a Taehyung, ora gli serviva ricordare esattamente cosa aveva visto fare al padre per picchiare Jung-hee.

«Levatemelo di dosso! Ah!! Ah!!» Jung-hee provò a sbatterlo contro un albero ma Jungkook si scoprì più resistente di quello che credeva. La situazione era così fuori dall'ordinario che gli altri due bulli rimasero allampanati e sorpresi e non cercarono di aiutare il loro capo.

Le urla allarmarono degli adulti e prima che Jungkook riuscisse a razionalizzare quello che stava succedendo, delle mani forti lo avevano allontanato. Lo stavano rimproverando ma a lui non importava. Voleva continuare a picchiare e mordere finché non fosse finito a terra senza energie.

Doveva continuare a combattere. Era l'unica cosa che poteva fare.

Pochi minuti e finirono dal preside. I tre bulli, lui e Taehyung. Jungkook non si sentiva a contatto con il suo corpo. Aveva ancora il battito accelerato e l'adrenalina che gli bruciava le vene, gli occhi iniettati di sangue mentre praticamente ringhiava agli altri tre bulli che sembravano, per la prima volta, spaventati.

Gli piaceva. Gli piaceva che avessero paura di lui.

Taehyung piangeva in silenzio, con un fazzoletto poggiato sul naso.

Vennero chiamati i genitori e padri – e una madre – dei bulli arrivarono per parlare con il preside. Jungkook si aspettava di vedere entrare sua madre nella stanza del preside e invece, vide suo padre.

Spalancò gli occhi, sorpreso. Lo stesso fecero gli altri genitori dei bambini.

Erano solo loro adesso: Taehyung era stato mandato in infermeria, anche se Jungkook sentiva il bisogno di andarci anche lui. Tutto il suo corpo faceva male e aveva le unghie sporche di sangue.

«Signor Jeon» disse sorpreso il preside, quando vide entrare suo padre.

Jungkook non capì subito quello che stava vedendo succedergli davanti agli occhi.

I genitori dei tre bulli si scusarono con suo padre. Anche il preside lo fece. Hwang Jung-Hee, Yun Ji e Mok Seung erano allibiti che i loro genitori non si indignarono nemmeno un poco per ciò che era successo, tanto più che suo padre non disse nemmeno mezza parola.

La questione fu liquidata velocemente e Jungkook e Taehyung furono riportati a casa, da suo padre in persona.

Taehyung continuava a tremare e non alzare la testa per guardare il signor Jeon, mentre Jungkook stava ancora cercando di capire cosa era successo.

Scesi dalla macchina, Taehyung si scusò immensamente davanti a suo padre, assicurando che non sarebbe mai più successa una cosa del genere. Suo padre gli rivolse solo una smorfia, dicendogli: «Sparisci immediatamente»

Taehyung squittì come un topolino spaventato, e di nuovo senza alzare gli occhi, senza nemmeno guardare Jungkook, scese dalla piccola collina per andare a casa sua.

Jungkook lo osservò andarsene e disse: «Tae ... ah!»

Si prese la testa tra le mani quando suo padre, da dietro gli diede uno schiaffo. Rimase senza respiro. Suo padre non disse niente, perché era un uomo di poche parole, e lo afferrò per un braccio e lo riportò in casa, su per le scale, dentro l'ufficio dove Jungkook non poteva mai entrare.

Il bambino rimase fermo in piedi, al centro della stanza, con gli occhi spalancati, davanti a suo padre che si allentava il colletto «Sei una disgrazia, come tua madre. Sono queste le figure che mi fai fare ...»

«Io volevo ...»

«Zitto, non mi interessano le tue giustificazioni»

Jungkook chiuse la bocca, spaventato dall'aspetto minaccioso e arrabbiato di suo padre. «Così ti comporti con i tuoi compagni di scuola? È questo il figlio che ho cresciuto?»

«Hanno fatto male a Taehyung!» non riuscì ad impedirsi di parlare, anche se suo padre lo fulminò con lo sguardo «Non potevo rimanere a guardare!»

«Che ci fai con quel buono a nulla?»

«È mio amico!» rispose lui con decisione.

«No, non lo è» suo padre si poggiò alla scrivania dello studio e cominciò a togliersi la cintura. Jungkook non sapeva cosa volesse dire, ma deglutì a vuoto, cominciando a tremare. «Credo sia il momento di farti un discorso, uno che mio padre mi fece tanto tempo fa, quando ha fondato la compagnia» si passò la cintura di cuoio nero tra le mani.

Poi continuò, mentre Jungkook continuava a tremare, spaventato: «C'è solo una cosa che importa a questo mondo, figlio mio. I soldi. Con i soldi puoi fare tutto, con i soldi hai il potere. E noi, Jungkook abbiamo molti soldi» alzò le sopracciglia e si arrotolò la cintura intorno alla mano «Molti soldi. Più dei tuoi amici. Più dei bulletti che hai provato a picchiare. Più di quelli di chiunque altro c'è nella tua scuola. Sono molto pochi coloro che hanno più soldi, più potere di noi. Tu, un giorno, sarai come me e continuerai a fare tutti questi soldi. Le uniche persone che ti sono amiche, sono quelli come te. Gli unici tuoi pari con cui ti puoi confrontare. Tutti gli altri, sono formiche sotto la tua scarpa»

Lasciò andare la cintura che ormai teneva quasi completamente arrotolata, ad eccezione dell'ultimo lembo.

«Quello che tu chiami "amico" è la formica sotto la scarpa. Un progetto di carità di tua madre. E se ti mette in condizione di essere da meno di ciò che sei, è un nemico»

Jungkook aprì la bocca, senza capire. No. Taehyung è suo amico. Tae-tae è come suo fratello ...

«Tu sei mio figlio, anche se si debole come tua madre. Ma sei Jeon Jungkook. Nessuno può permettersi di metterti i piedi in testa. Nessuno può permettersi di risponderti male. Tutti intorno a te devono solo farti strada e sperare di essere abbastanza fortunati da farsi notare. Questo significa essere un Jeon, hai capito? E se non lo hai capito adesso, vedrò di fartelo capire bene. Vieni qui»

Jungkook rabbrividì e non si mosse.

«Vieni qui. Adesso» ordinò suo padre.

Jungkook, alla fine, camminò piano verso di lui. Suo padre lo afferrò e lo spinse contro la scrivania per metterlo piegato. Aveva capito cosa stava per succedere, ma non riuscì a smettere di avere paura o di piangere, anche se silenziosamente.

Sentì il primo colpo della cintura come una bruciatura. Prima la sensazione pungente nel punto preciso in cui era stato colpito, poi un dolore diffuso tutto intorno. Non riuscì a non urlare, a quel punto. Urlò anche la seconda, la terza, la quarta fino alla decima volta, finché non aveva più voce e non aveva più lacrime.

Quando suo padre ebbe finito, si rimise la cintura, dicendo: «Spostati dalla scrivania. La metti in disordine»

Jungkook si rizzò, con la schiena e i glutei che gli facevano male.

«Hai capito la lezione, Jungkook?» chiese suo padre, perfettamente presentabile anche dopo che l'aveva punito.

Jungkook invece tremava e singhiozzava, camminando lentamente. «Sì, papà»

«Esci ora. Mi hai fatto perdere già troppo tempo»

Jungkook ubbidì, richiuse la porta dietro di sé e vide che nel corridoio c'era un'altra porta aperta. Si voltò e vide sua madre che lo guardava, dalla sua camera buia. Lo guardava in silenzio, con sguardo cupo.

Jungkook si voltò e se ne andò, per andare a nascondersi nella sua stanza.

Aveva capito, solo in quel momento, che non sarebbe più tornato all'infanzia.

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